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CRONOLOGIA DI FIRENZE (Autore: Paolo Piccardi):
21.9.1250 i Guelfi rifugiati a Montevarchi si riorganizzano militarmente e sorprendono nel sonno i Ghibellini accampati a Figline Valdarno. Non ritenendosi in grado di mantenere il possesso di Figline, i Guelfi si ritirano con i prigionieri. Le altre truppe fiorentine, accampate a Ostina, impaurite si ritirano.
Quando la notizia giunge a Firenze, si ha una sollevazione, non in nome del papa, ma in nome del popolo, stanco, tassato e umiliato. Al grido di “Al popolo” Firenze aveva riconquistato la propria libertà.
Federico di Antiochia non nuscì a raccogliere truppe da mandare a Firenze.
Gli uomini di fiducia del popolo si riunirono prima in S. Firenze, poi in S. Croce. Decisero di proclamare decadute tutte le autorità cittadine, che non furono molestate e poterono continuare ad abitare nelle loro case.
20.10.1250 a Firenze viene promulgata la costituzione detta “del primo popolo”, esaltata in seguito anche da Dante.
La città si divide in sestieri.
1 - S. Piero a Scheraggio (insegna: il Carroccio)
2 - Borgo (insegna: il Becco)
3 - S. Brancazio (insegna: Branca di Leone)
4 - Duomo (insegna: il Battistero)
5 - S. Piero (insegna: le Chiavi)
6 - Oltrarno (insegna: il Ponte)
Firenze viene divisa in 20 compagnie del popolo con bandiere, 4 Oltrarno, 4 in San Piero a Scheraggio e 3 per ciascuno degli altri sestieri. Le compagnie si assunsero gli antichi doveri delle “vicinanze” di aiuto reciproco.
I nobili persero la loro organizzazione, già annullata dalle precedenti divisioni, e non ebbe potere decisivo nel nuovo Consiglio. Lo riebbero in seguito, ma come singoli e non come corporazione.
Il Capitano del Popolo doveva essere scelto fuori di Firenze. La sua bandiera recava una croce rossa in campo bianco. Aveva potere di giurisdizione in favore del popolo.
Il Consiglio dei 12 Anziani (non nel senso letterale) prendeva tutte le decisioni che comportavano spese e, più in generale, governava la città. Per l’amministrazione della cassa si avvalevano dei Cistercensi di Settimo e degli Umiliati. Uno dei primi notai per la verbalizzazione delle decisioni fu Brunetto Latini.
13.12.1250 Federico II muore a Fiorentino in Puglia, ossia in quella “civitas Florentina” vaticinata dalla profezia. Corrado di Svevia viene affidato al Papa. Viene sepolto nel duomo di Palermo, in abito di seta arabo, in un sarcofago di porfido fatto scolpire dal nonno, Re Ruggero.
Federico di Antiochia si allontana dalla Toscana e morirà nel 1256 a Foggia.
7.1.1251 i fuoriusciti Guelfi rientrano a Firenze, che si sente forte del nuovo statuto e che ha fatto scapitozzare tutte le torri gentilizie, portandole a massimo 50 braccia (29 metri), ma il demone della guerra civile covava ancora.
19.6.1251 Siena, Pisa e Pistoia si alleano contro eventuali attacchi fiorentini.
6.1251 Uberto di Mandello, figlio di Rubaconte, viene eletto capitano del popolo. Era stato per 25 anni uno dei capi della Lega Lombarda antiimperiale. Accettò a malincuore e solo dopo assicurazioni che sarebbe stato risarcito di eventuali danni a lui e al suo seguito di soldati, notai e sbirri e dopo aver ottenuto 17 rampolli delle più importanti famiglie fiorentine.
22.6.1251 In una capanna alle porte da Siena, rappresentanti degli alleati si incontrano segretamente con alcuni Lamberti e Uberti, in rappresentanza delle famiglie ghibelline di Firenze e del contado.
I ghibellini giurarono sul vangelo da aiutare l’alleanza in caso di conflitto con Firenze.
6.7.1251 Anche Arezzo si unisce alla Lega anti-fiorentina.
20.7.1251 Benché l’alleanza dovesse rimanere segreta, i Fiorentini ne vengono a conoscenza e attaccano Pistoia, il componente più debole, devastandone il contado. Si capì che l’alleanza era molto debole e Firenze convinse Lucca e S. Miniato ad allearsi con lei.
5.8.1251 Le truppe fiorentine rientrano a Firenze e cacciano i ghibellini con la forza. I ghibellini, rifugiati a Siena, Poggibonsi e presso i Conti Guidi pensarono di armarsi e assunsero come vessillo quello di Firenze giglio bianco in campo rosso. Firenze cambiò il suo e mise il giglio rosso in campo bianco.
Le città che ospitavano i Ghibellini cominciarono ad avere grane, perchè gli ospiti depredavano i commercianti, con la scusa che facevano affari con Firenze, in realtà per procurarsi denari.
Le città dovevano indennizzare i malcapitati.
10.9.1251 Dopo una serie di scaramucce, specialmente nei territori dei conti Guidi, parte da Firenze metà dell’esercito e si dirige verso Arezzo. I rinforzi senesi, fuorviati dagli astrologhi, perdono tempo ad attaccare i castelli fiorentini di Tornano, Monteluco e Castellina e a lasciare soldati di presidio. Le poche forze rimaste non volevano andare ad Arezzo perché era tempo di vendemmia. Comunque i fiorentini, vista la tenace resistenza di Arezzo, decidono di tornare a casa.
13.9.1251 Firenze e Lucca concludono un’alleanza politico-commerciale con Genova, visto di buon occhio anche da Venezia. Inizia il declino dell’attività mercantile di Pisa.
4.11.1251 Più dei 2/3 dell’esercito fiorentino, guidato da Guido Guerra, muove contro Arezzo, fermandosi ad assaltare il castello di Rondine degli Uberti ed accampandosi a Motaione, dove viene sopraffatto dai Ghibellini e costretto alla fuga. L’ira della sconfitta viene riversata sul capitano del popolo Uberto di Mandello, che è al termine del mandato ma che deve rivalersi sugli ostaggi per vedersi liquidato lo stipendio e la multa per ritardato pagamento. A quei tempi si diceva: Se tu ai uno a chi tu vogli male, Mandalo a Firenze per Ufìtiale.
1.1252 Viene nominato nuovo podestà Filippo Ugoni di Brescia. L’esercito fiorentino parte nonostante la neve e, nonostante gli sforzi del papa di combinare la pace, decide di proseguire la guerra.
9.2.1252 L’esercito fiorentino attacca presso il convento di Coltibuono il campo dei Senesi e Pisani, che fuggirono. Il castello di Montaio fu raso al suolo. I Ghibellini che avevano consegnato il castello fiorentino di Montaione ai tedeschi furono serrati fra due assi e segati in due. Era la prima vittoria della democrazia fiorentina.
24.6.1252 I fiorentini, con l’aiuto di Prato, conquistano Tizzano, nel pistoiese.
2.7.1252 L’esercito fiorentino attacca quello senese e pisano, che aveva aggredito i lucchesi e lo sconfigge a Pontedera. Molti furono i morti e i prigionieri.
12.8.1252 Per combattere meglio contro Siena, viene istituito a Firenze il comitato dei “sei per la distruzione e la morte di Montalcino”.
29.9.1252 Riunione segreta in una abitazione privata a Figline fra il podestà di Firenze e i capi Ghibellini, che possono rientrare a Firenze. Figline tornerà fiorentina e sarà risparmiata. I Ghibellini si sono accorti della forza e della determinazione di Firenze. Innocenzo IV spinge per una pace ed invia continui messaggi al clero e ai frati fiorentini perché instillino nella popolazione la voglia di pace, nell’intento di favorire la caduta della democrazia e il ritorno di Firenze sotto il Papa e il nuovo imperatore Corrado di Svevia, affidatogli dal padre in punto di morte. I Ghibellini rientrano a Firenze.
Tutti mancano alla parola data:
Firenze, ora che ha anche i Ghibellini come amici e non come nemici, si sente potentissima e vuole conquistare il mondo.
I Ghibellini, dimenticando di essere stati ospitati dai senesi, si arruolano nell’esercito fiorentino contro Siena.
L’esercito Guelfo fiorentino, appena i negoziatori si allontanano da Figline, vi irrompono, saccheggiano, bruciano e la radono al suolo. Verrà ricostruita dopo 5 anni.
14.11.1252 Montalcino viene conquistata dai fiorentini.
1252 I francescani decidono di ampliare S. Croce. Lo ricorda una lapide, posta in alto, all’incrocio fra la navata destra e il transetto.
1252 I frati agostiniani iniziano l’edificazione di S. Spinto il cui nome esatto fu S. Maria, S. Spirito e S, Matteo.
Sul terreno c’era gi una piccola chiesa dedicata a S. Romolo, vicino alle case dei Frescobaldi che cominciavano ad avere un peso autorevole nella vita cittadina.
Fra le case dei Frescobaldi e la nuova S. Spirito viene costruito il primo ponte a S. Trinità, per facilitare i traffici con Oltrarno.
Viene allargata la città, tracciando un cerchio fuori le mura: via de’ Fossi, S. Maria Novella, via del Giglio, piazza Madonna, canto de’ Nelli, via de’ Pucci, via Bufalini, via S. Egidio, via Verdi, via de’ Benci.
I cittadini inurbati sono costretti a edificare le case in questo nuovo cerchio, al fine di ottenere i diritti civili.
1252 Compare il forino d’oro. Il primo coniatore fu Lamberto dell’Antella.
Con la coniazione del forino aureo Firenze riportò il sistema monetario al bimetallismo. Solo Federico II aveva coniato monete d’oro, gli Augustali, che imitavano il conio degli ultimi imperatori romani.
È stupefacente la perspicacia dei mercanti fiorentini, che capirono l’importanza di una moneta stabile e internazionalmente riconosciuta per avere il predominio nei commerci.
È sempre stato a 24 carati e di gr. 3,53, pari a 1 lira, internazionalmente riconosciuto.
Il fiorino si divise sempre in 20 soldi d’oro e in 240 denari d’oro, ma si rivalutò progressivamente rispetto alle monete argentee. Pertanto, inizialmente il forino d’oro equivaleva a 20 soldi d’argento, ma alla fine della Repubblica ne valeva 150 (7,5 volte). Le autorità monetarie non riuscirono a mantenere rapporti di scambio costanti fra le varie denominazioni (soprattutto tra la moneta d’oro e le monete argentee e di buglione).
Pertanto, le diverse denominazioni non formavano un sistema integrato di multipli e di sottomultipli.
Non esistevano rapporti fissi fra di esse e ciò causa difficoltà nell’interpretazione delle scritture contabili.
I contabili potevano fare ricorso a sistemi monetari di conto diversi fra loro, ma sempre appoggiati alla moneta di biglione d’argento, che, essendo di peso ridotto, doveva sopportare costi di lavorazione superiori e il suo nominale veniva quindi sopravalutato, non avendo alcun rapporto con il suo contenuto di fino.
1253 Innocenzo IV tenta di sottrarre all’Arte della Lana la sovrintendenza dell’amministrazione del battistero, senza riuscirvi.
1253 Viene dipinta la SS. Annunziata. Sembra che il pittore fosse Bartolomeo, uno dei pittori Greci venuti a dipingere la Cappella Gondi in S. Maria Novella. Incapace di dipingere il volto della Madonna più bello di quello dell’angelo si addormentò e al risveglio trovò il volto già dipinto.
3.1253 Corrado di Svevia invia un suo legato a Firenze per ottenere dal mercante fiorentino Lamberto Maniavaca il riscatto del trono d’oro rivestito di pietre preziose, impegnato dal padre. Sembra che i mezzi di Corrado non fossero sufficienti, perché il Magnavaca vendette il trono al genovese Luca Grimaldi e solo molti anni dopo Manfredi poté ricomprarlo.
1.1254 Viene eletto podestà il milanese Guiscardo di Pietrasanta (la fondò nel 1255) e vengono stabilite condizioni vantaggiose per i traffici con la Lombardia.
1.2.1254 Pistoia si sottomette a Firenze.
4.1254 I Conti Guidi, oppressi dai debiti, iniziano le trattative con Firenze per cedere i loro diritti su Empoli, Cerreto, Vinci, Montemurlo, Montevarchi ecc. Il contratto viene perfezionato a Settembre con tutti i membri della famiglia Guidi. I terreni vennero messi in vendita, iniziando cosi lo smembramento dei grandi feudi nobiliari. Gli Adimari comprarono Empoli e Vinci.
21.5.1254 Mentre Firenze assedia Monteriggioni, giunge la notizia della morte di Corrado di Svevia.
I tedeschi che la difendono ne offrono la resa ai fiorentini in cambio di 50.000 formi d’oro.
La proposta fu subito accettata, ma, per non pagare una lira i fiorentini mandarono a Siena la prova inequivocabile del tradimento degli imperiali e trattarono direttamente con la nemica le condiziom di resa, che vennero accettate.
Montalcino e Montepulciano diventavano fiorentine, come Castiglion de’ Latroni, prezzo Arcidosso e Campiglia. Firenze non desiderava l’espansione del suo territorio, ma la sottomissione di Siena.
7.1254 La Lega non esiste più: rimane solo Pisa, che viene attaccata dai fiorentini. I pisani mandano all’accampamento fiorentino le chiavi della città e accettano le condizioni di resa: Pisa doveva sottomettersi all’arbitrato di Firenze per le sue contese con Lucca, Genova e S. Miniato. Pisa doveva usare le unità dì misura fiorentine. Il porto di Pisa doveva essere franco ed esentasse per i fiorentini e per i pratesi. 50 nobili pisani scelti dai fiorentini dovevano trasferirsi a Firenze. Il castello di Ripafratta fu data a Firenze, che la girò a Lucca.
L’arbitrato, steso da Brunello Latini, fu umiliante per i pisani, che cedettero fortezze a Genova, Lucca.
Non prendendo niente per sé e favorendo gli alleati, Firenze ottenne il mantenimento del conflitto fra quelle città. D’altra parte, poteva generosamente rinunciare a Viareggio, Pietrasanta, Motrone ecc., dato che aveva libero e gratuito accesso a Pisa. I pisani si accorsero che avevano sbagliato ad accettare l’arbitrato fiorentino e in maniera stravagante, fecero opposizione all’arbitrato, rivolgendosi al podestà di Roma, che inviò una sentenza diametralmente opposta a quella fiorentina. I pisani se ne servirono per non consegnare Lerici ai genovesi. Firenze e Genova si accordano nell’attendere il momento propizio per attaccare Pisa.
8.1254 Poggibonsi e Volterra si sottomettono a Firenze: abbattono le fortificazioni e instaurano un regime democratico.
25.8.1254 Firenze stringe un’alleanza con i Guelfi aretini.
7.12.1254 Innocenzo IV muore a Napoli, dove viene sepolto, in duomo. Il suo pontificato aveva abbattuto l’imperatore, ma a costo di enormi sacrifici finanziari ai danni di tutta la Chiesa. I banchieri fiorentini erano diventati indispensabili a Roma, che aveva fatto la loro fortuna, in Italia e in Francia, dopo il trasferimento del papato a Lione. Si dice che quando il Papa arrivò a Lione, vi trovò 4 bordelli. Quando partì, ve ne era uno solo, ma andava da un capo all’altro della città.
12.12.1254 Grazie alle manovre del cardinale Ottaviano Ubaldini, viene fatto Papa Alessandro IV.
Benché di natura clemente, ridette vigore all’inquisizione. Fu manovrato da intriganti di corte e dai banchieri fiorentini, che proseguirono le fortune iniziate con Innocenzo IV.
1255 Viene costruito il Palazzo del Popolo (Bargello) su progetto di un ignoto architetto.
Quello che si proclamava “il popolo trionfante e onnipotente”, pose un’iscrizione latina per solennizzare l’inizio della costruzione esaltando Firenze “la città che era colma di tutti i beni, che vinceva i suoi nemici nella lotta, fortificava, comprava e distruggeva le castella, la città sotto il dominio della quale la Toscana sarebbe divenuta felice; al pari di Roma, essa era chiamata a celebrare continui trionfi, ma non voleva regnare che amministrando con mano sicura la giustizia… Alla città, che sarebbe stata governata in quell’edificio, apparteneva la terra e il mare e tutta la superficie del globo”.
Frà Guittone d’Arezzo, Guelfo convinto, scrisse:
“E sembrava che (Firenze) far volesse impero
Si’ come Roma giàfece; e leggiero
Gli era: ché alcuno no ipotea star avante”
3.1255 Guido Guerra si trova a passare da Arezzo con una parte dell’esercito fiorentino e decide, di testa sua, di prendere la città retta da un Ghibeilmo, dimenticando che Firenze aveva firmato un patto di alleanza con i Guelfi aretini.
20.6.1253 Firenze devasta il territorio pistoiese.
1255 Nasce DUCCIO DI BONINSEGNA (1255 - 1316)
fu allievo di Cimabue, come dimostra la Maestà Rucellai, ora agli Uffizi, uscita dalla bottega di Cimabue nel 1285. Madonna dei Francescani, Pinacoteca di Siena.
1288 Vetrata nel duomo di Siena con influssi giotteschi.
1314 Maestà nel Palazzo Pubblico di Siena.
31.7.1255 Siena sottoscrive con Firenze e con i suoi numerosi alleati un “eterno legame d’amore”.
Firenze impone l’unione monetaria toscana, basata sul forino d’argento.
9.1255 L’esercito fiorentino assedia Arezzo e costringe i Guelfi aretini a fare la pace con i Ghibellini.
Contemporaneamente, acquista la supremazia anche su Arezzo.
1256 Alessandro IV tenta di togliere S. Miniato ai benedettini, per mettervi le clarisse.
Non ci riesce e scomunica Firenze. Il messo papale viene chiuso in carcere.
1256 Erezione della chiesa di Ognissanti. Le parti originali sono visibili dal chiostro e nelle mura esterne.
5.1256 Firenze conclude un trattato di alleanza con Perugia.
5.6.1256 Pisa si è alleata con il re Alfonso di Castiglia, pretendente alla corona di imperatore ed attende il suo esercito via mare. L’esercito unito di Firenze e Lucca si accampa davanti al castello pisano di Ripafratta.
Genova attacca Lerici, che Pisa non aveva voluto consegnare, nonostante l’arbitrato fiorentino e rifornisce le truppe alleate via mare. Anche Bologna manda rifornimenti ai fiorentini e ai lucchesi.
13.6.1256 I pisani assediati a Ripafratta credono di vedere rilassatezza nel campo lucchese e decidono una sortita.
I fiorentini li attaccano e li costringono a rientrare nel castello da dove, con sgomento, vedono che i fiorentini, invece di tornare all’accampamento, muovono verso Pisa.
I pisani abbandonano tutto e fuggono disordinatamente verso Pisa, accalcandosi sul ponte di Pontasserchio, che cedette, facendo annegare molti pisani. Altri 2500 furono fatti prigionieri. Il podestà fiorentino Alamanno della Torre non volle saccheggiare Pisa, ma si accontentò di ricevere la resa e tornare a Firenze.
Fu ricompensato l’anno seguente, quando venne nominato podestà di Pisa.
24.9.1256 In S. Reparata si celebra la pace con i pisani.
Pisa doveva consegnare a Genova, Lucca, S. Miniato e Firenze vari castelli.
I lucchesi avevano da poco tempo Pietrasanta e i pisani temevano un loro rafforzamento sulla costa, se Firenze avesse assegnato a Lucca il castello di Motrone e mandarono emissari per suggerirne la distruzione.
Un dei più autorevoli Anziani fiorentini, Aldobrandini Ottobuoni, era uno dei più convinti sostenitori della distruzione. I pisani fecero l’errore di offrirgli 4.000 forini d’oro e lui si batté vittoriosamente per la conservazione di quel castello, che venne affidato ai lucchesi.
23.9.1257 Alessandro IV revoca la scomunica, in cambio della restituzione degli ospedali al clero.
Il suo legato a Firenze trama contro la democrazia.
26.3.1258 I fiorentini radono al suolo il castello di Gresso, del vescovo di Arezzo, reo di aver proclamato la scomunica contro Firenze dal duomo di Arezzo e di aver fatto lega con i Ghibellini.
Ad Arezzo fu posto un presidio fiorentino.
15.4.1258 Timorosa di un nuovo assalto fiorentino, e istigata dal cardinale Ottaviano, Siena sì sottomette a Manfredi. Anche Farinata degli Uberti e gli altri esiliati si rivolgono all’imperatore. Ma la popolazione di Siena non vedeva di buon occhio questa sottomissione, tanto che dovettero essere emanate pene severe per chi insultava Manfredi. Inoltre, i Guelfi senesi mal sopportavano la presenza nella loro città dei Ghibellini fiorentini. Furono tramate sollevazioni, che vennero sventate. Inoltre, Ottaviano si era fatto fare da Siena un prestito imponente, che non venne mai restituito.
22.4.1258 Sapendo che Ottaviano degli Ubaldini, con il prestito senese, stava armando un esercito, il che faceva prevedere uno scontro a breve tempo, e volendo mantenere aperta la strada degli approvvigionamenti dalla Romagna, gli Anziani di Firenze stipularono un contratto di fornitura per otto anni di cereali con un romagnolo, Piero di Pagano pagando in anticipo il prezzo di 2000 lire e facendosi dare, in pegno, il suo castello di CastigIionchio, ottenendo un caposaldo importante contro gli alleati romagnoli degli Ubertini.
I Pagani, anche in seguito, furono sempre alleati dei fiorentini.
8.1258 Manfredi viene incoronato imperatore a Palermo. Pensa di muovere contro Firenze.
2.10.1258 Su istigazione di Alessandro IV, il cardinale Ubaldini muove con un forte esercito verso Firenze, con la scusa di scortare una giovane Ubaldini che si deve sposare.
I banchieri fiorentini vengono prontamente a conoscenza dell’inganno e apprestano le difese.
Quando i soldati bolognesi, che muovevano verso Firenze, conobbero il vero scopo della loro missione, restituirono il soldo e tornarono indietro. Anche il cardinale Ubertini dovette ripiegare.
I fiorentini convocarono gli Uberti a discolparsi, ma questi rifiutarono e si asserragliarono nelle loro case, uccidendo il messo del comune. Il popolo inferocito assaltò le case, uccidendo e facendo prigionieri, che vennero subito decapitati dove sorgeva Orsanmichele. 16 famiglie Ghibelline fuggirono verso Siena, mentre altre rimasero a Firenze, benché guardate con sospetto. Gli Uberti e tutti gli altri fuoriusciti furono condannati all’esilio perpetuo e alla distruzione delle loro case, di città e del contado.
Cosa che fu fatta con estrema precisione e con verbali notarili. Le pietre rimasero accatastate per anni sul lungarno dal palazzo dei giudici al ponte alle grazie, occludendo la via.
Furono successivamente impiegate per costruire le mura Oltrarno.
I fiorentini stilarono un atto di accusa contro Ottaviano degli Ubaldini e lo mandarono sia al Papa che al collegio dei cardinali. Il papa rispose che il cardinale amava Firenze, che lo doveva amare e ubbidire.
L’ira dea fiorentini si riversò sull’abate di Vallombrosa, un pavese, che aveva cercato da impadronirsi del convento di S. Ellero. Lo presero, gli fecero confessare, sotto tortura, tutti i suoi misfatti e lo decapitarono seduta stante davanti al bargello. Pavia condannò la cosa, minacciando di imprigionare i mercanti fiorentini che si trovavano a Pavia, confiscandone i beni. I fiorentini, per la penna di Brunetto Latini, risposero che se l’abate fosse risuscitato 1000 volte, per 1000 volte avrebbe meritato la morte, che i precedenti vescovi di Pavia erano stati rispettati, che avrebbero mandato ambasciatori di pace a Pavia, se Pavia avesse desistito dai suoi propositi.
Dante Aldighiero, che aveva saputo direttamente da Brunetto Latini come stavano le cose, giudica colpevole l’abate di Vallombrosa. Anche il Papa, in una sua lettera, ammette che l’abate ha sbagliato, ma scomunica i fiorentini, rei di essersi fatto giustizia da soli e barbaramente. La scomunica durò 7 anni e mezzo.
3.10.1258 Firenze non si preoccupa molto della scomunica, ma in quel periodo capita a Firenze il francescano Giovanni de Oliva, inquisitore per conto del Papa. Riuscì a far ardere roghi in tutta la Toscana, meno che a Firenze, dove non se ne vedevano da anni. Anzi, quando cominciò la sua azione contro gli eretici, gli fu rifiutato di erigere roghi, di includere le sue sanzioni nello statuto cittadino, anzi, fu cacciato e gli fu proibito di predicare in tutto il territorio fiorentino. Lui si allontanò, lanciando una sua scomunica personale, che i fiorentini misero religiosamente accanto a quella papale.
27.11.1258 Ambasciatori fiorentini presso il Papa non ottengono la revoca della scomunica, anzi, devono sottrarsi a continui agguati orditi dal Papa, anche sulla via del ritomo che fu ostacolato da continui assalti fino a Rieti, dove trovarono banchieri fiorentini che li aiutarono.
Il cardinale Ottaviano degli Ubaldini, scornato per non essere riuscito nella meschina vendetta, in cui aveva investito molti denari, comincia a sobillare Siena, su cui aveva un forte ascendente, contro Firenze.
5.8.1259 Manfredi vuole prendere Pisa ed ha bisogno dell’aiuto di Firenze. Manda un ambasciatore, che si incontra a Borgo S. Lorenzo con i messi degli Anziani, che gli regalano 50 fiorini e lo rimandano a casa. Siena e i Ghibellini non vedevano di buon occhio un accomodamento fra Firenze e l’imperatore.
Firenze, da parte sua, non poteva perdere l’indipendenza. Siena e Firenze si armano, certe che prima o poi si sarebbe giunti ad una guerra. Firenze, che aveva sempre dovuto le sue vittorie a rapide decisioni, questa volta tiro i preparativi per le lunghe, anche perché stava imbastendo trattative segrete con i Ghibellini rifugiati a Siena, capeggiati da Guido Novello e da Farinata degli Uberti, i quali mantenevano le trattative solo per guadagnare tempo, tenendo costantemente i senesi al corrente degli sviluppi.
1.4.1260 Firenze annuncia ufficialmente la guerra contro Siena e incarcera o scaccia i senesi da Firenze.
Siena chiede alle città amiche di troncare i traffici con Firenze.
19.4.1260 L’esercito fiorentino si mette in marcia, accampandosi a Colle val d’Elsa il 21.4.
Poi espugnarono Casole, Mensano si arrese, la campagna senese devastata.
Per ingannare i senesi, i fiorentini si diressero verso Montemassi, facendo credere di andare a liberare quella guarnigione fiorentina assediata dai senesi. I senesi cadono nell’inganno e mandano soldati a Montemassi.
Se in quel momento i fiorentini avessero sferrato l’attacco, per Siena non ci sarebbe stato scampo.
Invece indugiarono 10 giorni prima di accamparsi alle porte di Siena.
17.5.1260 I senesi, con truppe tedesche, tentano una sortita mentre i fiorentini si stanno accampando, ma vengono sconfitti.
18.5.1260 Mentre i fiorentini avanzano verso Siena, vengono investiti dai cavalieri tedeschi in località S. Petronilla e sono costretti a tornare al campo. Era la prima vittoria dei senesi, anche se si trattava di una scaramuccia con solo pochi cavalli feriti.
20.5.1260 I fiorentini, invece di tentare un nuovo assalto, levano il campo e tornano in patria.
5.7.1260 Manfredi manda rinforzi a Siena, che devasta la campagna di Montepulciano, Poggibonsi e brucia le colture fino a 7 Km. da Firenze.
20.8.1260 L’esercito di Firenze e dei suoi alleati, forte di 70.000 uomini e 20.000 animali, muove per portare vettovagliamenti a Montalcino. L’astrologo non é convinto dei suoi calcoli e dice di ritardare la partenza, ma viene beffeggiato.
Tegghiaio Aldobrandi degli Adimari raccomandò di raggiungere speditamente Montalcino, evitando Siena, dove erano concentrate le truppe imperiali, ma fu messo in ignoranza dalla demagogia di coloro che volevano la rivincita della sconfitta del maggio precedente, capitanati dal popolano Spedito: l’esercito volle sfidare Siena sfilando sotto le sue mura.
8.1260 Brunetto Latini viene mandato a chiedere aiuto a Alfonso di Castiglia, mentre altri ambasciatori vengono inviati da Corradino di Svevia, antagonista di Manfredi: Firenze si era resa conto che negli anni precedenti si era spinta troppo oltre le proprie forze.
3.9.1260 L’esercito fiorentino si accampa a Montaperti, lungo l’Arbia.
4.9.1260 All’alba l’esercito senese marcia contro gli scomunicati fiorentini, preceduto dai vessilli della Madonna e di S. Giorgio. Fu subito chiaro che l’impeto dei nemici avrebbe avuto il sopravvento e i nobili del campo fiorentino si dettero alla fuga a briglia sciolta, lasciando il carroccio e la martinella in mano ai senesi.
I fanti appiedati dimostrarono molto più valore, anche perché troppo lenti per fuggire di fronte alla cavalleria.
10.000 soldati dell’esercito fiorentino morirono e 20.000 furono fatti prigionieri. 8.000 di questi morirono prima che fosse pagato il riscatto per la loro liberazione. Tutte le salmerie, le armi e i 20.000 animali da soma caddero in mano ai senesi. Fu catturato dai senesi anche Coppo di Marcovaldo. Non si era mai vista in Italia centrale una sconfitta di tale misura. il Comune di Firenze ricevette un colpo mortale. Si era verificata l’antica profezia del Mago Merlino, che aveva previsto il giglio piegarsi in battaglia a Siena, per tornare a fiorire più bello di prima.
5.9.1260 I Ghibellini fiorentini, con l’aiuto degli esiliati rientrati quel giorno, iniziano la distruzione delle case dei Guelfi.
9.9.1260 I Guelfi fuggono da Firenze. Trovano le porte chiuse a Prato e Pistoia. Solo Lucca offre rifugio in un sobborgo, dove i Guelfi vissero in povertà gli anni seguenti.
12.9.1260 Entrano trionfalmente a Firenze i soldati tedeschi e dell’Italia Meridionale di Manfredi con i fuoriusciti Ghibellini capitanati da Guido Novello e da Farinata degli Uberti.
E poi che li alamanni in casa avete
servitei bene, e faitevo mostrare
le spade lor con che v’anfesso i visi,
e padri e figli ancisi;
e piacemi, che lor degiate dare,
perch’ebero en ciò fare
fatica assai, de vostre gran monete.
Anche Bellincione, avo di Dante, andò in esilio. I Guelfi che non scapparono furono tollerati e poterono continuare a fare i loro affari. Quando Manfredi fu raggiunto dalla notizia della vittoria, ordinò, su ispirazione dei senesi, di distruggere Firenze. La cosa fu discussa a Firenze, già in mano ai Ghibellini e Farinata degli Uberti si oppose, dichiarando che fino a quando sangue fosse scorso nelle sue membra, avrebbe difeso la sua patria anche contro i suoi stessi amici. Firenze fu salva e la rappresaglia limitata.
Guido Novello si fece nominare podestà per due anni e mezzo e si insediò nel bargello, eliminando le precedenti rappresentanze di governo della città.
Le condizioni di pace con Siena furono pesanti e 100 ricchi commercianti e industriali dovettero versare ciascuno 1000 marchi e 500 Iibbre d’oro, a garanzia del rispetto dei patti, che prevedevano la cessione di castelli ed altro territorio. I beni dei Guelfi fuggiti furono confiscati e le costruzioni distrutte. A quelli rimasti non venne fatto niente. Furono distrutti 103 palazzi, 580 case e 85 torri completamente, 2 palazzi, 16 case e 4 torri parzialmente. Furono inoltre demoliti 9 negozi, 1 fondaco, 10 tiratoi, 1 mulino fluviale, 21 mulini e 7 castelli.
Poiché le case dei ghibellini precedentemente distrutte non erano ancora state ricostruite, Firenze doveva essere un cumulo di macerie.
Dalla Lombardia giunse una epidemia che fece migliaia di morti.
Tutte le città toscane, con le sole eccezioni di Lucca e di Arezzo, che accolsero i Guelfi di tutte le altre località, erano Ghibelline. I Guelfi potevano contare solo sull’appoggio del papa, che temeva Manfredi.
15.1.1262 Il Papa fa leggere in tutte le chiese di Francia e Germania la scomunica contro i senesi, il sequestro dei loro beni e lo svincolo degli ecclesiastici dal rimborso dei denari ricevuti in prestito. Venivano risparmiati solo i banchieri che si fossero sottomessi alla Chiesa. Moltissime le conversioni e i pentimenti.
Scoppiano disordini a Siena, dove era già montato il malcontento contro le prepotenze dei soldati tedeschi.
Il Papa sobilla la popolazione, istigato dai commercianti, che vedevano il declino dei loro affari.
2.1261 Alessandro IV manda suoi legati presso i Guelfi a Genova e a Lucca, per assisterli e per favorire i loro interessi.
Solo per loro la scomunica venne revocata, mentre rimaneva valida per i fiorentini. Il Papa chiese a Siena di abbandonare Manfredi, ora che non ne aveva più bisogno, ma ottenne un rifiuto. Anche Siena fu scomunicata.
28.5.1261 A Siena viene stretta una alleanza fra tutte le città ghibelline della Toscana, compresa Pisa.
La prepotenza dei Ghibellini dilaga per ogni dove: numerose sono le vendette private, familiari che vengono cacciati di casa, beni, anche ecclesiastici, che vengono presi per prepotenza.
Guido Novello si distingue per l’arroganza e la cupidigia. Fa costruire la via ghibellina e la porta ghibellina, dove ora sono i viali, perché le sue truppe da Poppi potessero raggiungerlo direttamente al bargello.
25.5.1261 A Viterbo muore Alessandro IV. Dopo 3 mesi di litigi in conclave, viene prescelto Giacomo Pantaleone, col nome di Urbano I, patriarca di Gerusalemme, che si trovava a Viterbo per curare gli interessi della Chiesa Orientale. Pur essendo Papa, non metterà mai piede a Roma, dilaniata dalle lotte fra Guelfi e Ghibellini per la nomina del Senatore. I Ghibellini erano favorevoli a Manfredi. Il Papa riesce a far nominare il Guelfo Carlo d’Angiò, con l’impegno di dimettersi non appena conquistata la Sicilia.
Guido Novello manda subito dal nuovo Papa il vescovo di Fiesole per fargli togliere la scomunica, ma il Papa rifiuta, ben sapendo che non poteva ottenere il distacco dei fiorentini da Manfredi e il rimpatrio dei Guelfi.
7.9.1261 la lega ghibellina muove guerra contro Lucca e contro i Guelfi e viene attaccata di sorpresa dagli assediati di S. Miniato, che ebbero successo. I Ghibellini presero molti castelli nel contado. Si salvò Fucecchio, difesa dal fiore dei Guelfi. La guerra di aggressione per conto terzi, sotto la bandiera imperiale non vedeva entusiastica partecipazione dei soldati, distratti dalle loro normali occupazioni cittadine o del contado.
La guerra costava e furono imposte tasse gravose. Per la prima volta verme imposta una patrimoniale progressiva: prima veniva deciso l’ammontare totale dei tributi necessari, poi si fissavano le percentuali per scaglioni di patrimonio.
1262 La Chiesa Romana compra un appezzamento di terreno per l’ingrandimento di S. Croce.
2.1262 Siena pretende di fortificare a suo vantaggio i castelli ex fiorentini, con pregiudizio di Poggibonsi.
Tutta Firenze, Guido Novello compreso, si schiera contro Siena e non si presenta alla lega ghibellina che doveva decidere altre guerre contro Lucca. Infatti, nel 1262, non ci saranno guerre. Guido Novello chiede la liberazione dei fiorentini prigionieri a Siena, ma ottiene un rifiuto.
Il Papa, che dimostra molta energia, ordina ai commercianti senesi di abbandonare i territori pontifici.
9.1262 Il Papa si pone segretamente in contatto con 17 banchieri fiorentini e tutti insieme ordiscono un piano:
dal 1260 erano comparsi flagellanti per le strade italiane: intere popolazioni che, guidate da preti e da monaci, si muovevano flagellandosi e confessando i propri peccati. Non attecchirono molto in Toscana, dove si innalzavano forche per affrettare il loro bramato martirio, comunque queste processioni ogni tanto apparivano.
20.9.1262 Parte da Lucca una strana processione al grido di “Pace! Pace!”: il legato del Papa precedeva un lungo corteo di penitenti. Fra le donne, i fanciulli e i frati erano nascosti i soldati lucchesi, i Guelfi e i mercenari, che celavano le armi sotto i sai. Di notte poterono entrare a Signa, ma a Firenze venne dato l’allarme e radunate le truppe, che si assestarono a S. Donnino, in attesa dei rinforzi di Pisa e di Siena.
La processione fece rapido dietro-front, per paura di essere tagliata fuori da Lucca, visto che la sorpresa non era riuscita. A Firenze rimase lo scontento per gli aiuti di Pisa e di Siena che non erano arrivati.
5.12.1262 Scoppiano disordini a Siena, fomentati dal Papa e dovuti all’esasperazione dei commercianti, tagliati fuori dai traffici internazionali. Un Salimbeni uccide un certo Barrocino, membro del consiglio dei 24. Viene imprigionato e le sue case rase al suolo. I banchieri legati alla Curia (Tolomei, Del Turco, Ciampolo, Piccolomini, Albizi, Renaldi, Doni e altri) uscirono da Siena e si trasferirono a Chiusi, a Radicofani o in altri territori papali. I senesi tentarono di farli desistere, con varie promesse, invano. Per rappresaglia, distrussero tutte le loro case.
28.2.1263 Il Papa concede al capitolo del duomo il permesso di celebrare la messa in S. Reparata, a porte chiuse e con esclusione degli scomunicati “ad personam”.
13.7.1263 Pisa e i suoi alleati muovono guerra contro Lucca. La flotta imperiale attracca a S. Rossore. Il Papa é preoccupato per la possibile caduta di Lucca e comincia a pensare di allearsi con Carlo D’Angiò, fratello del re di Francia, purtroppo scialacquatore e senza denaro. Inasprisce le misure contro i mercanti fiorentini e senesi.
Ordina la confisca dei loro beni all’estero. I fiorentini, per aggirare l’ostacolo, commerciavano tramite mercanti romani, ma le restrizioni si facevano sentire con la mancanza di affari e, per quei pochi che si facevano, a costi elevati. Il Papa manda propri legati in Francia per farsi pagare dai banchieri fiorentini la liberazione della scomunica. Si contano 146 soci di banche fiorentine solo a Parigi. Si presentano dal Papa anche banchieri fiorentini, che pagano cifre enormi per essere assolti e poter riprendere i loro affari.
Per ottenere l’assoluzione, i banchieri dovevano anche presentare un elenco di tutti i loro debitori, con i relativi importi, nonché l’elenco dei mercanti che potevano essere interessati alla liberazione della scomunica.
9.1263 Si susseguono i successi delle truppe ghibelline contro i territori lucchesi, che vengono occupati fin sotto le mura. Gli eserciti vittoriosi rientrarono a casa.
27.4.1264 Muore Farinata degli Uberti e Guido Novello viene nominato vicario generale della Toscana.
7.1264 Il Papa, che risiede a Orvieto, ha già speso 200.000 lire per armare Carlo D’Angiò. Manfredi pensa di anticiparlo, catturandolo a Orvieto, ma la sua spedizione fallisce a metà strada, perché il capitano muore affogato nella Nera.
9.1264 Guido Novello muove alla volta di Orvieto e il Papa si rifugia a Perugia, dove muore in Ottobre.
14.12.1264 I Guelfi fiorentini aiutano Bologna a conquistare Modena e, dopo anni di povertà, si rifanno con i saccheggi.
5.2.1265 Viene eletto il francese Clemente IV. Per arrivare a Perugia, sede della Curia, dovette attraversare la Toscana travestito da frate. Era stato consigliere di re Luigi IX ed il suo unico scopo era l’annientamento della casa Sveva. Pietro d’Oderisio scolpì Il suo monumento funebre in S. Francesco a Viterbo. Suo segretario fu Benedetto Caetani, futuro Bonifacio VIII, che il Papa spedisce subito a Parigi a raccogliere fondi e volontari per armare Carlo d’ Angiò contro Manfredi.
6.3.1265 400 Guelfi fiorentini e i bolognesi prendono Reggio. I Guelfi fiorentini, ritornati ricchi, mandano una ambasceria al Papa ed ottengono di poter mettere nella loro insegna un’aquila che stringe fra gli artigli un serpente verde (Manfredi).
10.5.1265 Carlo d’Angiò si imbarca a Marsiglia con 500 cavalieri e 1000 arcieri, riesce a giungere a Roma, non disturbato dalla flotta pisana, provocando la delusione del Papa per le scarse truppe. Il Papa impegna perfino il tesoro pontificio per raccogliere denari. Anche i banchieri fiorentini fanno grossi prestiti. Carlo distribuisce ai banchieri lettere di protezione per i loro commerci, anche per i territori che sarebbero stati conquistati. Si é conservato l’intenso carteggio fra Il dissipatore Carlo d’Angiò e il Papa, esasperato dalle folli spese di Carlo.
23.5.1265 Con ritardo, Manfredi ricostituisce la lega ghibellina e proclama che sarebbe andato a Roma a incoronarsi imperatore, sperando, inutilmente, di provocare una sollevazione dei romani.