Capocchio (... – Siena, 15 agosto 1293) era un eretico italiano, condannato a morte come alchimista e citato nella Divina Commedia.
Dante immaginò di incontrare Capocchio nella decima Malebolgia dei fraudolenti, tra i falsari di metalli che sono condannati a soffrire la lebbra (Inferno XXIX, vv. 136-139).
Nel poema dantesco egli siede accanto a Griffolino d'Arezzo, a sua volta alchimista, e dopo aver parlato sarcasticamente della vanità dei senesi della cosiddetta brigata spendereccia, si presenta come personaggio che Dante dovrebbe conoscere: fu a sua volta alchimista e fu buona scimia della natura, ovvero fu imitatore, contraffatore ("scimmia") della natura.
I cronisti antichi aggiungono alcune notizie alla sua figura, ma nessuna è provata da alcun riferimento storico. Alcuni lo definiscono senese, e in genere lo dipingono come pronto d'ingegno e estroso. L'unica data sicura è quella della sua morte, avvenuta per rogo pubblico a Siena il 15 agosto 1293.
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