Strategia dell'Impero Romano d'Oriente

Armi, armature, tattiche, formazioni, logistica e altro ancora...
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Teodora
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Strategia dell'Impero Romano d'Oriente

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Cercherò di essere breve elencando una serie di informazioni riguardanti la strategia dell'Impero Romano d'Oriente.

Un documento molto valido è lo Strategikon, che ho letto e cercherò di sintetizzare (per comodità) per argomenti:


CAVALLERIA
I soldati venivano particolarmente addestrati nell'uso dell'arco. Veniva considerata più importante la cadenza di tiro che la precisione. A cavallo e in movimento dovevano essere abili nello scoccare frecce in ogni direzione.
L'addestramento prevedeva la pratica nel cambiare arma (dall'arco al giavellotto e viceversa) mentre si è a cavallo. Ai soldati si richiedeva di saper maneggiare ogni tipo di arma a seconda della situazione.
Era equipaggiata con:
-cotte di maglia integrali (con cappuccio) fino alle caviglie;
-elmetti;
-archi (con custodie e corde di ricambio);
-faretre con chiusura da 30-40 frecce;
-giavellotti da cavalleria con cinghie in cuoio;
-spade.
Le reclute barbare non addestrate all'uso dell'arco venivano equipaggiate con giavellotti e scudi, mentre tutti i Romani sotto i 40 anni erano obbligatoriamente equipaggiati con arco, faretra e 2 giavellotti (indipendentemente dalla loro abilità nel tiro).
Specialmente le prime file dello schieramento, i cavalieri disponevano di vestiario coprente e decoroso oltre a un mantello.
I cavalli disponevano di protezioni frontali, pettorali in ferro e due staffe (anch'esse in ferro).

FANTERIA
La fanteria pesante era addestrata al combattimento individuale con bastone e scudo, al lancio a lunga distanza del giavellotto e della plumbata.
La fanteria leggera era addestrata a tirare rapidamente con l'arco mentre portano lo scudo, a lanciare a grande distanza giavellotti e proiettili da fionda, a saltare e a correre.
Almeno i primi due uomini di ogni colonna indossavano una cotta di maglia, elmi con protezioni alle guance, schinieri di ferro o legno e scudi dello stesso colore del tagma.
La fanteria pesante era armata con lance e spade, i fanti leggeri portavano l'arco con faretra da 30-40 frecce, piccoli scudi, solenaria di legno e frecce corte (di gittata superiore). Gli inesperti con l'arco venivano equipaggiati con giavellotti e dovevano portare plumbatae e proiettili da fionda.
La fanteria serrava i ranghi quando era a due o tre tiri d'arco dallo schieramento nemico, preparandosi a caricare.
Gli uomini avanzavano con una formazione a fulkon (simile alla testuggine) mentre da dietro la fanteria leggera bersagliava lo schieramento nemico lanciando le frecce verso l'alto.
Una volta vicina, la fanteria pesante scagliava le lance ed estraeva le spade, mantenendo la formazione compatta e senza inseguire il nemico se questo batteva in ritirata.
Se necessario, la linea poteva essere divisa in una falange doppia.

UNITÀ
Le unità-base erano dette tagma, numeri o bandon, erano formate da 300-400 uomini.
I tagma si riunivano in moire, da 2000-3000 effettivi.
Le moire venivano raggruppate in 3 meros di uguale dimensione per formare la prima linea.
Il meros non doveva avere più di 7000 uomini: se l'esercito era più numeroso si schieravano le truppe in eccesso a protezione dei fianchi e della retroguardia o usati per circondare o tendere imboscate.
Le unità avevano una numerosità di uomini variabile in modo da impedire al nemico di stimare le dimensioni dell'esercito semplicemente contando gli stendardi (il tagma in ogni caso era sempre costituito da un minimo di 200 uomini).

FORMAZIONE
Era considerato di primaria importanza schierare l'esercito su due linee.
Il generale doveva saper adattare la formazione in base all'esercito nemico e a quello di cui disponeva (per esempio se entrambi i fronti gli eserciti erano composti da cavalleria, questa veniva schierata su 3 linee).
La prima linea era generalmente formata da 3 meros uguali a loro volta formati da 3 moire ciascuno.
Sul fianco del meros a sinistra venivano schierati 2 o 3 bandon di fiancheggitori: prevenivano i movimenti di accerchiamento delle forze nemiche.
Sul fianco del meros a destra venivano posizionati uno o due bandon di accerchiatori (tenuti nascosti fino al momento dello scontro).
La seconda linea costituiva un terzo degli effettivi totali, era formato da un meros con fronte doppio (pronti a ricevere un attacco alle spalle). Altri bandon erano schierati dietro e sui lati di questa linea in ruolo di retroguardia.
Uno o più bandon venivano inseriti negli spazi fra un meros e l'altro, in questo modo si marciava con precisione nella stessa direzione e la linea appariva al nemico come un unico corpo di truppe.
Altri 3 o 4 bandon venivano schierati ai lati della linea di battaglia: gli incursori, con il compito di prevenire agguati nemici e/o attaccare il nemico di sorpresa alle spalle o ai fianchi.
La profondità della linea era composta generalmente da 7-8 uomini. Non superava mai i 10 uomini né scendeva sotto i 5.
Ogni tagma disponeva di 8-10 medici: essi erano pronti anche all'evacuazione dei soldati feriti o comunque fuori combattimento.
Ogni tagma disponeva di esploratori che osservavano il nemico e prevenivano attacchi a sorpresa e altre manovre ostili.
Dietro gli accerchiatori vi erano i drungi, irregolari che restavano nascosti ai nemici per uscire allo scoperto attaccando alle spalle la linea nemica.

TRAPPOLE
Si organizzavano imboscate, erano ritenute particolarmente efficaci specialmente contro nemici disorganizzati.
Scavavano e nascondevano fossati e ci facevano cadere i nemici che caricavano. Si sfruttavano anche i terreni paludosi per questi scopi.
Più semplicemente si potevano usare triboli di ferro.
Usavano anche "spezzacavalli", delle buche circolari di circa un piede di diametro , profonde 2 o 3 piedi e con un palo appuntito sul fondo.
Queste trappole venivano preparate il giorno stesso della battaglia (o la notte precedente).
Le imboscate e gli attacchi alle spalle venivano affidati a formazioni di irregolari.

SPIONAGGIO
Prima di ogni scontro si studiava il nemico per sfruttarne le debolezze, si sabotava la logistica tagliando i rifornimenti e si corrompevano i capi, sfruttando questi contatti per alimentare dissensi interni.
Si ottenevano sempre e costantemente informazioni sui movimenti, la consistenza e l'organizzazione del nemico.
Si cercava di evitare che informazioni finissero in mano ai nemici. Gli ordini delle pattuglie erano segreti anche al proprio esercito.
Venivano usati astutissimi ed efficaci espedienti per beccare in massa le eventuali spie.

PSICOLOGIA
I generali avevano i loro metodi per far sembrare più debole e meno numeroso l'esercito nemico e al contempo più numeroso e pericoloso il proprio. Sfruttando anche la superstizione, sapevano come impressionare i nemici e intimorirli efficacemente prima dello scontro.
Si manteneva alta la tensione nell'esercito e si ponevano le condizioni affinché gli uomini combattessero con aggressività e convinzione.
Il combattimento era portato in territorio nemico: in questo modo sapendo di essere in guerra straniera, combattevano anche per la loro sicurezza personale oltre che per i vantaggi del proprio paese.
Si tenevano lontane truppe appartenenti alla stessa etnia del nemico (sia mai che passino al nemico per qualche motivo).

ASSEDIO
La prima preoccupazione era il guardarsi dagli attacchi a sorpresa degli assediati, si costruiva un campo fortificato e si faceva largo uso di esploratori.
Si preferiva vincere l'assedio per fame e sete: se possibile si impediva agli assediati ogni approvvigionamento. Solo se il nemico era organizzato a questa eventualità si ricorreva alle macchine d'assedio e al combattimento.
Si impressionava il nemico esibendo sicurezza, uomini dal fisico imponente, cotte di maglia e tutto il resto. Usando anche solo i cappucci davano l'impressione che i soldati in cotta di maglia fossero innumerevoli.
Si procedeva con una diplomatica proposta di resa, badando di non porre condizioni troppo dure altrimenti il nemico si sarebbe deciso a resistere. Si offrivano invece condizioni accettabili in modo da indurre posizioni contrastanti fra gli assediati e far sì che combattessero con meno convinzione.
Se l'assedio si prospettava lungo, si cercava di stancare il meno possibile l'esercito: veniva organizzato in più gruppi che a turni di varie ore dovevano infastidire il nemico, incessantemente, giorno e notte, fino a condurlo allo sfinimento.
Assalti sempre condotti in modo cauto e non sconsiderato, per minimizzare eventuali perdite.
Venivano scagliate frecce incendiarie, soprattutto se tirava vento. Si usavano anche catapulte che lanciavano materiale incendiario, assaltando la fortezza con scale mentre il nemico era troppo impegnato a spegnere gli incendi che divampavano all'interno.
Conquistata una città, si lasciavano aperte le porte alla "chi vuole può andarsene".
Se si subiva l'invasione si tendevano imboscate e si distruggeva la logistica nemica. Si cercava lo scontro con il nemico quando era ormai stanco ed eventualmente appesantito dal bottino.
Se il nemico si avviava ad assediare fortezze, si distruggevano le risorse nei dintorni e si tendevano imboscate.
Gli abitanti delle località vulnerabili venivano fatti evacuare e portati in luoghi più sicuri.
Prima dell'arrivo del nemico, la fortezza veniva evacuata dagli inabili (donne, bambini, vecchi, malati...) per riservare le scorte ai combattenti validi.
Se la popolazione civile restava in città, anch'essa veniva coinvolta nella sua difesa.
Si costruivano torri all'interno delle mura e si usava di tutto contro le macchine d'assedio nemiche. In particolare contro gli arieti si usavano materassi e sacchi di sabbia e paglia, rampini, pece, fuoco e pesanti pietre appuntite sostenute da funi per recuperarle con un contrappeso dopo averle fatte cadere.

FORTIFICAZIONE
Prima di procedere, si ricercava una posizione favorevole valutando anche la reperibilità di pietra, legna e acqua.
Venivano realizzate in 10-12 giorni, nel frattempo si teneva occupato il nemico in altri luoghi.
Si scavava un fossato (con la terra accumulata sul lato interno) e un muro a secco. Subito all'interno erano sistemati i carri. All'esterno venivano sparpagliati triboli o scavati "spezzacavalli".
Verso l'interno del campo, oltre i carri, vi erano le tende della fanteria leggera, poi uno spazio libero, poi la fanteria pesante e infine la cavalleria al centro.
Il campo aveva 4 entrate principali e attraversato da 2 strade principali perpendicolari fra loro.
La forma quadrangolare allungata era considerata la più razionale e preferibilmente si realizzava su altopiani, facendo anche apparire l'esercito imponente e impressionando i nemici.
Più volentieri si sceglieva un luogo con un piccolo corso d'acqua, facendo sì che scorresse nel mezzo se facilmente attraversabile, diversamente si lasciava su un fianco.



Riassumendo, l'esercito puntava su soldati addestrati, capaci di maneggiare qualsiasi tipo di arma ed eseguire le manovre con disciplina: un esercito così è particolarmente efficace in battaglia. D'altra parte si doveva far fronte all'ostacolo insormontabile dovuto ai tempi di addestramento: un esercito così è molto costoso da mantenere e in caso di necessità non si poteva ricorrere semplicemente a giovani validi per sostituire le perdite poiché ci sarebbe voluto troppo tempo per l'addestramento.
Molte direttive dello Strategikon sono caratterizzate dalla scelta di evitare l'attrito, lasciando fuggire gli abitanti sconfitti o lasciando spazi liberi quando si circonda il nemico, proprio per concedere l'opportunità di fuga.
In breve, anche se si è certi della vittoria data la superiorità numerica e qualitativa delle truppe, non è una buona ragione per dare inizio a una battaglia.
Effettivamente lo Strategikon è composto per buona parte da stratagemmi volti a ingannare e impressionare.




Esistono opere più recenti, come il De Velitatione Bellica Nicephori Augusti, con la frontiera araba come sfondo geopolitico, ma in sostanza non cambia granché.
Si ribadisce l'importanza delle spie e si consiglia di evitare l'attrito, ma ricorrere a imboscate per indebolire/logorare/demoralizzare il nemico e affrontarlo quando è in inferiorità e ormai stanco.
La difesa era di tipo "elastico/deterrente", le forze imperiali potevano intervenire quando necessario e gli insediamenti civili vicino ai confini erano costruiti su zone praticamente inaccessibili e con una cinta muraria (oltre al fatto che la popolazione era comunque armata almeno con una spada).
E naturalmente si suggerisce di cercare alleati fra i regni confinanti.


Edward N. Luttwak, nel libro "La grande strategia dell'impero bizantino" scrive un elenco che sintetizza la strategia, che sarebbe sostanzialmente:

I
Evitare la guerra (ma comportati come se stesse per scoppiare da un momento all'altro).
Uomini addestrati, armi e rifornimenti sempre pronti per la battaglia.
L'obiettivo di una perfetta preparazione è aumentare la probabilità di non combattere affatto.
Io riassumerei ulteriormente con il nostro caro SI VIS PACEM, PARA BELLUM.

II
Raccogliere informazioni sul nemico, la sua mentalità e i suoi movimenti.
I pattugliamenti sono importanti ma non bastano, servono spie in territorio nemico per individuare sul nascere ogni preparativo di guerra e favorire le interazioni e la comprensione con il nemico.

III
Affidarsi a pattugliamenti e a schermaglie più che ad attacchi con il massimo dispiegamento di forze.
Evitare la battaglia su larga scala (salvo circostanze molto favorevoli).

IV
Sostituire l'attrito con la manovra. Prima di affrontare il nemico, fare largo uso di imboscate, affrontare piccoli distaccamenti nemici, convogli dei rifornimenti, gruppi isolati.
Se si attacca, mandare avanti reparti che facciano incursioni e infiltrazioni esplorative.
Attività costanti per demoralizzare e indebolire il nemico col passare del tempo.

V
Chiudere la guerra vittoriosamente scegliendo bene gli alleati. La diplomazia è più importante in guerra che in pace.
Gli alleati più utili sono... gli alleati dei nemici. E i comandanti dei nemici, che se corrotti o convinti in qualche modo a servire la causa imperiale sono alleati ancora migliori. E il migliore di tutti andrebbe cercato nella corte del nemico. Magari all'interno della sua stessa famiglia.

VI
La corruzione del nemico è la strada più economica per la vittoria. È così conveniente, rispetto ai costi e ai rischi di una battaglia che è una strada che va sempre tentata.
I fanatici religiosi sono i più facili da corrompere e sono sempre creativi nell'escogitare giustificazioni religiose.

VII
Quando diplomazia e corruzione non bastano, combattere razionalmente, impedire al nemico l'impiego dei suoi punti di forza e sfruttarne le debolezze.
Evitare di logorare la propria forza combattente ma minare con pazienza il morale e la forza materiale del nemico.
Non ha senso aver fretta di distruggere il nemico, poiché dopo la sua caduta ne verrà un altro a prendere il suo posto. Tutto è sempre in movimento, nel ciclo continuo di ascesa e declino di popoli e sovrani. Solo l'Impero è eterno.








Chiaramente queste sono informazioni che hanno a che fare con la strategia dell'Impero dal V-VI secolo in poi, e non sono specifiche del XIII secolo. Non è detto quindi che la strategia sia rimasta immutata fino all'epoca che ci interessa. Quindi se qualcuno ha informazioni utili da fonti affidabili può arricchire la ricerca postando di seguito (interessa anche a me indipendentemente dal gioco). Dopotutto, i bizantini apprendevano dall'esperienza, come chiunque di noi.
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