Repubblica di Venezia

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DOGE: Renier Zen

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Ranier Zen (o Reniero Zeno) (Venezia, ... – Venezia, 7 luglio 1268) fu il quarantacinquesimo doge della Repubblica di Venezia dall'8 gennaio (o 15 o 25) 1253 alla morte.
Figlio di Pietro e di madre ignota, il suo dogado fu contrassegnato da scontri con Genova per il predominio del commercio orientale. Fu uomo deciso e risoluto e comandò la Repubblica con decisione e capacità.

Vita
Raniero Zeno, pur con una giovinezza oscura, fu uomo di indiscusso valore e capacità e presto ascese alla ribalta delle cronache del suo secolo. Le prime fonti ce ne parlano come uomo di diplomazia con numerosi incarichi in Francia ed in Italia (dove incorse persino nella scomunica papale per aver sobillato Bologna a non pagare i tributi dovuti) ma anche come un abile combattente. Nel 1240 era al fianco del doge Jacopo Tiepolo nell'assedio di Ferrara e nel 1244 fu fatto capitano da mar (comandante della flotta). Divenne più volte podestà di molte città della terraferma italiana accrescendo la sua fama di uomo saggio e retto. Sposatosi con Aluica di Prata, non si sa quanti figli ebbe.

Dogado
Alla morte di Marino Morosini concorse al dogato con Marco Ziani e vinse con 21 voti su 41 disponibili. Al momento dell'elezione era podestà a Fermo e rientrò in città solo dopo circa un mese. Per festeggiare la sua elezione s'organizzò una grande giostra di cavalieri che richiamò l'interesse internazionale e rimase a lungo nella memoria del popolo, come fanno capire le cronache dell'epoca, entusiaste di tale insolito spettacolo. Se il dogado cominciò bene il compito dello Zen si fece subito in salita. Nel 1256 – 1259 la Marca Trevigiana fu scossa dalla guerra tra il papa, sostenuto da Venezia e da Treviso, ed Ezzelino da Romano. Solo con la morte di quest'ultimo, nel 1259, la situazione si placò un po'. Risolta la situazione in Italia esplose subito la guerra con Genova. Le due potenze marinare, divise sul fronte economico – politico, si trovarono a discutere sull'appartenenza del monastero di S. Saba nella città di Tiro: nel 1255 i genovesi ne presero possesso saccheggiando il quartiere veneziano. Lorenzo Tiepolo, futuro doge e all'epoca ammiraglio della flotta, intervenne e nel 1257 distrusse la flotta genovese e pure il monastero, portando a Venezia molte delle sue parti (alcune colonne sono ancor oggi visibili presso il Palazzo Ducale, davanti alla Porta della Carta). Genova, sconfitta, decise allora di abbattere l'impero di Costantinopoli, filo veneziano, sostituendo la dinastia allora regnate con quella dei Paleologo, dinastia a cui apparteneva il noto generale Michele II Paleologo (trattato di Ninfeo, 1261). La caduta di Costantinopoli bloccò l'accesso al Mar Nero a Venezia. Venezia rispose armando poderose flotte al comando di Gilberto Dandolo e spedendole contro Genova: due importanti vittorie (Morea 1262 e Settepozzi, 1263) migliorarono la situazione ma non mutarono in modo definitivo la questione. Giunti ad un punto morto nel 1265 Venezia stipulò una tregua quinquennale e, nel 1270, una pace definitiva: pur con numerosi privilegi non aveva più il predominio dei commerci, diviso con Genova. All'epoca Renier Zen era già morto. Sarebbe comunque riduttivo citare questo dogado solo per le numerose guerre combattute; occorre ricordare l'approvazione degli Statuta che, in 129 articoli, crearono una legislazione marittima efficace e moderna. Durante il dogado si cercò di ridurre ogni possibile frattura tra classi sociali, dando origine a quell'armonia tra il popolo e l'aristocrazia che terrà salda la Repubblica veneziana, oligarchica, sino alla sua fine. Remiero Zeno morì il 7 luglio 1268.

http://it.wikipedia.org/wiki/Renier_Zen
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DOGE: Lorenzo Tiepolo

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Lorenzo Tiepolo (Venezia, ... – Venezia, 15 agosto 1275) fu il quarantaseiesimo doge della Repubblica di Venezia, dal 23 luglio 1268 sino alla morte.

Vita
Figlio del doge Jacopo Tiepolo, crebbe all'ombra del potente padre dimostrando, al pari del genitore, una forte tempra ed una predisposizione per gli affari e la conduzione dello stato.
Durante la sua vita accrebbe le fortune famigliari e giunse al punto di sposare, in seconde nozze, la figlia d’un re (è ancor dubbio se fosse figlia del re di Romania o di Boemondo di Brienne re di Rascia).
Dai suoi matrimoni ebbe due figli, anch’essi accasati con ricche dame.
Il Tiepolo, lungi dall’esser famoso solo per i meriti altrui, dimostrò d’esser un abile condottiero quando, nel 1257, durante la guerra con Genova, alla guida della flotta da guerra veneziana si presentò nel porto di San Giovanni d'Acri. Qui spezzò le catene messe dai genovesi per impedire l'accesso al porto e penetrato all'interno, diede fuoco alle navi avversarie.
Occupata la città la presidiò per circa un anno fino a che la flotta genovese non si presentò a San Giovanni d'Acri nel giugno 1258. I veneziani, pur in inferiorità numerica, dopo una perfetta campagna marittima affondarono metà della flotta avversari e catturarono numerosi prigionieri.
Alla conclusione di tutto Genova fu esclusa dai preziosi mercati del Libano.
Nel 1268, alla morte del doge Reniero Zeno, apparve subito chiaro che l’unico vero pretendente alla massima soglia fosse lui ed,infatti, venne eletto il 23 luglio 1268.

Dogato
Venne eletto il 23 luglio 1268 con 25 voti su 41; la nuova soglia minima di voti infatti fu stabilita proprio in quell’occasione mentre in precedenze, bastavano appena 21 voti (la maggioranza semplice) per l’elezione. Il numero non sarebbe più cambiato fino alla caduta della Repubblica.
Se il popolo lo amò e gli tributò grandi feste ed onori, d’altro canto i nobili ed i responsabili dello stato veneziano non poterono approvare certi suoi comportamenti di chiaro indirizzo nepotistico (cariche ed onori concessi ai figli) e, per questo, gli s’affiancò un “Cancellier Grande” col compito di controllarlo (questa carica sarebbe esistita fino alla caduta della Repubblica).
Il dogato del Tiepolo non fu semplice dal punto di vista della politica estera visto che, se da un lato si firmò la pace con Genova (1270) dopo la lunga guerra che aveva visto le due potenza coinvolte sotto il dogato di Reniero Zeno, dall’altro Venezia dovette lottare per farsi veder riconosciuto il primato sull’Adriatico, conteso da altre potenze minori.
Nel 1270 – 1273 dovette affrontare una lega (composta da Bologna, Treviso, Verona, Mantova, Ferrara, Cremona, Recanati, Ancona ed altre città minori) a seguito di dispute commerciali e, dopo una fase negativa, vinse la guerra giungendo ad un proficuo accordo.
Sotto il suo dogato, nel 1271, Marco Polo, con i suoi famigliari, partì per la Cina; sarebbe ritornato solo attorno al 1295. Lorenzo Tiepolo morì il 15 agosto 1275, compianto da moltissimi.

http://it.wikipedia.org/wiki/Lorenzo_Tiepolo
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DOGE: Jacopo Contarini

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Jacopo Contarini (Venezia, 1194 – Venezia, 1280) fu il quarantasettesimo doge della Repubblica di Venezia dal 6 settembre 1275 al 6 marzo 1280, quando abdicò.

Vita e Dogato
Sposatosi con una certa Jacobina, ebbe quattro figli.
Di famiglia molto ricca, ricoprì incarichi come diplomatico e fu procuratore di San Marco. Poco si sa riguardo alla sua elezione se non che, vista l'età avanzatissima, probabilmente fu dovuta ad un accordo tra fazioni di diversi concorrenti che, non riuscendo a superarsi l'un con l'altro, scelsero una persona di secondo piano.
Il Contarini quindi venne eletto a sorpresa (curiosamente quasi tutti i dogi membri della famiglia in questione vennero eletti quando non se l'aspettavano o non lo gradivano) il 6 settembre 1275 e non si mostrò un gran doge.
Visse quegli anni di governo molto ritirato, debole, presenziando a pochi consigli di stato, troppo vecchio per avere ancora una tempra necessaria a guidare un governo in quei turbolenti anni. Riprese la guerra con Ancona, questa ultima sostenuta dal papa.
Il doge, che non voleva imbarcarsi in una nuova guerra e si sentiva alla fine dei suoi giorni, chiese (anche se per alcuni fu costretto) di poter abdicare, cosa che fu fatta il 6 marzo 1280. Si ritirò in un convento in un'isola della laguna di Venezia dove, poco dopo, morì (secondo alcuni storici attorno a luglio ma non è sicuro).
Poco altro è rimasto d'un dogado di passaggio, gestito da un anziano che era stato elevato a quella carica solo per mediazioni politiche.

http://it.wikipedia.org/wiki/Jacopo_Contarini
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DOGE: Giovanni Dandolo

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Giovanni Dandolo (Venezia, ... – Venezia, 2 novembre 1289) fu il quarantottesimo doge della Repubblica di Venezia, dal 31 marzo 1280 sino alla morte.

Vita
Figlio di Gilberto Dandolo, famosissimo ammiraglio veneziano di metà del secolo, nonostante fosse figlio d'un "eroe", Giovanni non si mostrò inadatto alla fama del genitore ed, anzi, presto intraprese una notevole carriera militare tanto che quando divenne doge era a capo delle truppe veneziane nell'Istria, intento a sedare una rivolta. Nel suo cursus honorum contava anche incarichi diplomatici e titoli prestigiosi concessigli dai potenti dai quali s'era fatto ben volere. Si era sposato con una certa Caterina ed aveva avuto da essa quattro figli.

Dogato
Moneta con San Marco che consegna il gonfalone a Giovanni Dandolo.
Eletto il 31 marzo 1280 subito prese in mano le redini dello stato,lasciate dal suo debole predecessore Jacopo Contarini.
Nel 1281 fece pace con Ancona e subito dopo riprese la guerra contro i rivoltosi istriani e cretesi.
Nel periodo 1282 – 1285 Venezia venne persino scomunicata per non aver voluto contribuire ad aiutare il papato a riconquistare la Sicilia, feudo del papa conquistato dai d'Aragona. Nell'alto Adriatico quegli anni furono convulsi a causa dei numerosi scontri tra Venezia ed i rivoltosi, spalleggiati dal patriarca d'Aquileia.
Le cose presto si misero male per Venezia, circondata da troppi nemici, ma si giunse ad una tregua che rinviò la soluzione fino al 1304. Se la politica estera fu travagliata, non da meno lo fu quella interna. Il 31 ottobre 1284 fu coniato il primo ducato, moneta che presto sarebbe diventata una tra le più ricercate nel Mediterraneo.
Nel 1286 si propose di ridurre il numero di aderenti al Maggior Consiglio, limitandone l'accesso solo per via ereditaria (Serrata del Maggior Consiglio) danso alla Repubblica una forma oligarchica; la proposta non passò per l'opposizione del doge ma fu riposta con maggior successo nel 1297. Il Dandolo morì il 2 novembre 1289.

http://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_Dandolo
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DOGE: Pietro Gradenigo

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Pietro Gradenigo (Venezia, 1251 – Venezia, 13 agosto 1311) fu il quarantanovesimo doge della Repubblica di Venezia dal 25 novembre 1289 alla morte.

Personalità
Figlio di Marco, fu illustre politico e uomo risoluto e deciso, pronto a mettersi contro il papato ed ad imporre i voleri di Venezia alle città più deboli. Durante il suo mandato si verificò la cosiddetta Serrata del Maggior Consiglio (28 febbraio 1297) ed in seguito a ciò vi furono tentativi da parte dei "borghesi" esclusi di prendere il potere che si concretizzarono in due tentati colpi di stato (Marin Bocconio, 1299 o 1300 e Bajamonte Tiepolo, 1310). Nel 1310 in seguito a queste congiure nacque il famoso Consiglio dei Dieci. Sotto di lui la Repubblica rischiò di distruggersi in una logorante guerra civile, ma sconfitti gli avversari più potenti riuscì a placare la situazione e a far vincere la sua fazione che plasmò Venezia in senso oligarchico.

Vita
Pietro Gradenigo apparteneva ad una famiglia che risaliva a quella cosiddette "apostoliche" (le dodici che secondo la tradizione veneziana elessero il primo doge) e quindi, politicamente, apparteneva al partito "conservatore" che desiderava limitare la possibilità d’accesso al Maggior Consiglio da parte delle nuove famiglie di maggiorenti. Questa collocazione gli permise di fare una buona carriera politica ma gli alienò la simpatia di parte del popolo che lo vedeva come un "uomo del potere". Alla morte del doge Giovanni Dandolo nel 1289 nonostante la sua giovane età riuscì ad esser eletto doge dopo un’estenuante lotta contro Jacopo Scopulo Tiepolo, discendente diretto dei dogi Lorenzo Tiepolo e Jacopo Tiepolo e rappresentante delle classi "minori", che era stato eletto a furor di popolo ma non secondo la forma stabilita. Il Tiepolo, per evitare una guerra civile, preferì ritirarsi ma questa divisione rimase insanabile fino alla rivolta del 1310. Il Gradenigo era sposato con Tommasina Morosini.

Dogato
L'inizio del dogado, come visto, fu abbastanza convulso e presto il popolo appioppò a Pietro il soprannome dispregiativo di "Pierazzo". Oltre a questi presto s'aggiunsero nuovi problemi quali la ripresa della guerra con Genova (1294 – 1299) e la crisi dei mercati orientali. Mentre la guerra proseguiva con alterne fortune il conflitto latente che proseguiva sin dal 1286 esplose nel 1296 con la proposta di ridurre l'accesso al Maggior Consiglio e selezionare i suoi appartenenti, escludendo le classi medie che si stavano appropriando del potere. Curiosamente i più forti oppositori non furono i popolani quanto piuttosto i nuovi entrati nel Maggior Consiglio che così perdevano la certezza di far carriera nell'amministrazione. In mezzo a manifestazioni e proteste il 28 febbraio 1297 avvenne la Serrata del Maggior Consiglio: potevano esservi ammessi solo coloro i quali vi avevano seduto negli ultimi quattro anni e i discendenti di coloro che vi avevano fatto parte sino al 1172. Se dopo l'approvazione del provvedimento si giunse ad una tregua politica presto le contese ripresero in seguito alla grave sconfitta militare avvenuta alla Curzola l' 8 settembre 1298 contro i genovesi. La successiva pace (1299), assai dura, lasciò strascichi economici sulla classe media, quella già colpita politicamente dalla serrata. Tutto ciò condusse ad una crisi politico – istituzionale.

Crisi e prima congiura: Marin Bocconio 1300
Nel 1300, secondo le cronache, alcuni maggiorenti esclusi dal potere e colpiti dai recenti eventi, decisero di rovesciare violentemente la situazione: uno di essi Marin Bocconio si offrì di entrar in Maggior Consiglio e sterminare tutti i capi delle fazioni conservatrici. Grazie ad un informatore il governo sventò il complotto e giustiziò i congiurati, ma quest’azione invece che far cessare rinfocolò il malcontento ed inasprì la contesa. Da una parte ormai s'ergevano le famiglie Querini – Tiepolo spalleggiate dalle famiglie minori, dall'altro i nobili conservatori. Questa tensione interna si ripercosse presto anche nelle faccende estere: la guerra contro il papato nel 1308 per questione di confine provocò l'esplodere del bubbone che in quegli anni s'era ingrossato.

Ad un passo dall'abisso, conflitto con il Papa e seconda congiura: Bajamonte Tiepolo, 1310
Nel 1308, durante la guerra in Romagna contro il papa per il possesso della città di Ferrara, fortemente desiderata dal Doge, Pietro Gradenigo e l'intera città di Venezia vennero colpiti dalla scomunica e dall'interdetto. Nel 1309 il comandante Marco Querini, esponente del partito popolare, perdendo il prezioso caposaldo (Castel Tebaldo (28 agosto 1309) provocò la sconfitta veneziana. Tradotto a Venezia per esser giudicato incassò l'appoggiò di Bajamonte Tiepolo e di parte del clero. Pietro Gradenigo parteggiò chiaramente per una condanna esemplare dell'avversario politico e ciò inasprì gli animi, non si sa se per chiara scelta della fazione "gradeniana" che voleva concludere subito la lotta. Presto si giunse a scontri fisici durante una seduta del Maggior Consiglio che, in mano ai conservatori, ritennero responsabili i Querini. Una tale situazione, insostenibile sia politicamente che moralmente, sfociò in una seconda congiura. Questa volta a capo di tutto si posero lo stesso Marco Querini, il genero Bajamonte Tiepolo, nipote dei famosi dogi e uomo rispettato ed amato in molti strati sociali, e Badoero Badoer, potente esponente dell'antica casata e podestà di Padova. Alla congiura s'unirono tutte le più grandi ed importanti case popolari e della bassa nobiltà. I cospiratori decisero di agire all'alba 15 giugno 1310, con l'obbiettivo di occupare il Palazzo Ducale, sede del governo, e massacrare i nemici, tra i quali il Doge. Poco prima dell'azione, però, Pietro Gradenigo ricevette da uno dei congiurati, Marco Donà, la solita soffiata: allertata la guardia e le principali magistrature, richiamati precipitosamente i rinforzi dalle podesterie della laguna di Venezia e fatti armare i sostenitori della fazione aristocratica, secondo alcune fonti il doge in persona attese con i proprio uomini in armi l'arrivo dei ribelli, mettendoli in fuga.
La sconfitta dei congiurati fu totale: il Querini cadde sul campo, il Badoer venne catturato ed il solo Tiepolo riuscì a cavarsela, trattando la resa. Seguì la repressione: il Tiepolo venne esiliato assieme alla famiglia e ai sostenitori, il Badoer e quanti erano invece stati catturati con lui vennero giustiziati, i beni dei ribelli confiscati e le loro dimore abbattute. Quanti si salvarono furono obbligati a fare atto di sottomissione.
In reazione a questa congiura venne istituito il Consiglio dei Dieci, con parte del Maggior Consiglio del 10 luglio 1310: questo tribunale speciale con l'incarico di scoprire e reprimere cospirazioni e congiure non sarebbe mai più stato abolito sino alla caduta della Repubblica

Ultimo anno di vita
Pietro Gradenigo, risultato vittorioso, poté godersi per poco tempo la sudata vittoria infatti il 13 agosto 1311, a poco meno di sessant’anni, morì improvvisamente. Venne sepolto a Murano. Simbolo dell'oligarchia durante l'occupazione napoleonica il suo sepolcro venne violato ed il suo teschio, infisso in un bastone, portato in giro per la città in segno di derisione.

http://it.wikipedia.org/wiki/Pietro_Gradenigo
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Giacomo Dondulo

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Giacomo Dondulo (Venezia, prima metà del XIII secolo – dopo il 1288) è stato un ammiraglio e politico italiano.
Proveniva da una famiglia poco nota, abitante nella zona dei Santi Apostoli ed estinta nella prima metà del Trecento (da non confondere con i Dandolo).
Le prime notizie sul suo conto si hanno dall'estate del 1257 quando, con il grado di comandante di galea, prese parte alla spedizione guidata dal futuro doge Lorenzo Tiepolo contro i Genovesi in Siria, distinguendosi in numerosi fatti d'arme. Rimase in Oriente anche l'anno successivo: il 24 giugno 1258 partecipò alla battaglia al largo di San Giovanni d'Acri in cui il Tiepolo, affiancato dagli uomini di Andrea Zeno, sconfisse l'ammiraglio genovese Rosso della Turca; successivamente combatté in terraferma, partecipando alla distruzione delle fortificazioni di Genova nel Regno di Gerusalemme e espellendone la colonia di San Giovanni d'Acri.
Tornato a Venezia, fu eletto nel Maggior Consiglio (1261 e 1264), ma poco venne richiamato alle armi. Nel 1266 era capitano di una flotta spedita contro i Genovesi in Oriente; partito con solo quattro galee, dopo aver fatto tappa a Zara, Negroponte e Candia, aggiunse altri dieci galee e una galeotta. Di qui si portò in Sicilia dove condusse con successo alcune operazioni volte ad intercettare i legni nemici che transitavano per lo stretto di Messina e il canale di Sicilia (attaccò Tunisi dove saccheggiò e distrusse un mercantile, quindi catturò una galea tra Vulcano e Vulcanello. Tornò poi nell'Adriatico dove, in accordo con le istruzioni ricevute prima della partenza, si fermò a Ragusa.
Alla notizia dell'esistenza di una flotta genovese sotto il comando di Lanfranco Borborino partita già in aprile e trattenutasi in Corsica, il Dondulo si unì a una squadra di dieci galee guidate da Marco Gradenigo e, mantenendo il controllo supremo della spedizione, e raggiunse la flotta nemica nel mare al largo di Trapani il 22 giugno 1266. Il Borborino, pur in vantaggio numerico e con il vento a favore, tenne un atteggiamento decisamente difensivo (legò le navi l'una accanto all'altra a formare una sorta di fortezza) ma questa tattica si rivelò disastrosa: l'indomani il Dondulo attaccò e, dopo due tentativi respinti, riuscì a vincere senza difficoltà la resistenza dei Genovesi (molti si gettarono in mare fuggendo verso la costa), tanto da catturare ventiquattro navi praticamente integre.
Il mese successivo recò a Venezia bottino e prigionieri, venendo coperto di gloria. Eletto capitano generale, ebbe subito a scontrarsi con il doge Renier Zen il quale era contrario all'utilizzo delle galee nella guerra aperta, ritenendo più saggio utilizzarle a fini mercantili (e quindi avrebbero risposto solo se attaccate). Di li a poco il Dondulo decise di dimettersi, lasciando l'incarico a Marco Zeno.
Negli anni successivi la politica eccessivamente prudente del doge si rivelò fallimentare perché se i convogli mercantili viaggiavano in sicurezza grazie alle galee che li scortavano, le navi genovesi continuavano a scorrazzare per il Mediterraneo colpendo gravemente le colonie e le imbarcazioni veneziane rimaste indifese. Di fronte a questa situazione, il Dondulo fu nominato nuovamente capitano per proteggere una spedizione commerciale che doveva tornare a Venezia per la primavera del 1267. Portata a termine la missione senza difficoltà, riuscì a far prevalere la propria politica perché rimase a perlustrare il mare con le sue tredici galee, cui si aggiunsero le altre dieci al comando di Marino Morosini.
Frattanto venticinque galee genovesi guidate da Luchetto Grimaldi avevano bloccato il porto di Acri. Venutone a conoscenza, il Dondulo raggiunse la Siria e il 29 agosto attaccò una parte della flotta, catturando cinque navi nemiche. Successivamente, i Veneziani si spostarono verso Tiro, dove si trovavano gli altri Genovesi, ma il Grimaldi preferì allontanarsi evitando lo scontro.
Tornato a Venezia, il 1 ottobre l'ammiraglio venne eletto in Maggior Consiglio, carica riconfermata anche nel 1270. Poco dopo la nomina, fu però richiamato alle armi nella guerra contro Bologna ed ebbe il comando delle operazioni per due mesi, succedendo a Raffaele Betani e a Pancrazio Barbo. Durante questo breve periodo, il Dondulo non inferse un colpo decisivo al nemico, ma riuscì comunque ad ottenere lodevoli risultati. Il 1 settembre 1271, quando il suo mandato era finito da tempo, i Bolognesi infersero una gravissima sconfitta alla Serenissima. Furono allora richiamati il Dondulo e Marco Gradenigo (lo stesso che aveva combattuto al suo fianco contro i Genovesi): il primo diresse la flotta che aveva risalito il Po di Primaro, mentre il secondo ebbe il comando delle truppe di terra. Il contingente del Gradenigo conseguì un grande successo (venne ferito lo stesso podestà di Bologna) e successivamente poté ritirarsi senza problemi oltre il fiume, protetto dalle navi veneziane.
Successivamente il Dondulo si dedicò maggiormente alla politica, ricoprendo comunque importanti incarichi. Nel 1274 divenne consigliere e il 17 settembre fu presente alla ratifica di un trattato con Mantova. Nel 1275 fu l'unico elettore a partecipare alla terza, alla quarta e all'ultima "mano" delle votazioni che elessero doge Jacopo Contarini.
Nel 1277 ebbe un ulteriore incarico militare come bailo e capitano di Negroponte, continuamente minacciata dall'Impero Bizantino. Durante il suo mandato, durato un biennio, Costantinopoli non osò colpire l'isola e, sembra, solo a poche settimane dalla sua partenza per Venezia Michele VIII Paleologo tentò un attacco.
Nel 1280 fu per l'ultima volta eletto al Maggior Consiglio e prima ancora di concludere l'incarico era stato nominato duca di Candia. Durante questo periodo si occupò non solo della normale amministrazione, ma anche dell'organizzazione delle forze antibizantine (nel 1282 aveva equipaggiato la flotta di Ruggero Morosini). L'anno successivo dovette invece far fronte a una ribellione capeggiata dal nobile locale Alessio Kalergis: dopo aver tentato la via diplomatica, il Dondulo decise di passare alle armi bandendo il Kalergis e inviandogli contro un contingente comandato Giacomo Dolfin. I Veneziani conseguirono alcuni successi, ma non riuscirono a sedare del tutto la rivolta e anzi dovettero abbandonare parte dell'isola.
Dopo il suo ritorno a Venezia, del Dondulo scompare dalle fonti ufficiali. L'ultima notizia che lo riguarda è del 19 settembre 1288, quando risultava a Treviso impegnato nell'acquisto alcuni fondi. Morì probabilmente qualche tempo dopo.

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Donata Badoer

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Donata Badoer (Venezia, 1280 – tra il 12 luglio 1333 e il 4 marzo 1336) è stata una nobildonna italiana della Repubblica di Venezia. Appartenente ad un'antica famiglia patrizia veneziana, figlia del mercante Vitale Badoer. Sposa nel 1300 Marco Polo, l'esploratore veneziano, figlio di Niccolò Polo. Dall'unione nascono 3 figlie: Fantina, Belella e Moreta Polo.
Nel saggio dal titolo Venetian Adventurer pubblicato nel 1942 dalla casa editrice dell'Università di Stanford e della casa editrice dell'Università di Oxford, lo studioso e critico storico Henry Hersch Hart, oltre a spiegare nel dettaglio le usanze di una cerimonia nuziale dell'epoca in cui ha vissuto Marco Polo, fa esplicito riferimento ad un importante documento legale datato 17 marzo 1312, pervenuto fino ai nostri giorni e relativo al matrimonio di Marco Polo con Donata Badoer. Si parla dell'impegno economico della famiglia Badoer, in sostanza della dote nuziale versata a favore di Marco Polo. In questo atto vi è indicato come garante della considerevole assegnazione di beni non il padre Vitale (come plausibilmente si potrebbe pensare), ma lo zio di Donata. Da ciò si deduce ancora più facilmente l’appoggio sociale dell’intera famiglia Badoer, casata patrizia che a quel tempo possedeva una certa influenza nella vita politica ed economica veneziana.
In un documento (busta 67) proveniente dai registri legali di Venezia, situato nella Cancelleria Inferiore dell'Archivio dei Frari e redatto in data 24 giugno 1325, Donata risulta essere citata, davanti alle figlie, come prima intestataria della proprietà appartenuta a Marco Polo. Tale atto insieme al testamento di Marco Polo dell'anno 1324, risulterà essere significativo per la causa della figlia Fantina, vedova di Marco Bragadin, una forte azione legale mossa nei confronti della famiglia ("commissaria") del marito defunto.
La presenza di Donata si attesta anche in un documento successivo, emesso nell’anno 1333, che sancisce il suo controllo sui possedimenti di Marco Polo assieme alle figlie.

http://it.wikipedia.org/wiki/Donata_Badoer
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Niccolò Polo

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