Papa Gregorio X
Gregorio X, nato Tedaldo Visconti (o Tebaldo o Teobaldo) (Piacenza, ca. 1210 – Arezzo, 10 gennaio 1276), fu il 184° papa della Chiesa cattolica dal 1º settembre 1271 alla morte (10 gennaio 1276). A lui si debbono, tra l'altro, il Secondo Concilio di Lione e la costituzione apostolica Ubi Periculum, che regola tuttora, con poche modifiche, l'elezione dei papi. È stato beatificato da Clemente XI nel 1713.
La giovinezza e la prima missione in Francia
Tedaldo Visconti nacque a Piacenza intorno al 1210 da famiglia della nobiltà cittadina che peraltro non aveva alcun legame con l'omonima famiglia dei Signori di Milano; suo padre era, con ogni probabilità, il podestà Oberto, ed egli compì forse studi ecclesiastici come chierico e diacono nella città natale, nella cui Cattedrale è anche possibile che abbia seguito i corsi religiosi del trivio e del quadrivio, ma -in definitiva- le notizie sulla sua infanzia e giovinezza sono scarse e frammentarie. Le prime notizie certe ci conducono al 1236 quando conobbe il cardinale piacentino Jacopo da Pecorara, che lo notò e lo prese al suo servizio un paio d'anni più tardi. Nel 1239 Tedaldo accompagnò Pecorara in Francia, ove il porporato era stato inviato come Legato Pontificio, durante un viaggio che ebbe risvolti avventurosi poiché i due dovettero anche travestirsi da pellegrini per sfuggire agli uomini di Federico II, che proprio in quei giorni era stato scomunicato da Gregorio IX. Il viaggio in Francia fu comunque proficuo per il Visconti che, grazie all'interessamento del cardinale, ottenne prima un canonicato a Lione e quindi un arcidiaconato nella diocesi di Liegi.
Lione, Parigi, Liegi
Dopo la morte del Pecorara (1244) Tedaldo decise di recarsi a Lione, dove era appunto canonico, per assistere il nuovo Vescovo cittadino, Filippo di Savoia, nell'organizzazione del Concilio Ecumenico convocato in quella città da Innocenzo IV; nell'espletamento di tale incarico si fece ben conoscere e stimare dal papa, dai cardinali e dai numerosi ecclesiastici che presenziavano al Concilio. Conclusi i lavori conciliari nell'estate del 1245, il Visconti raggiunse la sua sede arcidiaconale di Liegi, città ove risiederà per una ventina d'anni salvo alcune parentesi, tra le quali è di grande rilievo il soggiorno parigino di quattro anni presso la locale celebre Università -dal 1248 al 1252- dove stringerà amicizia con personaggi quali Bonaventura da Bagnoregio, Tommaso d'Aquino, Guy Foucois (futuro papa Clemente IV), Pietro di Tarantasia (futuro papa Innocenzo V) e Matteo Rubeo Orsini (futuro cardinale protodiacono); in quegli anni conobbe anche Luigi IX e suo figlio Filippo, futuro Filippo III. Tornato successivamente a Liegi, fu tra i protagonisti, in quella città, di un grave episodio accaduto nel 1266: la diocesi di Liegi era allora retta dal principe-vescovo Enrico di Gheldria, nobile dissoluto e libertino, che, in un giorno di quel 1266 fu aggredito da un uomo armato cui il prelato aveva violentato la figlia; Tedaldo, che era presente, fece scudo al vescovo con il suo corpo salvandogli la vita, ma -subito dopo- si rivolse al prelato rimproverandolo aspramente per la sua condotta immorale. Il presule, furibondo, colpì duramente il Visconti, procurandogli una grave ernia inguinale che gli creerà poi continui fastidi. Va detto, per inciso, che questo vescovo malvagio verrà deposto per indegnità durante il secondo Concilio di Lione (1274) e sarà anche scomunicato; l'uomo, quasi a dimostrare per intero la sua indole, si metterà allora alla testa di una banda di malfattori con i quali compirà ogni genere di nefandezze per alcuni anni, finché non sarà ucciso nel 1282 durante un'azione di brigantaggio.
L'Inghilterra e la Crociata
Lasciata Liegi Tedaldo prese nel 1267 la croce di crociato a Parigi e fu quindi inviato da papa Clemente IV in Inghilterra per assistere il cardinale Ottobono Fieschi, futuro papa Adriano V, in una delicata e difficile missione di cui faceva parte anche Benedetto Caetani, il futuro Bonifacio VIII, missione che si concluse nell'autunno del 1268. Così, in quel fatale 1268 in cui la morte di Corradino aveva concluso le vicende della Casa imperiale di Svevia, Tedaldo Visconti, pur avendo solo gli ordini minori, era buon amico del papa, di vari cardinali e futuri pontefici, di teologi del calibro di san Bonaventura e san Tommaso, ed era stimato in tutta la Chiesa come uomo saggio, retto ed onestissimo; proprio allora, il 29 novembre 1268, morì improvvisamente Clemente IV e si riunirono a Viterbo i cardinali per dare inizio alla più lunga e difficile elezione papale della storia della Chiesa. Intanto Tedaldo, all'inizio del 1270 aveva raggiunto Edoardo I d'Inghilterra per predicare la nona crociata a San Giovanni d'Acri; fu qui che, all'inizio dell'autunno del 1271, lo raggiunsero i messi del Sacro Collegio per informarlo che i cardinali, dopo una Sede vacante di ben 33 mesi, lo avevano eletto Sommo Pontefice della Chiesa di Roma.
Gli inizi del Pontificato
La notizia della sua elezione lasciò stupefatto Tedaldo, che si recò a Gerusalemme per pregare nei Luoghi Santi; in quei giorni incontò anche Marco Polo con il padre Niccolò e lo zio Matteo, con i quali si era a lungo intrattenuto mesi prima quando era un semplice arcidiacono. I Polo, in quell'occasione, gli avevano espresso il loro rammarico per la lunga mancanza di un papa, poiché nel loro precedente viaggio in Cina avevano ricevuto da Kubilai Khan una lettera per il Pontefice, ed erano così dovuti ripartire per la Cina delusi; avuta però notizia in viaggio dell'avvenuta elezione, e saputo anche che l'Eletto era proprio il loro dotto interlocutore di alcuni mesi prima, i tre si affrettarono a ritornare in Terrasanta, dove il nuovo Papa affidò loro lettere per il Gran Khan, invitandolo a mandare suoi emissari a Roma. Per dare maggior peso a questa missione, mandò con i Polo, come suoi legati, due padri domenicani. Quindi, il 18 novembre 1271, con una scorta ed una piccola flotta messe a sua disposizione da Edoardo I d'Inghilterra, partì per l'Italia, giungendo a Brindisi il 1º gennaio 1272; a Benevento fu accolto con grandi onori da Carlo d'Angiò che ostentò con lui una protettiva e deferente amicizia, a Ceprano incontrò una rappresentanza del Sacro Collegio e, finalmente, il 10 febbraio 1272 giunse a Viterbo, accolto trionfalmente e dove tenne subito, nel Duomo, un discorso pieno di passione sulla necessità di liberare la Terra Santa. Sempre in Viterbo, alcuni giorni più tardi, venne ordinato sacerdote, poi consacrato vescovo, e scelse, per il suo pontificato, il nome di Gregorio X. Infine, l'11 marzo entrò in Roma, salutato con grande entusiasmo da un popolo che da tanti anni non vedeva più il suo Papa e, il 27 marzo 1272 fu incoronato in San Pietro. Appena quattro giorni più tardi, il 1º aprile, annunciò la convocazione di un Concilio Ecumenico da tenere a Lione nel maggio 1274 con il triplice intento di risolvere i problemi della Terra Santa, riunire la Chiesa di Roma a quella di Bisanzio, rimuovere le molte difficoltà interne della Chiesa.
Ritorno a Lione: il Concilio
Partito da Roma nell'estate 1272, Gregorio si trattenne parecchi mesi ad Orvieto, per essere poi a Firenze il 18 giugno 1273 -accompagnato da Carlo d'Angiò- nell'inutile tentativo di pacificare guelfi e ghibellini di quella città, tentativo che si risolse in gravi tafferugli (fomentati probabilmente proprio dall'Angiò che era contrario a quella pacificazione), che costrinsero il Papa a scagliare l'interdetto sulla città stessa. Intanto, nel settembre di quell'anno, gli elettori tedeschi, con il favore dei vescovi renani, e quindi, con ogni probabilità, dello stesso Papa, elessero a Francoforte Re dei Romani, cioè Imperatore del Sacro Romano Impero, il conte Rodolfo d'Asburgo, ed anche questa fu una scelta assai poco gradita a Carlo. Nel novembre di quel 1273 il Papa giunse a Lione, ove il Concilio ebbe inizio il 7 maggio 1274. Il Secondo Concilio di Lione, anche per l'ottima posizione geografica della città lionese, fu tra i più importanti e partecipati dell'intera storia della Chiesa: vi presero parte moltissimi cardinali, circa cinquecento tra arcivescovi e vescovi, sessanta abati e più di mille prelati ed uomini di chiesa, nonché i maggiori teologi del tempo, con in testa il francescano Bonaventura da Bagnoregio, il servita Filippo Benizi ed i domenicani Alberto Magno e Pietro di Tarantasia; Tommaso d'Aquino morì nell'Abbazia di Fossanova, forse avvelenato, mentre si stava recando a Lione su esplicita richiesta di Gregorio X. Al Concilio intervennero anche, con presenze più o meno lunghe, diversi sovrani e principi. I lavori conciliari ebbero termine il 17 luglio 1274.
Morte ad Arezzo sulla strada di Roma
Tomba di Gregorio X nel Duomo di Arezzo
Gregorio X lasciò Lione solo a fine aprile 1275; il 14 maggio incontrò a Beaucaire Alfonso X di Castiglia ed il 20 ottobre vide a Losanna Rodolfo I d'Asburgo, quindi riprese la strada di Roma. Lo stato di salute del Papa era peggiorato in quei mesi, forse per colpa della vecchia ernia inguinale che certo si faceva viva sempre più spesso; il Pontefice comunque non poteva affaticarsi e, durante i viaggi, era costretto a periodiche soste. Così, a metà dicembre si fermò un paio di giorni a Santa Croce al Mugello, ospite nel castello degli Ubaldini; Tra il 19 ed il 20 dicembre 1275 giunse ad Arezzo, dove purtroppo le sue condizioni peggiorarono progressivamente con sensibile innalzamento della temperatura. Morì nel Palazzo Vescovile di Arezzo il 10 gennaio 1276. Le sue spoglie mortali riposano in una pregevole arca sepolcrale nel Duomo di Arezzo. È stato beatificato da Clemente XI nel 1713, per conferma del culto ab immemorabili; nel Martyrologium Romanum la sua festa cade il 10 febbraio. Al suo nome è intitolato l'Istituto Aretino di Scienze Religiose.
Il Concilio di Lione: un capolavoro incompiuto
Quando Gregorio X convocò il Secondo Concilio di Lione, a soli quattro giorni dalla sua incoronazione, indicò con precisione i tre obiettivi che l'assise conciliare si prefiggeva, cioè la soluzione dei gravi problemi della Terra Santa (cosa che stava particolarmente a cuore al papa), l'unità religiosa con la Chiesa d'Oriente, la riforma dei costumi della Chiesa e del clero. In sede organizzativa, dopo la sessione inaugurale tenuta dal papa il 7 maggio 1274, venne poi dedicata una sessione del Concilio ad ognuno dei tre temi conciliari: così, nella II Sessione (18 maggio) si parlò della Terra Santa, nella III Sessione (4 giugno) fu trattata la riforma della Chiesa, mentre durante la IV Sessione (6 luglio) si discusse dell'unità con la Chiesa d'Oriente, con la partecipazione di una prestigiosa delegazione della Chiesa greca; nella V Sessione (16 luglio) furono approvati alcuni decreti sul clero, venne presentata la costituzione apostolica Ubi Periculum e fu anche battezzato solennemente uno dei Tartari inviati in delegazione dal Gran Khan. Il Concilio si chiuse il 17 luglio 1274. Oltre al grande successo partecipativo suaccennato, sembrò che al Secondo Concilio di Lione dovesse anche ascriversi la piena realizzazione di tutti i tre obiettivi prefissi: in merito alla Terra Santa vi fu un accordo di massima tra i sovrani per una nuova Crociata di cui furono anche decise le decime (le somme, cioè, che dovevano essere versate da ogni stato) e stabilite nuove regole organizzative; l'unione con la Chiesa greca era stata già preparata da accordi tra Clemente IV e Michele VIII Paleologo: l'imperatore bizantino, in questa occasione, impose di fatto l'unione ai suoi sudditi, accettando tutte le condizioni del Papa; furono infine fissate, con la Ubi Periculum, nuove regole per l'elezione papale ed approvati vari decreti di riforma dei costumi del clero e dei laici. In realtà si trattava di decisioni che non avevano, nei primi due casi, solide basi: così, morto Gregorio X e piombata nuovamente la Chiesa in un periodo di grave instabilità (in 16 mesi si succedettero ben 4 Pontefici!) non si parlò più di Crociate. L'unità con la Chiesa d'Oriente, di fatto imposta ai sudditi orientali dall'imperatore, morì con lui: alla scomparsa di Michele VIII fu infatti subito annullata dal figlio Andronico II ed, anzi, il solco tra le due Chiese si approfondì sempre più. Così, dopo qualche anno, del grande Concilio di Gregorio X rimase solo la Ubi Periculum, che, per di più, era una costituzione apostolica (cioè promulgata direttamente dal papa) e non conciliare.
La furia dei viterbesi e la Ubi Periculum
L'elezione di Gregorio X era avvenuta dopo ben 1006 giorni di Sede vacante, al termine della più lunga e difficile elezione papale della storia. Era accaduto che, alla morte di Clemente IV nel 1268, i 19 cardinali riuniti a Viterbo per eleggerne il successore, si erano trovati in grande disaccordo tra loro a causa di profonde divisioni politiche e nazionalistiche. Poiché, dopo un anno e mezzo, le votazioni continuavano a susseguirsi senza alcun esito positivo, esplosero improvvisi lo sdegno e l'insofferenza dei viterbesi che, guidati dal Capitano del popolo Raniero Gatti, segregarono a forza i cardinali nella grande sala del Palazzo Papale senza contatti con l'esterno (clausi cum clave), quindi ridussero loro il vitto, ed infine addirittura scoperchiarono il tetto della sala, pur di farli arrivare ad un accordo. La segregazione venne successivamente un po' ridotta ma, nonostante tutto, i porporati impiegarono altri 15 mesi per accordarsi sul nome di Tedaldo Visconti (1º settembre 1271). Gregorio X, memore di quanto accaduto a Viterbo, durante il Concilio promulgò una sua costituzione apostolica (non conciliare quindi, ma proclamata direttamente dal Papa) contenente norme precise che regolavano l'elezione papale: era la Ubi Periculum (16 luglio 1274). La costituzione prevede che, entro dieci giorni dalla morte del papa, i cardinali elettori si riuniscano -ciascuno con un solo accompagnatore- in una sala del palazzo ove risiedeva il defunto pontefice e vengano lì segregati senza alcun contatto con l'esterno; trascorsi tre giorni senza che sia avvenuta l'elezione ai porporati sarà ridotto il vitto ad una sola pietanza per pasto; dopo altri cinque giorni il cibo sarà limitato a pane, vino ed acqua; inoltre, durante l'elezione, tutti i redditi ecclesiastici dei cardinali saranno trattenuti dal Camerlengo, che li metterà poi a disposizione del nuovo papa. Appare evidente come la Ubi Periculum fosse in realtà molto limitante per i cardinali ed impedisse loro quei contatti con l'esterno che avevano caratterizzato molte precedenti elezioni; si dice che dietro questa costituzione vi sia stata l'ispirazione di Bonaventura da Bagnoregio, che era grande amico di Gregorio X e voleva forse ripristinare l'autonomia del Sacro Collegio. Sta di fatto che diversi cardinali mal digerirono la Ubi Periculum e si adoperarono successivamente per farla prima sospendere da Adriano V nel luglio 1276, poi addirittura revocare da Giovanni XXI nel settembre dello stesso anno. Fu Celestino V a reintrodurla nel 1294, mentre Bonifacio VIII, nel 1298, la inserì integralmente nel Codice di Diritto Canonico; va notato come questi due ultimi papi avessero entrambi ben conosciuto e stimato Gregorio X. Salvo piccole modifiche, dovute al mutare dei tempi, la Ubi Periculum regola tuttora lo svolgimento del Conclave, che è stato istituito con questa costituzione, di cui i viterbesi furono i precursori.
Una vita tra Santi e Beati
Nel corso della sua vita Gregorio X ebbe modo di frequentare tutti i più importanti personaggi della Chiesa di quegli anni; vi furono tra questi personalità straordinarie, successivamente elevate alla gloria degli altari, alcune delle quali tra le massime nell'intera Storia della Chiesa; la dimestichezza con questi santi uomini contribuì certamente a forgiare sia la tempra che lo spirito di un uomo attento e dotto come Gregorio. Va anzitutto ricordato lo straordinario rapporto di amicizia con san Bonaventura, che si consolidò certo negli anni in cui Tedaldo frequentò l'Università di Parigi, ma che era quasi certamente iniziato molto tempo prima in Italia; grazie a questo rapporto fu proprio Bonaventura a spingere Tedaldo verso il Pontificato con i suoi numerosi interventi a Viterbo tra il 1269 ed il 1271 durante il celebre Conclave; poi, una volta eletto, fu Gregorio a creare cardinale Bonaventura con uno dei suoi primi atti, e fu ancora il Papa a volere sempre accanto a sé il cardinale Bonaventura da Bagnoregio durante il secondo Concilio di Lione. Proprio a Lione, verso la fine del Concilio, Bonaventura improvvisamente morì in modo piuttosto misterioso. Un'amicizia non meno importante fu quella con san Tommaso: anche il grande teologo domenicano ebbe un rapporto rilevante con Gregorio X molto prima che questi diventasse papa, e Gregorio chiamò Tommaso a Lione nel 1274 per tenere importanti interventi durante il Concilio. Sulla strada che lo portava a Lione Tommaso d'Aquino morì nell'abbazia di Fossanova; fu da più parti sollevato il dubbio che il religioso fosse stato avvelenato: Dante addirittura indica Carlo d'Angiò come responsabile del delitto (v.Purgatorio - Canto ventesimo,v.69). Gregorio X conobbe altresì bene san Luigi a Parigi, san Filippo Benizi, generale dei serviti, che prese la parola al Concilio di Lione, come pure l'insigne teologo domenicano tedesco sant'Alberto Magno, ed anche san Celestino V quando era il povero monaco eremita Pietro Angeleri da Morrone e fu abbracciato da Gregorio sempre durante il Concilio ed invitato a celebrare la Messa davanti ai Padri Conciliari, dicendogli che nessuno ne era più degno. Fu infine ottimo amico del grande teologo domenicano Pietro di Tarantasia che lui stesso creò cardinale, che gli succederà come papa col nome di Innocenzo V e che sarà poi beatificato nel 1898.Grande merito di Gregorio fu quello di armonizzare la fede razionale ed intellettuale del domenicano Tommaso con la dolce ed umile spiritualità del francescano Bonaventura, finendo col realizzare un papato vissuto tra ragione e bontà d'animo; non stupisce quindi che un simile papa, rigoroso, onesto, dotto e buono, abbia anch'egli conquistato la gloria degli altari nel 1713.
Un grande Papa in un momento oscuro
Moneta del pontificato di Gregorio X
A dispetto di quelli che, anche tra i suoi elettori, vedevano in lui un uomo insignificante, innocuo, destinato insomma ad essere un papa di transizione, Gregorio X si rivelò invece un grande Pontefice, che, nei quattro anni del suo pontificato, diede molte direttive assolutamente innovative e svolse un'intensa e disinteressata attività in tutti i campi, teso soprattutto ad affermare l'assoluta indipendenza della Santa Sede, che veniva riconfermata come l'unica depositaria di taluni fondamentali valori: nasce così la volontà (che dominerà sempre il pensiero di Gregorio) di unire l'Europa cristiana per una Grande Crociata che liberasse Gerusalemme; intimamente legato e subordinato a questa volontà è il desiderio di ricongiungere la Chiesa di Roma a quella d'Oriente, che verrà parzialmente realizzato durante il Concilio di Lione. In Italia fu sua incessante cura tentare la pacificazione tra guelfi e ghibellini, ma non riuscì a realizzarla, anche per l'opposizione, più o meno velata ma tenacissima, di Carlo d'Angiò. Del resto al sovrano angioino non mancarono motivi di frizione con questo papa che lo trattava con affetto e dolcezza, ma che forse vedeva in lui solo un molesto protettore di cui la Chiesa non aveva più bisogno. Anche per questo Gregorio appoggiò apertamente l'elezione di Rodolfo I d'Asburgo ad Imperatore del Sacro Romano Impero, contro la volontà di Carlo che voleva su quel trono il nipote Filippo III; dopo l'elezione Rodolfo scrisse al papa una lettera piena di devozione e di affetto filiale, con toni molto lontani da quelli svevi, a dimostrazione del cambiamento in atto. Quindi, dopo i tanti momenti oscuri e difficili degli anni passati, la Chiesa aveva di nuovo trovato un grande Papa, secondo molti storici addirittura uno fra i migliori di tutti i tempi. Va ribadito come Gregorio X, con la sua azione, sia riuscito a realizzare, anche se per brevissimo tempo, un papato indipendente, al di sopra dei particolarismi nazionalistici, vero punto di riferimento per l'intero mondo cristiano. In quei decenni così cupi solo Bonifacio VIII saprà fare qualcosa di paragonabile, anche se il rigido pragmatismo di Bonifacio finirà per essere molto lontano dalla spirituale ed al contempo logica determinazione di Gregorio La morte improvvisa e la difficile successione ruppero purtroppo i complessi equilibri che Gregorio X aveva saputo costruire.
I Cardinali di Gregorio e la sua successione
Cameo di Gregorio X in Notre-Dame,Parigi
Durante il suo pontificato Gregorio X tenne con certezza un concistoro nel 1273, creando cinque cardinali; vi sono molti dubbi in merito ad altri due cardinali che sarebbero stati creati nel 1275. I cinque cardinali creati il 3 giugno 1273, tutte figure di grande rilievo, furono:
Pietro di Giuliano, portoghese, medico e teologo, arcivescovo di Braga, cardinale vescovo con titolo di Frascati (diventerà papa Giovanni XXI),
Vicedomino Vicedomini, nipote (o cugino) del papa, arcivescovo di Aix-en-Provence, francescano, cardinale vescovo con titolo di Palestrina (fu forse eletto papa ma morì poco dopo,v.sotto),
Bonaventura da Bagnoregio, teologo e generale dell'Ordine Francescano, cardinale vescovo con titolo di Albano (fu canonizzato nel 1482, Doctor Seraphicus),
Pietro di Tarantasia, francese, teologo domenicano, arcivescovo di Lione, cardinale vescovo con titolo di Ostia e Velletri (futuro Innocenzo V,fu beatificato nel 1898, doctor famosissimus),
Bertrand de Saint-Martin, francese, teologo benedettino, arcivescovo di Arles, cardinale vescovo con titolo di Sabina.
Gli storici sono pressoché concordi nel ritenere non veritiera la notizia di un secondo concistoro, che si sarebbe tenuto nel 1275 e nel corso del quale Gregorio X avrebbe creato altri due cardinali, Giovanni Visconti e Teobaldo da Ceccano; in realtà non vi sono notizie di due cardinali con questi nomi che, soprattutto, non risultano poi aver presenziato a nessun conclave in quegli anni.
L'elenco dei cinque cardinali creati da Gregorio X nel 1273 è importante ai fini della sua successione perché due (o forse addirittura tre) di quei cardinali furono tra i suoi diretti successori. Infatti, alla morte di Gregorio X, fu eletto papa Innocenzo V cioè Pietro di Tarantasia, che regnò dal 22 gennaio al 22 giugno del 1276; gli succedette Ottobono Fieschi, vecchio amico di Gregorio X, che scelse il nome di Adriano V e regnò dall'11 luglio al 18 agosto del 1276. Alla sua morte sarebbe stato eletto il 5 settembre 1276, secondo alcune fonti, Vicedomino Vicedomini che avrebbe anche scelto il nome di Gregorio XI, ma che sarebbe poi improvvisamente morto il giorno seguente, 6 settembre,prima ancora che la sua elezione venisse ufficialmente proclamata; va peraltro osservato che non vi è alcuna notizia di un simile evento nei documenti ufficiali. Comunque, il 15 settembre 1276 fu eletto papa Giovanni XXI, cioè Pietro di Giuliano, destinato a regnare fino al 20 maggio 1277; il successore di quest'ultimo sarà infine, dopo una sede vacante di ben sei mesi, Niccolò III, ovvero il potente cardinale Giangaetano Orsini.
http://it.wikipedia.org/wiki/Papa_Gregorio_X
