Gli Almohadi

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Veldriss
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Gli Almohadi

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Tratto da "Le grandi battaglie del Medioevo" di Andrea Fedriani.

Le armate almohadi erano molto più variegate di quelle almoravidi. Oltre ai guerrieri berberi, provenienti soprattutto dalle tribù zanata e masmudis, esse disponevano di molti schiavi combattenti di colore, di mercenari turchi ghuzz, di disertori almoravidi, di contingenti ayyubiti provenienti dall’Egitto e di combattenti arabi, incorporati dagli Almohadi dopo aver militato agli ordini dei Fatimidi egiziani.
Organizzati su base tribale, gli eserciti almohadi si facevano accompagnare costantemente dal rullo dei loro grandi tamburi, dal caratteristico fusto verde e dorato, solitamente disposti in coppia ai due lati del dorso di un cavallo; il suonatore era privo di staffe, perché per lasciar spazio agli strumenti sedeva in posizione più arretrata. I guerrieri combattevano disposti in quadrato su più linee di profondità, la prima costituita da lancieri, la seconda da lanciatori di giavellotto, la terza da frombolieri, la quarta da arcieri e la quinta da cavalieri; questi ultimi caricavano incuneandosi nei corridoi lasciati appositamente dalle file precedenti.
Come tutti i guerrieri mori, gli andalusi usavano farsi la barba immediatamente prima di una battaglia. Il tempo trascorso in Spagna, tuttavia, li rese sempre più simili agli avversari cristiani nell’armamento. Al contrario dei loro confratelli africani, infatti, i cavalieri si caratterizzavano per l’adozione di corazze, soprattutto lunghe cotte di maglia, e di elmi, con o senza paranaso e con paranuca morbido di cuoio, intorno ai quali talvolta usavano avvolgere una sciarpa. Lo scudo era rotondo e la spada spesso ricurva.
Nella cavalleria leggera, le protezioni corporee erano diffuse solo tra i capi e i cavalieri più importanti, mentre gli scudi erano appannaggio di tutti, nella classica forma rotonda e in quella a cuore; quest’ultimo tipo, detto adarga e caratteristico degli Almohadi e in generale dei berberi del Maghreb, era di legno rivestito di pelle di antilope, con un rinforzo centrale per proteggere l’impugnatura. In alternativa all’elmo, la testa dei guerrieri continuò a essere avvolta dai caratteristici turbanti bianchi, o anche da berretti con un lembo cadente, caratteristi dei combattenti andalusi. Tra le armi offensive, si evince la presenza di archi.
I fanti, privi di armatura, indossavano una tunica, le cui maniche usavano arrotolare fino al gomito in battaglia, pantaloni o gambali di cuoio, turbante avvolto intorno a un altro copricapo e adarga; disponevano inoltre di lancia, arco, spada, fionda e dei tipici giavellotti africani detti marasas. A partire dall’XI secolo si diffuse anche l’uso della balestra.

Le truppe di colore provenienti dall’Africa, in genere schiavi, vestivano solitamente del solo perizoma, e quale unica arma di difesa disponevano di un grande scudo di pelle conciata, spesso di ippopotamo; per l’offesa, si valevano di lancia, spada, arco e fionde che lanciavano a lunga distanza pallottole d’argilla. Tuttavia, le guardie del corpo dei califfi, scelte tra i guerrieri più prestanti, potevano disporre di armatura e di vestiti riccamente decorati.
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