Corona di Aragona

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Lucrezia Lascaris di Ventimiglia

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Lucrezia Lascaris di Ventimiglia (1264 – 1314) è stata una nobile italiana figlia del conte di Tenda Guglielmo Pietro I di Ventimiglia e della principessa bizantina Eudossia Lascaris.
Lucrezia, detta Lascara, accompagnò la madre Eudossia che seguì in esilio Costanza di Staufen – figlia di Federico II e vedova dell'imperatore Giovanni III Ducas Vatatze – in Aragona, presso la nipote Costanza di Hohenstaufen, che si era accasata con il re Pietro III d'Aragona. Negli anni seguenti Eudossia divenne una figura importante presso la corte d'Aragona.
Lucrezia sposò il conte Arnaldo Ruggero di Comminges-Pallars nel 1281,[1] dal quale ebbe le figlie Sibilla – sposa nel 1297 con Ugo di Mataplana – Violante e Beatrice. Defunti i conti di Pallars, i cugini di Comminges – spalleggiati dai conti Foix e dal re di Francia invasero la contea rivendicandone la successione, tentando di toglierla alle figlie della contessa Lascara di Ventimiglia. Alle quali il re d'Aragona confermò i feudi di Berga e Berguedà, e inviò un contingente militare di soccorso. Si giunse a una tregua per intervento dei Moncada, ma la guerra riprese per lunghissimi anni, restando Ugo di Mataplana e la contessa Lascara di Ventimiglia e Pallars padroni di buona parte del territorio conteso.
Il conte Arnaldo Ruggero nel 1289 nomina nel suo testamento Raimondo d'Urtx, barone di Mataplana (1290), tutore delle sue figlie Sibilla, Violante e Beatrice. Il barone di Mataplana, trattando alle spalle del re Giacomo e a detrimento degli interessi della Corona, si accorda con Lucrezia Lascara di Ventimiglia per sposare la figlia Sibilla (1282-1327) con suo figlio Ugo, che così erediterà la contea di Pallars e le signorie del Berguedà e Gélida. Nel 1296 il re inviava a Raimondo il consigliere Guglielmo di Anglesola con l'ordine di rinunciare alla tutela delle figlie della contessa di Ventimiglia e Pallars. Ma questa “dona altiva y batallera”, che spesso “plantava cara” ai regi ufficiali e al medesimo sovrano, nel 1297 manteneva ancora il suo alleato Raimondo come tutore almeno della figlia Beatrice – viscontessa di Villamur -, ponendosi sotto la protezione dell'abito di diaconessa dell'Ordine Militare di San Giacomo della Spada, nel lussuoso monastero di Jonqueres, nonché facendo sposare Beatrice con il medesimo Guglielmo di Anglesola, signore di Bellpuig. Nello stesso anno re Giacomo acquista la proprietà di Pallars e Berga – eccetto il castello di Puigarbessos – per cinquecentomila soldi, reinvestendo in feudo onorevole le stesse signorie a Sibilla e Ugo, con il consenso di Lucrezia Lascara e della sorella Beatrice di Ventimiglia. Nel 1309 il re riacquista per 180.000 soldi il feudo di Berga/Berguadà, comprendente le castellanie di Monclar, Casserres, Merola, Puigarbessos, Fraumir, Bonner, Blancafort, Peguera, Terol, Terca e Malanyeu. Da Sibilla di Pallars e Ventimiglia e Ugo VII di Mataplana nasceranno sette figli, tra i quali Beatrice sposa di Arnaldo II d'Erill e madre di Berengario d'Erill, vescovo di Barcellona e Urgell nonché principe di Andorra.

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Alfonso III di Aragona

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Alfonso, detto il Liberale (el Liberal), ma anche il Franco (el Franc)), Alfonso anche in spagnolo, Alfons in catalano, Alifonso in aragonese e Adefonsus o Alfonsus in latino, (Valencia, 4 novembre 1265 – Barcellona, 18 giugno 1291), fu Re Alfonso III di Aragona, Alfonso I di Valencia e Conte Alfonso II di Barcellona e delle altre contee catalane (1285-1291). Dal 1286 fu anche re Alfonso I di Maiorca.

Origine
Figlio primogenito del re d'Aragona, di Valencia e conte di Barcellona e altre contee catalane, Pietro III il Grande e di Costanza di Sicilia[4], figlia del re di Sicilia Manfredi (figlio illegittimo dell'imperatore Federico II di Svevia) e di Beatrice di Savoia (1223–1259).

Biografia
Secondo la Cronaca piniatense, Alfonso era il figlio primogenito dei tre figli maschi ancora in vita (gli altri due erano Giacomo e Federico; mentre l'ultimogenito, Pietro, era morto giovane) di Pietro e di Costanza.
Alfonso, il 15 agosto 1290, sposò, per procura, Eleonora d'Inghilterra, figlia del re d'Inghilterra Edoardo I e di Eleonora di Castiglia, dopo circa quattro anni di fidanzamento (il contratto era stato stipulato, nel 1286). Il matrimonio non fu mai consumato, in quanto Edoardo I rifiutò di mandare la figlia Eleonora in Aragona, finché il re Alfonso III e tutti i suoi parenti erano colpiti dall'interdetto papale, per la mancata restituzione della Sicilia agli angioini.
Nel 1285 ricevette incarico dal padre, Pietro III il Grande, di conquistare il regno di Maiorca, togliendolo allo zio, il re di Maiorca Giacomo II, che aderendo alla crociata indetta da papa Martino IV, nel 1284 e nel giugno-settembre del 1285, aveva dato aiuto, nei suoi possedimenti francesi, all'esercito del re di Francia Filippo l'Ardito.
Alla morte del padre, nel novembre del 1285, in quanto figlio maggiore gli succedette sul trono di Aragona e di Valencia e nelle contee catalane, mentre il secondogenito, Giacomo il Giusto gli succedette sul trono di Sicilia, anche se il padre sul letto di morte aveva rinunciato a quel regno (di Sicilia).
Nel corso del 1286, portò a termine l'incarico ricevuto dal padre e oltre a Maiorca conquistò anche l'isola delle Pitiuse, Ibiza. Poi passò all'isola di Minorca e, nel 1287, portò a compimento la conquista dell'isola, tolta all'emiro Abû'Umar, vassallo prima di Giacomo I e poi di Giacomo II, accusato di essersi alleato con gli Angioini e poi coi crociati francesi. Minorca fu ripopolata con popolazioni catalane (secondo il cronista Raimondo Muntaner de bona gent de catalans).
In politica interna dovette subire la ribellione a più riprese dell'aristocrazia aragonese, che si sentiva trascurata dalla monarchia che per le sue imprese si poggiava più sulla borghesia mercantile catalana, così dopo le cortes, del 1286, di giugno a Saragozza e di ottobre a Huesca Alfonso, prima dovette concedere dei privilegi all'Unione Aragonese, nel 1287; poi, dovette reprimere delle ribellioni e dopo la riunione delle cortes del 1289, a Monzón, Alfonso riuscì ad ottenere, con l'aiuto di catalani e valenziani, un potere della corona d'Aragona, più rafforzato e centralizzato, a scapito soprattutto della nobiltà aragonese.
Dato che il re di Castiglia, Sancho IV, aveva preso posizioni sempre più filofrancesi, nel settembre del 1288, a Jaca partecipò alla proclamazione di Alfonso de la Cerda (figlio di Ferdinando de la Cerda, primogenito, premorto al padre, nel 1275, del re di Castiglia, Alfonso X il Saggio, a sua volta morto nel 1284, che assieme al fratello Ferdinando erano detti gli infanti de la Cerda, a cui il re di Aragona, suo padre, Pietro III di Aragona aveva dato asilo) a re di Castiglia, che portò i due regni di Castiglia e di Aragona ad una guerra di frontiera, con battaglie nell'aprile e luglio del 1289, settembre del 1290 e febbraio del 1291.
In politica estera, dato che teneva prigioniero in Aragona il capo della casa angioina, il re di Napoli, Carlo lo Zoppo, Alfonso III ricevette le varie delegazioni (papato, Francia ed Inghilterra) che ne sollecitavano la liberazione (anche la moglie Eleonora lo sollecitava a liberarlo). Dopo che un primo accordo, preso ad Oléron, nel 1287, fu bocciato dal Papa Nicola IV, il 27 ottobre 1288 a Canfranc, nel nord dell'Aragona, fu trovato l'accordo e Carlo II venne liberato in cambio dei tre figli che rimasero in ostaggio al suo posto. Dato che la guerra in Sicilia riprese Alfonso inviò l'ammiraglio Ruggero di Lauria in aiuto del fratello, il re di Sicilia, Giacomo il Giusto (futuro re d'Aragona). Nel febbraio del 1291, a Tarascona, riuscì a fare la pace col papato (che continuava a sostenere Carlo di Valois come re d'Aragona) e la Francia: disconobbe i diritti del fratello Giacomo sulla Sicilia[1] ed in cambio Carlo di Valois rinunciò ai diritti sul regno d'Aragona, ottenendo le contee d'Angiò e del Maine insieme alla mano di Margherita, figlia di Carlo II lo Zoppo di Napoli, che avrebbe dovuto rientrare in possesso della Sicilia, ora che Giacomo il Giusto non aveva più l'appoggio del regno d'Aragona.
Ancora secondo la Cronaca piniatense[5] Alfonso III morì all'improvviso, a 27 anni, il 18 giugno del 1291 e fu tumulato nel convento dei frati minori di Barcellona[1]
Alfonso, dato che non aveva discendenza, lasciò i regni di Aragona, Valencia e Maiorca al fratello Giacomo, che, nelle disposizioni di Alfonso, avrebbe dovuto lasciare il regno di Sicilia al terzo fratello Federico.

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Ruggiero di Lauria

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Ruggiero di Lauria (Lauria o Scalea, 17 gennaio 1250 – Cocentaina, 19 gennaio 1305) è stato un ammiraglio italiano, al servizio dei sovrani aragonesi, fra i più celebri del suo tempo.

Biografia
È il figlio di Riccardo di Lauria, signore dell'omonimo feudo e fedele servitore di Manfredi di Svevia, e di Donna Bella, nutrice di Costanza di Hohenstaufen e sorella di Guglielmo Amico. Suo padre, Riccardo, possiede feudi in Calabria ed è signore di Scalea nell'anno della sua morte, avvenuta durante la battaglia di Benevento (1266); si racconta, perciò, anche in virtù dei possedimenti terrieri in Calabria, che Ruggiero sia in realtà nato nel castello normanno o nel palazzotto d'Episcopio di Scalea, anziché a Lauria, così come risulterebbe anche da un documento latino conservato, ma mai trovato, negli archivi della Corona d'Aragona (a Barcellona), che lo stesso Ruggiero avrebbe inviato personalmente al re Giacomo II.
Nel 1266, dopo le morti del padre e dell'ultimo re di Sicilia, Manfredi, avvenute nel campo di battaglia di Benevento, la dinastia sveva vive momenti difficili che culmineranno, due anni più tardi, con la decapitazione del sedicenne imperatore Corradino di Svevia per volontà di Carlo I d'Angiò. Si è perciò rifugiato, nel frattempo, a Barcellona con altri esuli siciliani vivendo con la madre Bella alla corte della regina Costanza, consorte dell'infante e futuro re Pietro III d'Aragona, nonché figlia di Manfredi e cugina di Corradino. È armato cavaliere da don Pietro d’Aragona, così come lo è anche Corrado Lancia[2], che parteciperà a molte imprese insieme a Ruggiero e di cui diverrà, più tardi, due volte cognato (entrambi sposeranno l'uno la sorella dell'altro). Nel corso della sua turbolenta esistenza serve i re d'Aragona Pietro III e Giacomo II (rispettivamente re di Sicilia coi nomi di Pietro I e Giacomo I) e il re di Sicilia Federico III, riportando numerose vittorie contro le flotte degli Angioini.
È il 1282 quando viene nominato capo della flotta del regno aragonese di Sicilia, insorta contro gli Angioini durante i Vespri Siciliani.
Nella notte tra il 3 e 4 settembre 1285 sconfigge Filippo III di Francia l'Ardito, che ha mosso ormai da due anni una crociata contro la Corona d'Aragona, nella battaglia navale delle Formiche, presso Roses, in Catalogna.
Nel 1284 e poi nel 1287 nelle battaglie navali del golfo di Napoli si scontra con la flotta angioina comandata da Carlo II d'Angiò lo Zoppo: nella prima battaglia del 5 giugno 1284 viene fatto prigioniero il principe ereditario Carlo che è poi liberato solo nel novembre del 1288; nella seconda battaglia l'ammiraglio sconfigge definitivamente i nemici, sebbene sia dotato solamente di quaranta navi contro le ottanta degli avversari; garantisce così la supremazia della flotta siculo-catalana nel Mediterraneo occidentale. Dopo la seconda vittoria, Ruggiero, senza l'autorizzazione del re e solo per avidità, vende una tregua al conte Roberto II d'Artois e al cardinale Gerardo Bianchi da Parma. I siciliani disapprovano questa tregua perché la ritengono inutile e dannosa; secondo loro, la vittoria, favorita dalla vacanza della Santa Sede, avrebbe scoraggiato definitivamente gli angioini da ulteriori rivendicazioni del loro territorio.
Eletto re di Sicilia nel 1296, Federico III toglie il fondo di Aci ed il relativo castello ai vescovi di Catania e lo concede all'ammiraglio come premio per le sue imprese militari. Però tra il giovane sovrano e Ruggiero si instaura subito un pessimo rapporto e quando quest'ultimo passa dalla parte degli angioini, il re fa espugnare il castello (1297) entro il quale si sono asserragliati i ribelli. Per riuscire nell'impresa il re fa costruire una torre mobile in legno, chiamata cicogna, che è alta quanto la rupe lavica e che ha un ponte alla sommità per rendere agevole l’accesso al castello. In seguito Ruggiero si trincera a Castiglione di Sicilia, suo feudo e residenza estiva, dove viene assediato e quindi sconfitto. Ruggiero è arrestato, ma fugge da Palermo e abbandona la Sicilia. I suoi numerosi possedimenti in Sicilia, Calabria e Africa sono subito confiscati da parte di Federico III.
Il 4 luglio 1299, a capo di un'armata angioina composta di quaranta galee, rafforzata da altre trenta, inviate da Giacomo II appositamente dalla Catalogna per far fronte agli impegni presi con il papa Bonifacio VIII quattro anni prima nel Trattato di Anagni, sconfigge i siciliani nella battaglia di Capo d'Orlando. Nello scontro periscono e sono catturati più di seimila uomini e ventidue galee della flotta avversaria; nonostante ciò, Federico III riesce a sfuggire alla cattura. Si ritiene molto verosimilmente che la sua fuga sia stata agevolata da Giacomo e da Ruggiero di Lauria, ossia dagli stessi che fin ad allora sono stati suoi nemici in battaglia, per evidenti ragioni affettive del fratello e per la fedeltà riposta nei confronti di quest'ultimo da parte dell'ammiraglio lauriota.
Il 14 giugno 1300, nella battaglia di Ponza, Ruggiero sconfigge la flotta di Federico III, catturando il sovrano e Palmiero Abate. Il re riesce a fuggire, mentre Palmiero muore in prigionia. Il 31 agosto del 1302, con la pace di Caltabellotta che chiude la lunga guerra del Vespro, Ruggiero fa atto di sottomissione a Federico di Sicilia, che perciò gli rende i possedimenti confiscati.
Si ritira nella Catalogna e muore a Cocentaina, presso Valencia, nel gennaio del 1305.

Titoli
Ruggiero, poté fregiarsi dei titoli di Signore di Lauria, Signore di Lagonegro (dal 1297), Signore di Ravello, Signore di Maratea, Signore di Castelluccio, Signore di Rotonda, Signore di Papasidero, Signore di Laino (dal 1301), Ammiraglio del Regno di Aragona e Sicilia, Grande Ammiraglio di Carlo II d'Angiò, Signore di Gerba e Kerkennah (carica che gli fu conferita da papa Bonifacio VIII l'11 agosto 1295), Signore di Castellammare (titolo assegnatogli da Carlo II il 22 febbraio 1301) e Barone di Cocentaina.

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Giacomo II di Aragona

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Giacomo d'Aragona detto il Giusto (Valencia, 10 agosto 1267 – Barcellona, 2 novembre 1327) fu Re Giacomo II di Aragona, di Valencia e Conte di Barcellona (1291-1327). Dal 1285 al 1296 fu anche re di Sicilia come Giacomo I. Dal 1291 al 1298 governò il regno di Maiorca, mentre fu Re di Sardegna dal 1324 al 1327.

Origine
Figlio secondogenito del re d'Aragona, di Valencia e conte di Barcellona e altre contee catalane, Pietro III il Grande e di Costanza di Sicilia, figlia del re di Sicilia Manfredi (figlio illegittimo dell'imperatore Federico II di Svevia) e di Beatrice di Savoia (1223–1259).

Biografia
Secondo la Cronaca piniatense[6], Giacomo era il figlio secondogenito dei tre figli maschi ancora in vita (gli altri due erano Alfonso, il figlio primogenito e Federico; mentre l'ultimogenito, Pietro, era morto giovane) di Pietro e di Costanza[2]. Confermato anche nella Historia Sicula (Alfonsus, Elisabeth regina Portugalli…Rex Iacobus, Dominus Fridericus, domina Violanta et dominus Petrus) di Bartolomeo di Neocastro e nella Cronaca (Alfonse, Jacques, Frédéric et Pierre) di Ramon Muntaner[2].

Alla morte del padre, nel novembre del 1285, il secondogenito, Giacomo il Giusto gli successe sul trono di Sicilia come Giacomo I[2], mentre, in quanto figlio maggiore, Alfonso III gli successe sul trono di Aragona e di Valencia e nelle contee catalane. Il regno di Sicilia per la verità era diviso in due regni, quello di Napoli, sul continente e quello di Sicilia, che poi diverrà di Trinacria, sull'isola, ed era in stato di guerra permanente; Giacomo, raggiunta la Sicilia dove già si trovava la madre, Costanza, che la governava per conto del marito Pietro, aveva ricevuto in aiuto dal fratello, Alfonso, la flotta del Regno di Sicilia, al comando dell'ammiraglio Ruggero di Lauria, per cui aveva la superiorità assoluta in campo marittimo, infatti il 23 giugno del 1287, Lauria aveva sconfitto la flotta napoletana, a Castellamare, impadronendosi di 42 galere, mentre lo stesso giorno Giacomo aveva sventato un attacco contro Augusta.

Dopo che un primo accordo, preso ad Oléron, nel 1287, fu bocciato dal Papa Nicola IV, il 27 ottobre 1288 a Canfranc, nel nord dell'Aragona, fu trovato un accordo che mantenendo lo status quo nel regno di Sicilia, prevedeva la liberazione del re di Napoli, Carlo II lo Zoppo, ancora prigioniero in Aragona, in cambio dei suoi tre figli che dovevano rimanere in ostaggio al suo posto. Dopo che Carlo II venne liberato ed incoronato, Re di Sicilia, dal papa a Rieti, il 19 giugno del 1289, il papa annullò gli impegni presi a Canfranc e riprese la guerra in Sicilia contro Giacomo il Giusto. Nell'agosto dello stesso anno, però a causa dei mamelucchi che minacciavano Acri, fu siglata una tregua di due anni.

Nel febbraio del 1291, a Tarascona, suo fratello Alfonso fece la pace col papato e la Francia, che smettevano di sostenere Carlo di Valois come re d'Aragona, ed in cambio disconosceva i diritti di Giacomo sulla Sicilia che doveva ritornare agli angioini, cioè a Carlo II di Napoli, lasciando così Giacomo senza più l'appoggio del regno d'Aragona.

Ma il 19 giugno di quello stesso anno 1291, il fratello Alfonso III morì improvvisamente lasciando l'Aragona, Valencia, la Catalogna ed il governo di Maiorca a Giacomo e disponendo che la Sicilia andasse al terzo fratello Federico; Giacomo divenne sovrano della corona d'Aragona, come Giacomo II e si fece incoronare a Saragozza nel mese di luglio, come successore di Pietro III e si tenne il regno di Sicilia. Il fratello Federico fu inviato in Sicilia come governatore, dove raggiunse la madre, Costanza. Il governo della Sicilia di Giacomo fu breve, ma fu buono, dando sviluppo alla vita parlamentare, a cui partecipavano i componenti dei tre Stati, e per gli statuti concessi dal re, inoltre portò prosperità all'isola, dovuto soprattutto alla potenza marinara che sviluppò i commerci.
La situazione politica internazionale, nel luglio 1291, era tornata allo stato antecedente all'accordo di Tarragona e Giacomo voleva porre fine alla situazione che vedeva l'Aragona in perenne lotta contro il papato la Francia e la Castiglia (l'Aragona sosteneva Alfonso de la Cerda, pretendente al trono di Castiglia contro l'attuale re, Sancho IV), per cui si era resa necessaria un nuovo trattato da rinegoziare col papato e con la Francia.
Il 1º dicembre 1293, Giacomo sposò a Soria, Isabella di Castiglia, figlia primogenita del re di Castiglia e León, Sancho IV e di Maria di Molina[7]. Altre fonti riportano una data di matrimonio anticipata di due anni (1291[8]).
Data la giovane età della sposa il matrimonio non fu consumato[2].
Il 25 aprile del 1295, il suocero di Giacomo, Sancho IV, morì e Isabella fu rinviata in Castiglia perché Giacomo preferì cambiare alleanza, riuscì ad ottenere l'annullamento, per consanguineità[2].

La situazione politica si sbloccò dopo l'elezione al papato, il 23 dicembre 1294, di Bonifacio VIII, che, elaborando la proposta del suo predecessore, papa Celestino V, ad Anagni, il 12 giugno del 1295 stipulò con Giacomo e con Carlo II d'Angiò il Trattato di Anagni. Con questo accordo, Giacomo, oltre a restituire i tre figli di Carlo II che aveva in ostaggio da circa sette anni acconsentì a consegnare la Sicilia al papa, che a sua volta l'avrebbe riconsegnata agli angioini, in cambio dei regni di Sardegna e di Corsica[2], se li avesse saputi conquistare, e avrebbe sposato Bianca di Napoli, la figlia di Carlo II d'Angiò, ed inoltre Federico, il governatore della Sicilia sarebbe stato compensato dal matrimonio con l'erede dell'impero d'oriente, Caterina Courtenay, figlia dell'imperatore titolare Filippo I di Courtenay e Beatrice d'Angiò. Infine il trattato prevedeva la riconsegna del regno di Maiorca, vassallo della Corona d'Aragona, allo zio di Giacomo, Giacomo II di Maiorca[2].
Il fratello, Federico, amareggiato, anche perché Giacomo non aveva ottemperato al testamento di Alfonso III, rifiutò e si schierò con i Siciliani che, sentendosi traditi dal nuovo re Aragonese, dichiarato decaduto Giacomo, lo elessero al trono di Sicilia[2]. L'undici dicembre 1295 il Parlamento siciliano riunito a Palermo proclamò Federico III Re di Sicilia, e riconfermò la scelta il 15 gennaio 1296 al Castello Ursino di Catania. L'incoronazione ufficiale avvenne il 25 marzo del 1296 nella Cattedrale di Palermo.
Il 1º novembre del 1295, come risulta dalla Cronaca piniatense[6], in ottemperanza al trattato di Anagni, a Vilabertran (Alt Empordà), nel nord della Catalogna, Giacomo sposò Bianca di Napoli (1280-1310), figlia del re di Napoli, Carlo lo Zoppo e di Maria D'Ungheria, figlia - forse primogenita - di Stefano V d'Ungheria e di sua moglie, la regina Elisabetta dei Cumani[9][10]

La clausola del Trattato di Anagni in cui Bonifacio VIII suggeriva a Giacomo II d'Aragona di rispettare il volere del nonno Giacomo I e restituire il regno di Maiorca allo zio, Giacomo II di Maiorca ebbe attuazione, nel 1298, col trattato di Argilers: Giacomo II di Maiorca, richiamandosi al trattato di Perpignano, del 1279, si riconobbe vassallo del re d'Aragona, Giacomo II il Giusto e quindi rientrò in possesso del regno di Maiorca.

Secondo il Chronicon Domini Joannis Emmanuelis Giacomo (Rex Aragonum), nel 1297, catturò la Murcia (Regnum Murciæ) e invase la Castiglia[2].

Dato che il fratello, Federico, aveva preso l'iniziativa e non solo conservava la Sicilia ma aveva portato la guerra nel napoletano, Bonifacio VIII, agli inizi del 1297, convocò a Roma sia Giacomo che Carlo II e li spronò a riconquistare la Sicilia secondo il trattato di Anagni; dovettero abbandonare la Sicilia, per ordine di Giacomo, sia Giovanni da Procida che Ruggero di Lauria, che divenne ammiraglio della flotta alleata antisiciliana ed alla fine anche la regina madre Costanza dovette abbandonare il figlio prediletto Federico e raggiungere Giacomo a Roma. Giacomo intervenne, a fianco degli Angioini, contro il fratello Federico[2] ed i Siciliani e con la sua flotta aragonese affiancata da quella napoletana, a Capo d'Orlando, nel luglio del 1299, sconfisse Federico che si riuscì a salvare con solo 17 galee. Giacomo, l'anno dopo, visto che il fratello continuava a resistere, fece ritorno in Aragona. La guerra dei Vespri Siciliani terminò con un compromesso[2], noto come la pace di Caltabellotta: il 31 agosto del 1302, probabilmente nel castello del Pizzo, a Caltabellotta si firmò il trattato di pace, che prevedeva che Federico III mantenesse il potere sulla Sicilia col titolo di Re di Trinacria (quello di Sicilia spettava solo al re di Napoli) fino alla sua morte, dopo la quale l'isola sarebbe dovuta passare nuovamente agli Angiò. Inoltre sanciva l'impegno che Federico sposasse Eleonora, sorella del duca di Calabria Roberto e figlia di Carlo II.

Nel 1300, Giacomo fu il fondatore dell'università di Lérida, rilasciando un documento di costituzione, confermato da una bolla di papa Bonifacio VIII, i cui statuti riproducevano esattamente l'antico codice dell'università più prestigiosa, quella di Bologna.

Nel 1300, Giacomo attaccò la Murcia per riprendersi i territori che spettavano all'Aragona, secondo il trattato di Almizra del 1244 tra Giacomo I di Aragona e Alfonso X di Castiglia che confermava il trattato, del 1179, siglato tra Alfonso VIII di Castiglia ed Alfonso II d'Aragona, a Cazorla. Nel 1304 Giacomo II ed il re di Castiglia, Ferdinando IV trovarono un accordo, conosciuto come Sentencia Arbitral de Torrellas, siglato ad Ágreda[2] e confermato l'anno seguente (1305) col trattato di Elche, dove la Murcia veniva confermata alla Castiglia, mentre le città di Orihuela, Elche, Caudete, Elda e Alicante, a nord del fiume Segura[2], passavano al regno di Valencia, che faceva parte della corona d'Aragona, mentre Cartagena veniva restituita alla Castiglia.
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Trattato di Anagni

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Il Trattato di Anagni fu un trattato di pace stipulato il 12 giugno del 1295 fra Giacomo II di Aragona il Giusto e Carlo II d'Angiò lo Zoppo, figlio di Carlo I d'Angiò e suo successore al trono, a seguito della contesa tra angioini e aragonesi sull'eredità degli Hohenstaufen.

Istituzione del regno di Sardegna e Corsica
Con questo compromesso, che fu avviato su proposta del Papa Celestino V e concluso dal Papa Bonifacio VIII, Giacomo II il Giusto acconsentì di restituire alla Chiesa il Regno di Sicilia ritirandosi definitivamente dai Vespri siciliani. In cambio il papa gli avrebbe tolto la scomunica e accordato la licentia invadendi, ossia il consenso papale a conquistare la Sardegna e la Corsica e dare così origine al Regno di Sardegna e Corsica. Il trattato prevedeva l'unione di Giacomo II con Bianca d'Angiò figlia del re Carlo e sorella di Roberto d'Angiò ed il matrimonio di quest'ultimo con Iolanda d'Aragona, figlia di Pietro III d'Aragona e sorella a sua volta di Giacomo II stesso. Inoltre il trattato prevedeva la remissione in libertà degli angioini catturati.

Infeudazione del regno di Sardegna e Corsica
La cerimonia di investitura si svolse nella Basilica di San Pietro a Roma il 4 aprile 1297. A tal proposito lo storico Francesco Cesare Casula scrive:

« Quel giorno, Giacomo II il Giusto ricevette dalle mani del pontefice la simbolica coppa d'oro che lo faceva, di nome, Dei gratia rex Sardiniae et Corsicae. L'atto di infeudazione, datato 5 aprile 1297, (uguale a quello concesso a Perugia nel 1265 da Clemente IV a Carlo I d'Angiò per il regno di Sicilia) era di tipo ligio, e specificava che il regno - non le isole fisiche - apparteneva alla Chiesa che l'aveva istituito, che era dato in perpetuo ai re della Corona di Aragona in cambio del giuramento di vassallaggio, del servizio di cinquecento fanti e cento cavalieri, del pagamento di duemila marchi di argento. Le condizioni, sotto pena di reversibilità (regnum ipsum ad Romanam Ecclesiam integre et libere revertatum), erano che il regno non potesse essere mai diviso (regnum ipsum Sardiniae et Corsicae nullatenus dividatis) e che i suoi re fossero sempre gli stessi che regnavano in Aragona (quod unus et idem sit rex regni Aragonum et regni Sardiniae et Corsicae) »
(Francesco Cesare Casula, Breve storia di Sardegna, pag 178).

Pace di Caltabellotta
Non ci fu però tregua fra le due casate e i baroni siciliani la rifiutarono (il Parlamento Siciliano lo rifiuto'), eleggendo re il fratello di Giacomo, Federico III d'Aragona. La guerra che ne seguì si chiuse con la definitiva separazione della Sicilia (ora Regno di Trinacria) dal Regno di Napoli (ancora Regno di Sicilia) e in base alla pace di Caltabellotta (1302) gli Angioini persero definitivamente l'isola.

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Costanza d'Aragona

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Costanza d'Aragona (Saragozza, 1240 – 1269) è stata una principessa aragonese e signora consorte di Villena.

Biografia
Era figlia del re Giacomo I d'Aragona e della seconda moglie la principessa Iolanda d'Ungheria.
Suo padre aveva già creato un'alleanza matrimoniale con il confinante Regno di Castiglia dando Violante d'Aragona in sposa all'erede al trono di Castiglia Alfonso. La continua guerra per la Reconquista, che vedeva impegnati entrambi i regni, spinse i rispettivi sovrani a contrattare un secondo matrimonio per unirli ancora di più nella comune causa. Fu così che Costanza venne data in moglie all'infante Manuele di Castiglia, figlio del defunto re Ferdinando, che sposò a Soria nel 1260.
Con il matrimonio Costanza divenne signora di Escalona, Penafiel e Villena.
Diede al marito due figli:
Alfonso (1261-1276), fatto sposare nel 1266 ancora bambino con Guilemette figlia del Visconte Gastone de Bearn;
Violante (?-Lisbona, 1314), data in sposa nel 1287 all'infante Alfonso di Portogallo.
Costanza morì nel 1269. Suo marito si risposò nel 1274 con Beatrice di Savoia, figlia di Amedeo IV di Savoia.

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Corona d'Aragona

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Corona d'Aragona (o Impero aragonese) fu il nome dato all'insieme dei regni e territori soggetti alla giurisdizione dei re di Aragona dal 1134 al 1714. Nata dall'unione dinastica tra il Regno d'Aragona e la Contea di Barcellona, la Corona d'Aragona venne accresciuta nei secoli di altri territori: i regni di Maiorca, Valencia, Napoli, Sicilia, Sardegna, Contea di Provenza, nonché i ducati di Atene e di Neopatria.

Storia
L'unione dei territori della contea di Barcellona e del regno d'Aragona avvenne grazie al matrimonio di Ramon Berenguer IV, conte di Barcellona, con Petronilla d'Aragona (1137). Da quel momento i due territori, pur essendo autonomi, confluirono in unione personale nella figura dei re di Aragona ed andarono a formare la cosiddetta "Corona d'Aragona". Il figlio di Ramon Berenguer IV e Petronilla, Alfonso II, ereditò entrambi i titoli, che furono assunti da tutti i suoi successori. Ciononostante, l'unione personale comportò il rispetto delle istituzioni preesistenti e dei parlamenti di entrambi i territori.
Dopo la perdita d'influenza della Corona d'Aragona in Occitania, a seguito della battaglia di Muret, il re Giacomo I, detto il Conquistatore, diede inizio nel XIII secolo all'espansione del regno verso il Mediterraneo e il levante peninsulare nell'ambito della Reconquista, riuscendo a strappare agli arabi Maiorca e buona parte dell'attuale Comunità Valenziana. Valencia fu dichiarata capitale di un neocostituito regno dallo stesso nome e dotata di proprie istituzioni, cosicché fu il terzo stato ad entrare nella Corona d'Aragona. L'isola di Maiorca, assieme alla Cerdagna, al Rossiglione e alla città di Montpellier, vennero ceduti a suo figlio Giacomo col nome di Regno di Maiorca, per poi essere reincorporati in un secondo tempo, nel 1349.
Seguendo una strategia comune agli altri regni della penisola iberica, i re d'Aragona dotarono i regni della Corona di leggi e fueros (consuetudini) proprie, al fine di limitare l'influenza della nobiltà e garantire una maggiore fedeltà alla monarchia.
L'espansione aragonese nel Mediterraneo accrebbe la Corona d'Aragona di nuovi territori: la Sicilia (1282), i Ducati di Atene (1311) e Neopatria (1319), e la Sardegna fra il 1323 e il 1448, nonché, nel 1443, il Regno di Napoli. Data la lontananza geografica dall'Aragona, questi territori non vennero assoggettati ad un governo centrale, bensì affidati alle élites locali. Nei possedimenti italiani il controllo aragonese fu quindi spesso nominale, di natura più economica che politica.
Nel 1410 il re Martino I morì senza discendenti: in seguito al Compromesso di Caspe, Ferdinando d'Antequera (della dinastia castigliana dei Trastamara) fu incoronato col titolo di Ferdinando I d'Aragona. Più avanti, suo nipote Ferdinando II riacquistò la Catalogna del Nord (fra cui anche il Rossiglione), che era passata alla Francia, e il Regno di Navarra, che pur essendosi da poco unito alla Corona d'Aragona era stato perso per via di dispute dinastiche interne.
Ferdinando II sposò nel 1469 l'infanta Isabella di Castiglia, creando i presupposti per la futura unione dei due regni. Tuttavia, all'epoca, sia la Castiglia che l'Aragona rimasero entità statuali autonome, ciascuno dotato di proprie istituzioni, parlamenti e leggi tradizionali.
La Corona d'Aragona e quella di Castiglia passarono successivamente agli Asburgo (Carlo V di Spagna, detto Carlo I in Aragona, era nipote dei Re cattolici), che le riunirono sotto la Corona di Spagna (anche in questo caso le istituzioni delle due Corone, rimaste distinte, non persero la propria validità). All'estinzione della linea degli Asburgo di Spagna (1700), anche la Corona d'Aragona rimase senza titolari. Scoppiò quindi la guerra di successione spagnola (1701-1713), che vide la vittoria del pretendente borbonico, Filippo d'Angiò, salito al trono col nome di Filippo V di Spagna.
Appena consolidato il proprio potere, Filippo V trasformò la Spagna in una monarchia centralizzata ed emanò i decreti di Nueva Planta, per effetto dei quali le terre della Corona d'Aragona (che si erano schierate a favore dell'altro pretendente al trono durante la guerra di successione) vennero private di tutte le istituzioni e legislazioni tradizionali per essere sottomesse ad un'amministrazione spagnola unita. A partire da questo momento la Corona d'Aragona cessò formalmente di esistere.

Araldica Stemma d'Aragona
Le "Barre d'Aragona" (in spagnolo Barras de Aragón) sono l'antico simbolo araldico dei re della Corona d'Aragona. In catalano vengono chiamate la senyera ("le quattro barre" o i quattro pali).
Sono composte da quattro frange verticali rosse su fondo dorato o giallo. La descrizione corretta in araldica è: d'oro a quattro pali di rosso.

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Giacomo I d'Aragona

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Giacomo I d'Aragona, detto il Conquistatore (el Conqueridor), Chaime in aragonese, Jaume in catalano (Montpellier, 1 febbraio 1208 – Valencia, 27 luglio 1276), fu re di Aragona e conte di Barcellona (1213-1276), re di Valencia (1238-1276) e di Maiorca (1230-1276), signore di Montpellier e Carladès (1219-1276) e di altri feudi dell'Occitania (1219-1258).

Origine
Figlio del re d'Aragona e conte di Barcellona, Gerona, Osona, Besalú, Cerdanya e di Rossiglione, Pietro II il Cattolico e di Maria di Montpellier, figlia del signore di Montpellier Guglielmo VIII.

Biografia
Secondo la Cronaca piniatense[4], Giacomo era il figlio di Pietro II il Cattolico di Aragona e di Maria di Montpellier (la filla del noble princep Don Guillem de Montpeller…Maria, nieta del Emperador de Costantin noble) e secondo una cronaca in occitano, trovata nei documenti del conte di Tolosa, Raimondo il Giovane, Giacomo era nato, nel febbraio 1208, il primo o il 22.
Secondo un'altra fonti invece era nato il 2 agosto 1207.
Nel 1209, suo padre Pietro II era entrato in possesso della contea di Urgell, dopo la morte del conte, Ermengol VIII de Urgell (1158-1209), senza eredi maschi, a nome del figlio Giacomo, fidanzato con la figlia di Ermengol, la contessa d'Urgell, Aurembiaix de Urgell[5] (1192/1196-1231). Poco dopo però il fidanzamento venne cancellato.
Dopo che la (crociata albigese), indetta da papa Innocenzo III, nell'agosto del 1209, aveva conquistando Béziers e Carcassonne, e il comando militare era stato affidato a Simone di Montfort, che governò le due città in nome del re di Aragona, Pietro II, Giacomo fu condotto a Carcassonne e affidato a Simone di Monfort.

Giovinezza e inizio del Regno
Alla morte del padre, nel 1213, a Muret (battaglia di Muret), dove Pietro II difendeva i suoi vassalli occitani, Giacomo, che era a Carcassonne venne trattenuto nella contea occitana (di fatto Giacomo era prigioniero) da Simone IV di Montfort, leader della crociata contro i Catari e nemico giurato degli Occitani. Giacomo venne riconsegnato agli Aragonesi, nel 1214, solo dopo varie pressioni del Papa Innocenzo III.
Durante la sua infanzia rimase sotto la tutela dei Cavalieri templari, il cui gran Maestro era Guglielmo di Montredò, nel castello di Monzón. Ebbe come reggente il Conte di Rossiglione, Sancho Raimúndez, prozio di Giacomo e figlio del Conte di Barcellona, Ramón Berenguer IV.
Aveva sei anni quando prestò giuramento alla Corte di Lleida nel 1214. Nel settembre del 1218 si celebrò per la prima volta a Lleida una Corte Generale tra Aragonesi e Catalani, nella quale venne dichiarato già maggiorenne. Ereditò la Signoria di Montpellier alla morte della madre nel 1219.
Il 6 febbraio del 1221, ad Ágreda (Soria) si sposò con Eleonora di Castiglia (1202-1244), figlia del re di Castiglia Alfonso VIII e di Eleonora Plantageneta (seconda figlia femmina legittima di Enrico II Plantageneto re d'Inghilterra e della duchessa Eleonora d'Aquitania), quindi sorella di Berenguela e zia di Ferdinando III di Castiglia. Il matrimonio fu annullato, nel 1229, per consanguineità.
Durante i primi quindici anni del suo regno, turbato dalle mire ambiziose di molti nobili (desiderosi di affermare la propria indipendenza) e di membri della famiglia reale (desiderosi di impadronirsi della corona), Giacomo combatté diverse lotte contro la nobiltà aragonese che lo fece addirittura prigioniero nel 1224. Nel 1227 affrontò una nuova rivolta nobiliare degli Aragonesi, diretta contro l'infante Ferdinando (o Ferrante, che si ritirò nel Monastero di Santa Maria di Poblet), zio del re, che finì grazie all'intervento del papa attraverso l'arcivescovo di Tortosa, con la firma del concordato di Alcalá nel marzo del 1227. Questo trattato segnò il trionfo della monarchia sui nobili ribelli, dando la stabilità necessaria per cominciare le campagne contro i musulmani. Questa stabilità pose fine alle lotte intestine della nobiltà aragonese.
Nel 1231, Giacomo I firmò il trattato di Tudela col re di Navarra, Sancho VII che prevedeva che colui che fosse sopravvissuto avrebbe occupato il regno dell'altro re. Ma quando, nel 1234, il re Sancho VII morì, Giacomo I non pretese l'applicazione del trattato ed i navarresi si scelsero come re il nipote di Sancho, Tebaldo IV di Champagne.

La Conquista di Maiorca
Per porre fine alla minaccia dei pirati di Maiorca, i mercanti di Barcellona, Tarragona e Tortosa chiesero aiuto a Giacomo I. In una riunione delle cortes, a Barcellona, nel dicembre del 1228 i catalani gli offrirono le proprie navi, mentre i nobili si accordarono per partecipare all'impresa in cambio di parte del bottino e dei domini territoriali da conquistare. In un'altra riunione a Lleida, i nobili aragonesi accettarono le stesse condizioni, ma consigliarono al sovrano di dare la precedenza alla lotta contro i musulmani di Valencia, questo fece sì che la loro partecipazione alla battaglia contro i maiorchini non fosse significativa.
Alla campagna per la conquista di Maiorca partecipò così solo una piccola guarnigione di nobili aragonesi, l'impresa fu quindi merito principalmente dei catalani, che poi furono coloro che in maggioranza vi si sarebbero stabiliti. Nel 1229, le forze catalane partirono da Salou per andare contro le armate di Abū Yahya, il governatore almohade semi-indipendente dell'isola.
Le truppe catalano-aragonesi sbarcarono a Santa Ponsa e sconfissero i musulmani nella Battaglia di Portopi il 13 settembre 1229. L'isola venne conquistata in pochi mesi (Giacomo I entrò nella capitale dell'isola il 31 dicembre del 1229, dopo un prolungato assedio), solo un piccolo nucleo di resistenza musulmana permase fino al 1232. Le popolazioni musulmane dell'isola fuggirono in Africa o vennero fatti schiavi, Maiorca venne ripopolata dai catalani, soprattutto della Catalogna settentrionale (l'attuale Rossiglione, francese).
Dopo aver sterminato gli abitanti di Medina Mayurqa, la quantità di cadaveri fu tale da produrre un'epidemia che dimezzò l'esercito di Giacomo I. Inoltre i nobili catalani tentarono di tenersi tutto il bottino, provocando una rivolta che indebolì ulteriormente il potere militare del sovrano aragonese. Il Regno di Maiorca venne annesso alla corona di Aragona sotto il nome di regnum Maioricarum et insulae adyacentes, ottenendo la carta di franchigia nel 1230, dopo aver deposto il wali Abu Yahya Hiqem.
L'istituzione nel 1249 del comune di Maiorca (l'attuale Palma de Majorca) contribuì all'istituzionalizzazione del regno.

La Conquista di Minorca
Il monarca aragonese si vide impossibilitato a conquistare Minorca a causa delle divisioni interne del suo esercito aragonese-catalano, per via del bottino e della riduzione delle sue forze armate. Il sovrano nonostante tutto riuscì ad ottenere un vassallaggio su Minorca grazie al "Trattato di Capdepera", con il quale i musulmani minorchini accettarono la sua sovranità (1231). Dopo la morte di Giacomo I, il governo di Minorca venne riunito sotto il regno di Maiorca.
L'isola venne conquistata definitivamente solo dall'erede di Giacomo, Alfonso III d'Aragona dopo la capitolazione di Abū ‘Umar nel 1287. Fu ripopolata dai catalani, benché rimase una piccola parte della popolazione musulmana che più tardi venne debellata.

La Conquista delle isole Pitiuse, Ibiza e Formentera
Le ultime isole del Mediterraneo a cedere alla sottomissione catalana furono Ibiza e Formentera, conquistate grazie al contributo determinante di Guglielmo de Montgrí, arcivescovo di Tarragona, di suo fratello Bernardo di Santa Eugenia e dell'aristocrazia catalana, che concluse l'impresa nel 1235.
Nel 1236, le isole furono ripopolate da contadini provenienti dall'Empúries.

La Conquista di Valencia
La conquista di Valencia a differenza di quella di Maiorca, venne compiuta con un'impronta contingente di aragonesi. Nel 1231, Giacomo I si riunì, ad Alcañiz, con il nobile Blasco di Alagón ed il maestro degli ospitalieri, Hugo de Folcalquer, per fissare un piano di conquista dei territori valenciani. Blasco raccomandò di assediare le città della piana ed evitare le città fortificate, tuttavia i primi luoghi ad essere conquistati furono due avamposti arroccati fra le montagne. Il primo fu Morella, al nord di Castellón, conquistato da Blasco d'Alagon, nel 1232, che approfittò della debolezza del governo musulmano locale, mentre Giacomo I andò alla conquista del secondo, Ares, e da qui si recò a Morella, dove Blasco fece atto di sottomissione e ottenne la città come feudo.
Nel 1233 venne pianificata la campagna ad Alcañiz, che consistette in tre tappe:
La prima tappa si diresse contro le terre di Castellón, con la presa di Burriana e di Peñíscola nel 1233;
La seconda tappa venne diretta a sud arrivando fino al fiume Júcar, partendo da Monzon, nell'ottobre 1236. Nell'agosto 1237 venne conquistata Puig. Dopo la disfatta della squadra inviata dal re tunisino per aiutare la resistenza musulmana a Valencia, il 28 settembre del 1238, ci fu la capitolazione ed il re aragonese entrò nella città il 9 ottobre, proclamandosi re di Valencia, nello stesso anno, detronizzando il wali, Zayyan ibn Mardanish. Poco dopo, nel 1240, i Mori di Alicante gli offrirono la sottomissione del loro regno, ma Giacomo si rifiutò di accettare in quanto esisteva un patto col re di Castiglia che destinava le terre di Alicante al regno di Castiglia;
La terza tappa durò un anno circa, tra il 1243 ed il 1245, assieme al regno di Castiglia, venne portata a termine l'occupazione del territorio valenciano e vennero stabiliti i limiti territoriali con il Trattato di Almizrra del 1244, firmato tra Giacomo I e l'infante Alfonso (futuro Alfonso X di Castiglia) per delimitare le aree di espansione sul territorio musulmano compreso tra la Castiglia e la Corona di Aragona, che confermava il trattato, del 1179, siglato tra Alfonso VIII di Castiglia ed Alfonso II d'Aragona, a Cazorla. Le terre al sud della linea Biar-Villajoyosa rimasero nelle mani castigliane (incluso il Regno di Murcia), mentre il regno di Valencia venne consegnato definitivamente agli aragonesi solo dopo il 1305 con i trattati di Torrellas ed Elche, quando sul trono sedeva già Giacomo II.
Gli anni seguenti a quest'ultima tappa, Giacomo I dovette far fronte a diverse rivolte dei Mori. A livello amministrativo decise di mantenere, rispettando gli usi ed i costumi locali, separati il Regno di Valencia con quello della Corona di Aragona (al quale quello Valencia era comunque unito), per evitare un'eccessiva espansione territoriale da parte della nobiltà aragonese che reagì rabbiosamente a questa decisione.

Il secondo matrimonio e la contea di Rossiglione
Annullato il primo matrimonio, Giacomo contrasse una seconda unione con la principessa ungherese Violante (1215-1251), figlia del re di Ungheria, Andrea II e di Iolanda de Courtenay, sposata l'8 settembre 1235, a Barcellona.
Nel 1241, con la morte di suo cugino Nuño Sánchez, figlio di Sancho Raimundez, ereditò, per testamento, le contee di Rossiglione e Cerdagna e la confinante viscontea di Fenolleda attualmente in Francia.

Inquisizione e rapporti con gli Ebrei
Nel 1232, convocò il primo concilio e, nel 1242, il secondo concilio di Tarragona in cui in Aragona venne avviata l'inquisizione, che fu lasciata nelle mani del potente Raimondo di Peñafort, che durerà per tutto il regno di Giacomo I.
Non fu un persecutore degli Ebrei, anzi, a Barcellona, nel 1263, patrocinò la contesa tra il cristiano Pablo Cristiani ed il giudeo Mosè Nachmanidi in cui fece da arbitro, forse non troppo parziale.

La politica con la Francia e terzo matrimonio
Il rapporto di Giacomo I col regno di Francia fu abbastanza conflittuale:
nel 1240, permise a Raimondo Trancavel (figlio di Raimondo Ruggero, conte di Narbona e Carcassonne, spodestato da Simone di Montfort, nel 1209), visconte di Béziers e Carcassonne, scomunicato e privato delle sue terre, nel 1227, di partire dalla Catalogna, con alcuni fuoriusciti albigesi ed alcuni nobili aragonesi, assalì Carcassonne, che conquistò, ma i difensori della cittadella, guidati dall'arcivescovo di Narbona e dal vescovo di Tolosa, resistettero circa un mese, permettendo all'esercito regio, inviato dalla regina madre di Luigi il Santo di Francia, Bianca di Castiglia, di intervenire. Il Trencavel, che attendeva, invano, l'aiuto del conte di Tolosa, Raimondo VII, fuggì ed i suoi sostenitori furono chi impiccato e chi spogliato di tutti i beni;
nel 1242 assieme al re d'Inghilterra, Enrico III ed il conte di Tolosa, Raimondo VII, diedero il loro sostegno al marchese di La Marche, Ugo X di Lusignano, che guidava la ribellione dei baroni del Poitou e della Guascogna, contro Alfonso III di Poitiers, il fratello del re di Francia, Luigi il Santo; la ribellione venne schiacciata ed il re Enrico III che era sbarcato in Aquitania, a Royan, dovette ritornare in Inghilterra.
nel 1245, alla morte del conte di Provenza, Raimondo Berengario IV, dato che l'erede era una ragazzina di dodici anni, Beatrice di Provenza, Giacomo cercò di rientrare in possesso della contea; ma il promesso sposo di Beatrice, il conte Carlo d'Angiò, fratello del re di Francia, Luigi IX il Santo, nel gennaio del 1246, entrò in armi in Provenza, togliendo a Giacomo ogni pretesa.
Poco dopo che era rimasto vedovo (1251), Giacomo si sposò per la terza volta con Teresa Gil di Vidaure, figlia di Giovanni di Vidaure.
Con il Trattato di Corbeil, (1258) Giacomo pose fine alle sue pretese sull'Occitania, territorio appartenuto agli antichi conti di Barcellona e alla contea di Tolosa, mantenne solo la signoria di Montpellier e Carladès[1]. Come contropartita, Luigi IX di Francia rinunciava ai suoi diritti, come discendente di Carlo Magno, sui territori catalani che facevano parte della Marca di Spagna, le contee della Catalogna e la contea di Rossiglione.
Il figlio del re di Francia, Filippo, il 28 maggio 1262, sposò la figlia di Giacomo I, Isabella d'Aragona.
Nello stesso anno, il figlio Pietro (il futuro Pietro III di Aragona) sposò Costanza, figlia di Manfredi di Sicilia e nipote di Federico II di Svevia.

La Conquista del Regno di Murcia
I castigliani avevano sottomesso il Regno di Murcia nel 1243, ma i murciani nel 1264 si ribellarono con l'appoggio del Regno di Granada ed i governanti del Nord Africa. La regina di Castiglia Violante d'Aragona (sposa di Alfonso X il Saggio) chiese aiuto al padre, Giacomo I. Le truppe aragonesi mandate dall'infante Pietro (il futuro Pietro III il Grande) riconquistarono il Regno di Murcia nel 1265-66; nel gennaio del 1266, il regno fu conquistato dagli aragonesi, che lo riconsegnarono alla Corona di Castiglia[1]; più di 10.000 aragonesi, dopo la conquista, rimasero in quei territori.

Gli ultimi anni
Nel settembre del 1269, Giacomo I partì da Barcellona con la sua armata per la spedizione in Terra Santa. Una tormenta disperse le sue navi, dovette sbarcare ad Aigues-Mortes, vicino a Montpellier, rinunciando così all'impresa. Comunque il gruppo di crociati aragonesi che raggiunse Acri fu di notevole aiuto ai cristiani che difendevano la città dai musulmani.

Nel 1271, alla morte di Alfonso di Poitiers, rivendicò parte dei territori della contea di Foix, senza ottenere alcuna soddisfazione.
Nel 1274, il concilio di Lione accolse con indifferenza i suoi propositi di riorganizzare una spedizione in Terra Santa.
Giacomo I, nel corso del suo regno, pubblicò una raccolta (Compilacion de Canellas o de Huesca) che, oltre ad un compendio dei principi giuridici del diritto aragonese tradizionale, offriva, quali fonti supplementari, il buon senso e l'equità, e pur non abrogando i fueros delle città era ritenuta la fonte della giurisprudenza.
Dopo un regno di sessantatré anni, morì a Valencia il 27 giugno 1276 dopo che il giorno prima aveva redatto un testamento[1], lasciando al figlio Pietro, i Regni di Aragona e di Valencia e le contee catalane, mentre all'altro figlio, Giacomo ereditò il Regno di Maiorca, che comprendeva anche Minorca (Isole Baleari), Ibiza e Formentera (isole Pitiuse) e la signoria di Montpellier.

Discendenza
Giacomo I si sposò tre volte, avendo figli da tutte le tre consorti, ma ebbe anche più di un'amante, pure dalle quali ebbe figli.
Dalla sua prima moglie Eleonora ebbe un solo figlio:
Alfonso (ca. 1228- 26 marzo 1260), erede al trono di Aragona (secondo il progetto di spartizione del 1244[1]), premorto al padre. Alfonso parteggiò per la Castiglia, contro suo padre. A Calatayud, il 23 marzo 1260, sposò Costanza de Béarn (1245/50-25 aprile 1310), figlia del visconte di Béarn, Gastone VII e di Mathe [Amata] di Marsan [Mastas] contessa di Bigorre.
Dalla seconda moglie Violante di Ungheria ebbe dieci figli:
Violante d'Aragona (1236-1301), moglie di Alfonso X il Saggio;
Pietro III il Grande (1239-1285), che gli successe al Regno di Aragona e di Valencia e delle contee catalane;
Costanza (1240-ca. 1266), sposa dell'infante di Castiglia Don Manuele, fratello di Alfonso X il Saggio;
Giacomo II di Maiorca (1243-1311), che ereditò il Regno di Maiorca, che comprendeva anche le Isole Baleari, Minorca, Ibiza e Formentera e i territori dell'Occitania rimasti a Giacomo I, la signoria di Montpellier, le contee di Rossiglione e Cerdanya;
Ferdinando (1245-1250), morto bambino;
Sancha (1246-1262), morì durante un pellegrinaggio a Gerusalemme;
Isabella d'Aragona (1247-1271), sposò Filippo III l'Ardito, figlio di San Luigi di Francia;
Maria (1248-1267), monaca al Monastero di Santa María di Sigena;
Sancho (1250- 21 ottobre 1275), abate di Valladolid, dal 1263, ed arcivescovo di Toledo, dal 1266, ucciso dai Mori di Granada, alla battaglia di Martos;
Eleonora (1251-?), morta giovane.
Dalla terza moglie Teresa ebbe due figli:
Giacomo (1255/60-1285), barone di Ejérica
Pietro (1259-1318), signore di Ayerbe.
Dalla sua amante Bianca di Antillón, figlia del barone Sancho di Antillón, ebbe un figlio:
Ferdinando (ca. 1241-ucciso a Rio Cinca 1275), Signore di Castro e Pomar, che partecipò alla spedizione in Terra Santa, dalla moglie di cui non si conoscono né il nome né gli ascendenti, ebbe un figlio:
Filippo Fernandez (?-prima del 1304), Signore di Castro, sposò Maria Alfonso de Haro, figlia di Giovanni Alfonso de Haro da cui ebbe due figli:
Filippo (?-ca. 1330), Signore di Castro, sposò Eleonora di Saluzzo, figlia del governatore della Sardegna, Filippo di Saluzzo, da cui ebbe due figli:
una figlia di cui non si conosce il nome, che sposò il visconte di Canet, Raimondo
Filippo di Castro, Signore di Castro e Peralta, sposò Francesca Alemany signora di Guimera, da cui ebbe tre figli:
Filippo di Castro (?- impiccato nel 1371), Barone di Castro, Peralta e Guimera fu sostenitore di Enrico II di Trastamara, nella guerra civile contro Pietro I il Crudele e fu ucciso durante una rivolta di Paredes de Nava, a causa delle tasse. Sposò Giovanna Alfonso di Castiglia, figlia illegittima del re di Castiglia Alfonso XI e di Eleonora di Guzmán, da cui ebbe una figlia:
Eleonora di Castro e Castiglia. Signora di Tordehumos e Medina di Rioseco
Raimondo di Castro (?-1355)
Aldonza di Castro (?-prima del 1379). Baronessa di Castro, Peralta e Guimera.
Aldonza di Castro
Dalla sua amante, Berenguela Fernandez, ebbe un figlio:
Pietro (1245/49-1297), Barone di Hijar, da cui discesero i baroni di Hijar
Da una terza amante di cui non si conosce il nome ebbe un altro figlio:
Pietrro del Re (?-dopo il 1307). Vescovo di Lérida
Da una quarta amante di cui non si conosce il nome ebbe un altro figlio:
Giacomo (?-dopo il 1289). Vescovo di Huesca.

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Pietro III di Aragona

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Pietro III di Aragona, detto il Grande (el Grande) - ma anche Pere in catalano, Pero in aragonese, Pètru in siciliano (Valencia, 1239 – Vilafranca del Penedès, 11 novembre 1285), fu re di Aragona e di Valencia, conte di Barcellona e delle altre contee catalane (1276-1285) e re di Sicilia (1282-1285).

Origine
Pietro era figlio del re d'Aragona, di Valencia e Maiorca e conte di Barcellona, Gerona, Osona, Besalú, Cerdanya e di Rossiglione, signore di Montpellier e Carladès, Giacomo I il Conquistatore, e di Violante, figlia del re di Ungheria, Andrea II e della principessa di Costantinopoli, Iolanda de Courtenay.

Biografia
Secondo la Cronaca piniatense, Pietro era il figlio primogenito dei tre figli maschi ancora in vita (gli altri due erano Giacomo e Sancho; mentre altri due Ferdinando e Sancho erano morti bambini) di Giacomo e della sua seconda moglie, Violante.
Nel 1241, a Pietro furono destinati i regni di Valencia e Maiorca e la signoria di Montpellier. Nel 1242, alla morte di Nuño Sánchez d'Aragona, ottenne la signoria del Rossiglione e della Cerdanya. Un nuovo progetto di spartizione del regno (Corona d'Aragona), del 1244, prevedeva che Pietro, alla morte del padre, ottenesse tutte le contee di Catalogna. Nel 1257 il padre lo nominò procuratore per la Catalogna, ed in tale veste partecipò alle campagne contro i nobili ribelli catalani, nel periodo tra il 1258 ed il 1261. Infine, nel 1262, dopo la morte del fratellastro, Alfonso, a Pietro furono destinati i regni d'Aragona e Valencia e le contee catalane.
Nel 1262, il 15 luglio, a Montpellier, Pietro sposò Costanza di Sicilia, figlia del re di Sicilia Manfredi e di Beatrice di Savoia (1223-1259). Nel 1266, Manfredi, alla battaglia di Benevento contro Carlo I d'Angiò, oltre che il regno perse la vita, mentre le più influenti famiglie siciliane come i Lauria, i Lanza e i Procida si rifugiarono in Aragona.
Nel 1275, Pietro partecipò attivamente al soffocamento della sedizione aragonese.
Nel 1276, alla morte del padre, suo fratello Giacomo ereditò il Regno di Maiorca (con il nome di Giacomo II), mentre Pietro ereditò il Regno di Aragona (con il nome di Pietro III) e il Regno di Valencia (con il nome di Pietro I), la contea di Barcellona (con il nome di Pietro II) e le altre contee catalane e in novembre fu incoronato a Saragozza.
Appena salito al trono, Pietro dovette domare le rivolte dei moriscos del regno di Valencia che si conclusero nel 1277, con la conquista della città di Montesa. In quel periodo, dopo la morte (1275) dell'erede al trono di Castiglia Ferdinando de la Cerda, figlio di Alfonso X e di Violante d'Aragona, quest'ultima, sorella di Pietro, chiese al re di proteggere e custodire in Aragona, nella fortezza di Xàtiva, i figli di Ferdinando, gli "Infanti de la Cerda", Alfonso e Ferdinando, cosa che Pietro fece. La vedova e madre degli infanti, Bianca di Francia, riparava invece presso il fratello Filippo l'Ardito, re di Francia.
A seguito dell'imposizione dell'imposta sul bestiame, i nobili catalani si ribellarono: la rivolta si infiammò soprattutto nelle contee di Urgell, di Foix, di Pallars e di Cardona, oltre che nella Baronia di Erill e condusse, nel 1280, all'assedio di Balaguer, alla cui caduta, l'opposizione feudale catalana fu definitivamente sconfitta.
Pietro III, che mirava a riconquistare alla moglie il regno di Sicilia ed aveva contatti con la nobiltà che era scontenta della dominazione angioina, nel 1281 indisse una crociata contro il Nordafrica e, senza aver ottenuto né l'approvazione né i soldi chiesti a papa Martino IV, nel giugno del 1282, sbarcò in Barberia, non lontano da Tunisi, e qui estese il suo protettorato.
Nel 1282, durante i Vespri Siciliani, dopo che i siciliani avevano inutilmente offerto al papa la loro confederazione repubblicana di liberi comuni in feudo al Papa[9], inviarono una delegazione in Nordafrica che offrì a Pietro l'ambita corona del Regno di Sicilia, in quanto marito di Costanza, legittima erede del regno normanno; Pietro accettò ed il 31 agosto sbarcò a Trapani, con 600 armigeri, tra loro anche le fedeli famiglie dei Cossines e 8.000 almugaveri (fanteria da guerriglia che sarebbe divenuta famosa per coraggio e crudeltà). Carlo I d'Angiò, che il 25 luglio aveva messo l'assedio alla città di Messina, dopo lo sbarco aragonese tentò un ultimo vano assalto a Messina e poi si ritirò. Pietro occupò di lì a poco tutto il resto dell'isola ed il 26 settembre sbarcò in Calabria, dove gli almugaveri, anche siciliani, fecero solo azioni di guerriglia senza reali conquiste territoriali. Alla fine dell'anno si era determinato uno spaccamento del Regno di Sicilia in due parti, la Sicilia (l'isola) in mano agli aragonesi ed il resto del regno, sul continente, in mano agli Angioini.
Dopo essersi proclamato re di Sicilia (con l'antico titolo federiciano Pietro I Rex Siciliae, ducatus Apuliae et principatus Capuae), nominò, sempre nel 1282, Ruggero di Lauria capo della flotta e Giovanni Da Procida Gran Cancelliere del regno aragonese di Sicilia. Al contempo, promise che la successione tra regno aragonese e regno siciliana sarebbe stata separata.
A seguito di tutto ciò, nel novembre dello stesso anno, fu scomunicato dal papa Martino IV, che non lo riconobbe re di Sicilia, anzi lo dichiarò decaduto anche dal regno di Aragona che offrì a Carlo terzogenito (secondogenito vivente) del re di Francia, Filippo l'Ardito e futuro conte di Valois. Pietro, allora lasciata la moglie Costanza in Sicilia come reggente, nel maggio del 1283, rientrò in Aragona, anche per preparare una tenzone, che prevedeva 100 cavalieri per parte (che non si fece mai), con Carlo I d'Angiò.
Nel luglio del 1283, gli angioini tentarono un'invasione della Sicilia concentrando una flotta a Malta, ma l'ammiraglio Ruggero di Lauria sventò il tentativo sorprendendola e distruggendone una parte.
Nel 1284, papa Martino IV, oltre all'assistenza spirituale (scomunica e crociata contro la Sicilia) diede una consistente somma di denaro a Carlo I d'Angiò che preparò una flotta in Provenza che avrebbe dovuto unirsi a parte della flotta che l'attendeva nel porto di Napoli e poi incontrarsi ad Ustica con il resto della flotta composto da trenta galere con l'armata italo-angioina, proveniente da Brindisi. Ma il 5 giugno la flotta siciliano-aragonese, sotto il comando del Lauria si presentò dinanzi al porto di Napoli e il principe di Salerno, il figlio di Carlo I, Carlo lo Zoppo, disobbedendo all'ordine del padre di non muoversi, prima del suo arrivo dalla Provenza, uscì dal porto con la sua flotta napoletana, per combattere il Lauria che lo sconfisse e fece prigioniero lui e parecchi nobili napoletani. Quando Carlo I arrivò a Gaeta e seppe della sconfitta maledì il figlio, ma dovette rinunciare all'invasione della Sicilia, assediò invano Reggio e poi, per riorganizzarsi, si ritirò in Puglia dove, a Foggia, il 7 gennaio 1285, morì.
Sempre nel 1284, il signore di Albarracín, Juan Núñez I si alleò col re di Francia Filippo, si ribellò all'autorità di Pietro III, che però lo sconfisse, stroncando la ribellione.
Nel 1285, il papa Martino IV, dopo che i maggiorenti francesi ne avevano discusso alle assemblee di Bourges (novembre 1283) e Parigi (febbraio 1284) aveva proclamato la crociata contro il regno d'Aragona, a cui avevano aderito con entusiasmo sia Carlo I d'Angiò che Filippo III di Francia, cognato di Pietro III, avendone sposato la sorella, Isabella d'Aragona. La crociata partì nel marzo del 1285, sotto una cattiva stella, per la morte del papa, il 28 marzo a Perugia, dopo che a gennaio era già morto Carlo I d'Angiò; Filippo III era accompagnato dai due figli, Filippo il Bello e Carlo e dal legato del papa. I crociati, un esercito imponente, attraversato il Rossiglione, dove seminarono terribili atrocità, ed i Pirenei posero l'assedio a Gerona che cadde dopo dieci settimane, il 7 settembre.
Però dato che la flotta di appoggio francese, che assicurava i rifornimenti ai crociati, tra la fine di agosto e i primi di settembre subì una terribile disfatta da parte della flotta siciliana-aragonese, comandate dal Lauria, dopo una settimana gli invasori, in preda alle malattie dovute al gran caldo, si dovettero ritirare e, durante la ritirata, Filippo III il 5 ottobre morì a Perpignano.
Pietro III morì a Vilafranca del Penedès, l'11 novembre 1285, (lo stesso anno del suo avversario Carlo I d'Angiò e circa un mese dopo il cognato Filippo III), lasciando i regni di Aragona e di Valencia, le contee catalane (inclusa Barcellona) al figlio primogenito, Alfonso mentre, sul letto di morte, per rappacificarsi con la chiesa, rinunciò al regno di Sicilia il cui trono spettava al figlio secondogenito, Giacomo, che invece non rinunciò e si recò immediatamente in Sicilia.
Pietro III fu inumato nel monastero della Santa Croce, nelle vicinanze di Aiguamúrcia.

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Discendenza
Pietro e Costanza ebbero sei figli:
Alfonso (1265-1291), detto "il Liberale", fu re di Aragona;
Giacomo (1267-1327), detto "il Giusto", fu re di Sicilia e re di Aragona;
Isabella (1271- 1336), detta "la Santa", fu regina di Portogallo;
Federico (1272-1337), fu re di Sicilia e re di Trinacria;
Violante (1273-1302), sposata nel 1297 con Roberto d'Angiò;
Pietro (1275-1296), fu principe d'Aragona e di Sicilia.
Pietro ebbe anche figli illegittimi da due amanti, di cui non si conoscono gli ascendenti. da Maria Nicolau, ne ebbe tre:
Giacomo (?-dopo il 1285), che sposò Sancha Fernandez, da cui ebbe una figlia: Costanza;
Giovanni;
Beatrice che sposò Raimondo di Cardona.
Da Ines Zapata ne ebbe quattro:
Fernando, signore di Albarracín;
Pietro, che sposò una nobile portoghese, Costanza Mendes Pelita de Silva, che gli diede quattro figli:
Pietro
Fernando, che sposò Maria Núñez
Costanza, che sposò Gonzalo Annes Pimentel
Teresa, che sposò Gonzalo Mendez Vasconcellos
Sancho, castellano di Amposta
Teresa, che si sposò tre volte: prima con Garcia Romeu [III], figlio di Garcia Romeu [II]; poi con Artal de Alagón Signore di Sástago e Pinada cui discende il ramo che si trasferì in Sardegna; infine con Pedro López de Oteiza.

Immagine
http://it.wikipedia.org/wiki/Pietro_III_di_Aragona
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