IL MEDIOEVO - CASTELLI, MERCANTI, POETI

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STORIA - L’Inghilterra: la monarchia tra guerre e concession

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di Renata Pilati

Indebolita dalla sconfitta militare e dai disordini interni, la monarchia deve concedere nel XIII secolo libertà a ecclesiastici, baroni e città e potere politico al Parlamento, che i sovrani del XIV secolo tentano inutilmente di limitare. La natura feudale, contrattuale, del potere prevale su quella teocratica. La crescita economica è rallentata dalle carestie e dalle epidemie. La società è attraversata da rivolte che sono represse.

Enrico III: i baroni e la borghesia in Parlamento

Enrico III Plantageneto (1207-1272, re dal 1216), proclamato re alla morte del padre Giovanni Senzaterra, è un fanciullo di nove anni sotto la tutela del conte Pembroke. Prende il potere nel 1232 e tenta di governare senza il controllo di clero, baroni, città e cavalieri. Costoro, guidati da Simone di Montfort (1150 ca. - 1218), lottano contro il sovrano per le indebite riscossioni fiscali e per le modalità di nomina dei ministri scelti nell’entourage di Eleonora di Provenza (1222-1291, regina dal 1236), sposata da Enrico nel 1236; ottengono con le Provisions of Oxford (1258) l’elezione di un consiglio di Stato di 15 membri scelti nell’Assemblea nazionale, chiamata ora Parlamento, e la conferma in perpetuo delle libertà sancite dalla Magna Charta. Enrico, nel riconoscere le libertà alla Chiesa inglese, agli uomini liberi del regno, a Londra e alle altre città s’impegna a rispettare e a far rispettare dai suoi balivi: a) le ricchezze dei sudditi, anche di quelli indebitati che possono far fronte ai debiti con “beni mobili” o con mallevadori; b) le libertà personali; c) il commercio “seguendo le antiche e buone consuetudini” e prevedendo “esazione indebita solo in tempo di guerra o da mercanti stranieri” il cui paese sia in guerra con l’Inghilterra. Il re s’impegna a convocare il Parlamento tre volte l’anno, ma non lo farà. Combatte contro il re di Francia Luigi IX (1214-1270, re dal 1226) in difesa dei suoi feudi. Col trattato di Parigi (1259) deve rinunciare alla Normandia, al Maine, all’Anjou e al Poitou e riconoscersi vassallo del re francese come duca di Guienna (l’Aquitania). Nel 1259 riconosce alla piccola nobiltà e alla borghesia il diritto di partecipare alla vita politica costituendosi in Camera bassa nel Parlamento, che allarga la base sociale. Le prerogative del Parlamento saranno definite da Edoardo I (1239-1307, re dal 1272). Nel 1261, alleatosi con la Francia e il papa, sconfessa le Provvisioni di Oxford, ma i baroni si ribellano, lo fanno prigioniero nella battaglia di Lewes (1264) e insediano sul trono Simone di Montfort, duca di Leicester. Enrico III è liberato dal figlio Edoardo, che ha sconfitto i ribelli a Kenilworth e ad Evesham, dove ha ucciso il duca di Leicester (1265). Reintegrato nei suoi diritti, Enrico muore nel 1272. Nel 1264 è fondato il collegio Merton a Oxford, la prima università inglese.

Edoardo I e la conquista della Scozia

Edoardo I, il “Giustiniano” inglese, vuole rilanciare la monarchia contro gli attacchi del Parlamento, ma per consolidare le riforme amministrative ha bisogno della collaborazione del Parlamento, che amplia le sue funzioni e diventa organo di governo.

Edoardo nel 1284 annette all’Inghilterra il Galles come principato autonomo con titolo conferito dal 1301 all’erede della corona. Interviene in Scozia in occasione di una crisi dinastica e concede la corona a John Baliol (1249 ca. - 1314 ca., re dal 1252 al 1296), che gli presta giuramento di fedeltà, malgrado le proteste degli scozzesi. Nel 1292 scoppia la guerra. Baliol è appoggiato dalla Francia che spera di annettersi l’Aquitania. Edoardo assume una posizione difensiva in Aquitania per concentrare le sue forze contro Baliol, che è sconfitto e fatto prigioniero a Dunbar (27 aprile 1296). La Scozia è conquistata.

Edoardo riprende la guerra contro la Francia con l’aiuto dell’imperatore Adolfo di Nassau (1250 ca. - 1298, re dal 1292), che difende i territori imperiali contro l’espansionismo francese, e del conte di Fiandra Guido di Dampierre (1226-1305), che si ribella al suo signore Filippo IV il Bello dichiarandogli guerra il 9 gennaio 1297. Le operazioni militari iniziano in giugno, ma l’imperatore abbandona gli alleati. La rivolta in Scozia impegna Edoardo, che sconfigge a Falkirk il 22 luglio William Wallace (1270-1305). Il 9 ottobre stipula un armistizio con il re di Francia, tramutato in pace nel 1299. Guido di Dampierre, lasciato solo, soccombe, consentendo a Filippo IV il Bello (1268-1314, re dal 1285) di conquistare la Fiandra grazie anche all’appoggio dello scabinato patrizio delle città manifatturiere. Il re d’Inghilterra conserva l’Aquitania. Durante il conflitto Edoardo deve riconoscere al Parlamento il diritto di approvare le imposte (1297).

Contro gli Scozzesi che si sono appellati a Bonifacio VIII (1235 ca. - 1303, papa dal 1294) come supremo giudice tra le parti, Edoardo si allea con il re di Francia, cui si lega con un duplice matrimonio: il suo con Margherita, sorella del re, e del figlio Edoardo con Isabella, figlia del re. Sollecita l’appoggio del Parlamento, che nel gennaio 1301 riconosce al sovrano la legittimità della vittoria sugli scozzesi riportata sul campo a Falkirk.
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STORIA - Il Sacro Romano Impero

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di Giulio Sodano

Nel basso Medioevo, l’Impero germanico è il più prestigioso dei regni. Con Gregorio VII ed Enrico IV scoppia la lotta per le investiture, che si conclude con un compromesso. Alla dinastia sassone, dopo un periodo di lotte, succedono gli Hohenstaufen, che cercano di contrastare le tendenze centrifughe dei ducati tedeschi e delle città lombarde. Ma il vero successo che consegue Federico Barbarossa è il matrimonio del figlio Enrico VI con l’erede normanna del Regno di Sicilia, Costanza d’Altavilla.

La Germania e l’autorità imperiale ai tempi di Federico II

L’ultimo esponente degli Hohenstaufen è il giovane Corradino (1252-1268), che muore a Napoli nel 1268, dopo un inutile tentativo di recupero del Regno di Sicilia.

L'avvento degli Hohenstaufen e la politica italiana

Dopo Federico II, le prospettive di affermare un effettivo potere imperiale si vanno affievolendo. Il distacco della Sicilia con Manfredi (1231-1266) e a seguito delle battaglie di Benevento e Tagliacozzo, restringe l’attività politica tedesca esclusivamente sul suolo nazionale e fa coincidere regno e impero, nazionalizzando l’impero stesso. Uno dei pochi effetti positivi di questo processo è la maggiore resistenza alle intrusioni e alle candidature esterne alla Germania. Filippo il Bello (1268-1314, re dal 1285), agli inizi del Trecento, per due volte pone una candidatura francese all’impero, ma viene respinto.

L’interregno si conclude con la salita al trono, nel 1273, di Rodolfo d’Asburgo (1218-1291), che cerca di ristabilire l’autorità imperiale e di pacificare la Germania. Rodolfo, tuttavia, è un modesto signore feudale, preoccupato soprattutto di utilizzare il poco che resta del potere imperiale per rafforzare la sua casata, investendo suo figlio Alberto del ducato d’Austria.

All’inizio del Trecento è in forse non solo l’esistenza dell’impero, ma l’esistenza stessa di un Regno di Germania. Da Rodolfo d’Asburgo a Sigismondo di Lussemburgo (1368-1437, imperatore dal 1433) si succedono nove imperatori di cui solo tre ottengono la dignità imperiale in piena regola. Due di essi, Adolfo di Nassau (1250 ca. - 1298, imperatore dal 1292) nel 1298 e Venceslao di Lussemburgo (1361-1419, imperatore dal 1378 al 1400) nel 1400, vengono deposti.
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STORIA - Regni, principati, ducati, vescovati, città...

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Regni, principati, ducati, vescovati, città nell’area germanica

di Giulio Sodano

Nei secoli XIII-XIV si registra una spinta all’associazionismo tra le città, spesso per difesa dai tentativi dei principi di assoggettare i centri urbani. Nonostante la conflittualità, lo sviluppo economico-sociale della Germania non ne risente. L’assenza del potere regio è un’ulteriore spinta alla formazione di leghe cittadine. La crescita dell’importanza della Prussia e della Pomerania accentua l’asse politico della Germania verso est, a scapito della Svevia. La peste riduce la popolazione nelle campagne e provoca le prime persecuzioni di ebrei.

La Germania delle città

A metà del Duecento, la grande Lega Renana raccoglie le città dalla Svizzera al Basso Reno e procede d’accordo con la più antica Lega Sveva. La loro azione è assai efficace, tanto da riuscire in alcuni casi anche a influenzare le elezioni imperiali. Combattono predoni e liberano vie e fiumi. Ma sicuramente la più potente e la più nota delle leghe è quella Anseatica, che forma un gruppo di città potenti senza pari nel Medioevo. I mercanti stabilitisi nei porti del mar Baltico e in quello del Nord, prevalentemente tedeschi, si associano per motivi di sicurezza. La prima Hansa è istituita a Visby sull’isola di Gottland nel 1161. Nell’arco di un secolo si sviluppa un’ampia confederazione di libere città marinare dall’Atlantico al golfo di Finlandia. La Lega Anseatica raggiunge la sua massima potenza nel XIV secolo. È un insieme di leghe i cui delegati si incontrano regolarmente per coordinare una politica comune. La Lega non ha una costituzione, né un governo centrale, ma accumula un corpus di leggi e di consuetudini.
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STORIA - La Confederazione Elvetica

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di Fausto Cozzetto

Nel 1291, con il giuramento di Rüttli, nasce il primo embrione della Confederazione Elvetica riunendo le comunità che risiedono nelle adiacenze del lago dei Quattro Cantoni. La formazione politica costituisce poco più di una forma di accordo di buon vicinato, ma essa è destinata a rafforzarsi in seguito alla minaccia costituita, per questi come per altri cantoni, dalla presenza feudale asburgica, che tenta di costruire sulla regione svizzera un proprio principato territoriale.

Il giuramento di Rüttli

La nascita della Confederazione Elvetica si deve al giuramento di Rüttli, nel quale proprio i tre cantoni di Schwyz, Uri, Unterwald, noti anche come Paesi forestali, si promettono reciproco aiuto in caso di attacco; si impegnano a non accettare giudici originari di località esterne alle loro vallate e, soprattutto, giurano di sottoporre ad arbitrato tutti gli eventuali motivi di dissenso fra le tre comunità risolvendoli pacificamente. Il 1º agosto 1291 nasce la Confederazione Elvetica sulle fondamenta di questo patto, il cui significato politico è chiaro per il ceto dirigente delle tre città firmatarie. Esse compiono un atto di cosciente e permanente ribellione all’autorità degli Asburgo, che fin dagli inizi del XIII secolo si sono assicurati, in concorrenza con altri casati feudali laici ed ecclesiastici, buona parte del territorio che costituisce l’attuale Svizzera. La forza di contestazione dell’autorità feudale trova radici nel sentimento di imitazione nei confronti dell’esperienza comunale italiana, da cui le città sopraccitate vengono profondamente influenzate, localizzate come sono nella regione del San Gottardo; in particolare, tale imitazione riguarda l’acquisizione del contado da parte dei centri urbani dell’Italia settentrionale e centrale.
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STORIA - La penisola iberica

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di Rossana Sicilia

Nel corso del XIII e XIV secolo la Reconquista cristiana è sostenuta dall’intervento della crociata bandita da papa Innocenzo III. Essa porta, da una parte, alla concentrazione della residua popolazione moresca nel Regno di Granada, nel sud della penisola iberica; gli Stati cristiani, dall’altra, ne escono notevolmente rinsaldati sul piano territoriale, per cui i regni di Portogallo, Castiglia e León, nonché la monarchia catalano-aragonese acquistano i caratteri che manterranno fino all’avvio dell’Età moderna. In particolare, in Portogallo e nella Catalogna divengono prevalenti quelle forze cittadine e interessi mercantili che porteranno importanti esiti sul piano delle scelte delle rispettive dinastie regnanti.

La Reconquista

Alla fine, intorno al 1270, le forze Almohadi sono confinate nel solo Regno di Granada, governato dai Nasridi, originari di Arjona, i quali, per poter resistere e salvarsi dall’avanzata cristiana, si assoggettano a Ferdinando III di Castiglia y León, aiutandolo persino durante le sue imprese militari di Reconquista. Come conseguenza di questa alleanza, il Regno di Granada diventa un punto di riparo di islamici che vi confluiscono numerosi per non abbandonare la penisola iberica, tanto che, nel corso del Duecento, la sua popolazione arriva a superare i tre milioni di abitanti.

Il Portogallo

Il ruolo dinamico della monarchia si manifesta durante tutto il secolo attraverso i frequenti interventi e le concessioni di privilegi alle città portoghesi, indirizzati, in particolare, a incentivarne le attività commerciali e industriali. A tal proposito, re Dionigi (1261-1325) avvia la creazione di una flotta che possa garantire protezione e difesa, per offrire uno sbocco alle complesse attività urbane, e prende al proprio servizio esperti di navigazione di origine genovese. Nel 1291 fonda l’università di Lisbona.

La monarchia catalano-aragonese

Sulla costa orientale, anche la monarchia catalano-aragonese è travagliata da lotte civili che presentano le stesse motivazioni, conseguenti al periodo post bellico successivo alla Reconquista. Inoltre, l’aristocrazia aragonese mostra un’organizzazione più efficace rispetto a quella castigliana. La ripartizione dei domini indirizzata ai suoi figli da parte del sovrano Giacomo I, crea due monarchie distinte e contrastanti, la prima che comprende l’Aragona, la Catalogna e Valencia; l’altra Maiorca e le Baleari. È a quest’ultima che vengono assegnati i possedimenti francesi mantenuti dalla dinastia aragonese. Quando, nel 1343, l’unità fra i due rami della dinastia si ricompatta, vengono perduti proprio i territori francesi.

Il regno ormai unito intraprende un programma politico di forte presenza nel Mediterraneo. Pietro III (1240-1285, re dal 1282), figlio di Giacomo, si impegna nella guerra per assicurarsi il possesso della Sicilia, dove si sta svolgendo la lotta autonomista dei Vespri contro gli Angiò. Spinto da necessità finanziarie, il sovrano è costretto a cedere alle richieste della componente feudale delle Cortes ed emana il Privilegio general, con il quale quest’ordine si vede riconosciuti antichi privilegi presenti nelle diverse province. Tutto ciò lo rinsalda e lo compatta, così da essere spinto a chiedere e ottenere il Privilegio de la Unión e cioè il diritto a contestare la monarchia senza che il sovrano possa procedere contro i componenti l’Unione.
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STORIA - Il Regno angioino di Sicilia

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di Francesco Paolo Tocco

Il 26 febbraio 1266, Carlo d’Angiò, fratello minore del re di Francia, Luigi IX, sconfiggendo a Benevento Manfredi, figlio naturale di Federico II di Svevia, diventa re di Sicilia, ristabilendo l’ordine dietro espressa richiesta del titolare feudale del regno, papa Urbano IV. Con questo invito il pontefice intende conseguire due risultati: riportare il Regno di Sicilia all’obbedienza feudale dovuta alla Chiesa e trovare il braccio armato che coaguli attorno al papato le forze guelfe dell’Italia centro-settentrionale. Ben presto, però, le attese pontificie e quelle di Carlo I dovranno rimodularsi di fronte al mutato panorama internazionale prodotto dal Vespro.

La conquista e la francesizzazione

All’indomani della vittoria di Benevento, Urbano IV (1200 ca. - 1264, papa dal 1261) constata che Carlo I (1226-1285, re di Sicilia 1266-1282, re di Napoli dal 1266), pur rimanendo fedele alla Chiesa, non intende rinunciare ad ampi spazi di autonomia decisionale in Italia e nel Mediterraneo orientale, dove aspira a conquistare Costantinopoli e Gerusalemme, la cui corona – del tutto nominale – ottiene nel 1277. L’angioino, dal canto suo, sperimenta la complessità della gestione del regno. Nel 1267-1270 deve impegnarsi per domare una rivolta filosveva, rinvigorita dall’infelice spedizione dell’ultimo degli Hohenstaufen, Corradino (1252-1268), sconfitto a Tagliacozzo il 23 agosto del 1268, catturato in seguito al tradimento di un feudatario e fatto decapitare a Napoli. Nel 1270 Carlo I attua una politica di repressione, colpendo i feudatari e le città ribelli, e avvia un programma di francesizzazione dell’aristocrazia regnicola, con l’immissione di parecchi cavalieri transalpini. Anche i dignitari del regno, i quadri amministrativi di livello superiore e le maggiori cariche ecclesiastiche vanno a Francesi e Provenzali. Queste scelte, unite a una fiscalità sempre più pesante, acuiscono tensioni sociali le cui motivazioni profonde risalgono già al regno di Federico II di Svevia (1194-1250, imperatore dal 1220), favorendo lo scoppio insurrezionale del Vespro, avvenuto a Palermo il lunedì di Pasqua del 1282.

Sebbene non si possa parlare di un complotto internazionale ordito contro Carlo I dall’imperatore bizantino Michele VIII Paleologo (1224-1282), che teme un attacco angioino, è certo che le istanze antiangioine del re d’Aragona, Pietro III (1240-1285, re dal 1276) – marito di Costanza (1249-1300), protettore dei fuorusciti regnicoli filosvevi e sovrano di un regno rivale di quello angioino nella conquista di spazi economici mediterranei – di una parte della curia pontificia ostile allo strapotere di Carlo e, naturalmente, del basileus bizantino, sono alla base di sforzi che, più o meno coordinati, incoraggeranno la rivolta. I ribelli, infatti, invocano ben presto l’aiuto di Pietro III che, dalla Tunisia dove sta guidando una crociata, si reca in Sicilia e riceve la corona del regno. Urbano IV bandisce una crociata contro gli insorti e il loro sovrano illegittimo, affidandone la guida al re di Francia, Filippo III l’Ardito (1245-1285, re dal 1270), spostando la guerra in Catalogna e nel sud dell’attuale Francia, e creando notevoli difficoltà a Pietro III. Ma gli Angioini non riconquistano la Sicilia, perdono anche la Calabria e rischiano di perdere il regno quando nel 1284 Carlo lo Zoppo (1252-1309, re dal 1285), figlio di Carlo I, contravvenendo alle direttive del padre impegnato in Francia, ingaggia contro i siculo-aragonesi una battaglia navale nel golfo di Napoli, perdendola e venendo catturato dai nemici. Napoli insorge contro gli Angioini e solo l’immediato rientro del re riporta l’ordine.

Nel 1295, regnando Carlo II lo Zoppo, la Sicilia sembra in procinto di tornare alla dinastia angioina in virtù del trattato di Anagni, frutto della tenacia diplomatica di papa Bonifacio VIII (1235 ca. - 1303, papa dal 1294). Il nuovo re d’Aragona, Giacomo II (1267 ca. - 1327), infatti, accetta l’investitura del Regno di Sardegna e Corsica e si impegna a restituire la Sicilia agli Angioini. Ma i Siciliani offrono la corona al luogotenente di Giacomo nell’isola, il fratello minore Federico (1272-1337, re dal 1296) che, pur essendo il secondo re isolano con tale nome, si fa chiamare Federico III, in chiara continuità con la politica imperiale di Federico II di Svevia.
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STORIA - Il Regno aragonese di Sicilia

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di Francesco Paolo Tocco

Il lunedì di Pasqua del 1282 a Palermo si scatena una rivolta contro il re Carlo I d’Angiò. I rivoltosi offrono la corona a Pietro III d’Aragona, capo dei fuorusciti ghibellini e filosvevi del Regno di Sicilia, perché marito di Costanza, figlia di Manfredi, il quale si impegna a rispettare le leggi del regno e a garantire che corona aragonese e siciliana costituiscono due entità distinte. Per poco più di 100 anni nell’isola regna una dinastia aragonese indipendente, nutrendosi di sogni autonomistici che lasciano una traccia duratura nei ceti dirigenti locali anche dopo l’inglobamento nei domini della corona d’Aragona avvenuto agli inizi del Quattrocento.

La forza della resistenza

Le modalità dell’assunzione della corona siciliana da parte di Pietro III (1240-1285, re dal 1282) e le successive vicende che vedono i successori del monarca costretti alla difensiva dai tentativi di riconquista angioina, determinano un peculiare rapporto tra ceti dominanti: non essendo Pietro un conquistatore ma un re eletto dall’aristocrazia isolana, i nobili rivendicheranno sempre nei confronti suoi e dei successori un ruolo di diretti interlocutori. Pietro III, subito scomunicato da Urbano IV (1200 ca. - 1264, papa dal 1261), è costretto a impegnarsi contro la potenza angioina, sostenuta pesantemente dal regno di Francia, venendo confortato dai successi conseguiti dalle milizie siciliane e dall’esperta flotta catalana.

Nel 1285 gli succede sul trono aragonese il primogenito Alfonso (1265-1291) alla cui morte diventa re d’Aragona il secondogenito di Pietro, Giacomo (1267 ca. - 1327) che, contravvenendo ai patti, non lascia la corona siciliana, nominando suo luogotenente in Sicilia il fratello Federico. Papa e Angioini si oppongono con particolare vigore a questa scelta e Giacomo, comprendendo di aver forzato troppo la situazione, accetta la pace che papa Bonifacio VIII (1235 ca. - 1303, papa dal 1294) impone ai contendenti: in base al trattato di Anagni (1295) la Sicilia torna agli Angioini. Giacomo in compenso viene investito dal pontefice dei regni di Sardegna e di Corsica.

Il ceto dirigente isolano, tuttavia, si oppone a tale soluzione, offrendo la corona a Federico (1272-1337), che dal 1296 si proclama re di Sicilia, scatenando un conflitto che lo vedrà opposto al fratello (il quale, però, quando avrà l’opportunità di sbaragliarlo si guarderà bene dal farlo).
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STORIA - Venezia e le altre città marinare

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di Catia di Girolamo

Alla sempre più aspra concorrenza fra le città marinare si intersecano processi di trasformazione degli assetti interni che rivelano le interrelazioni fra lo scenario complessivo del Mediterraneo e gli equilibri politici e sociali dei centri principali. Mentre prosegue il declino delle città costiere meridionali, decentrate rispetto ai sistemi politici in cui vengono inserite, sono ancora attivissime Pisa, Genova e Venezia. Fra Due e Trecento, tuttavia, maturano le premesse che vedranno solo la Serenissima porre le condizioni di una piena autonomia politica, di una lunga continuità istituzionale e di una durevole solidità economica.

Pisa: quadro conflittuale e sperimentazioni politiche

Alla morte di Federico II si avvia anche il declino politico ed economico della città toscana. Il suo ruolo nell’Adriatico è già stato arginato dai Veneziani; Firenze ne erode con successo crescente le posizioni commerciali in Toscana; Genovesi e Aragonesi si rafforzano in aree mediterranee di tradizionale interesse pisano; lo scontro diretto con i Genovesi conduce, nel 1284, alla disfatta della Meloria; nel 1289, dopo la sconfitta dell’alleata Arezzo nella battaglia di Campaldino, Pisa si trova a dover affrontare da sola la lega guelfa toscana (Fiorentini e Lucchesi), per terra, e ancora i Genovesi (ai quali cederà la Corsica), sul mare; nel 1324-1326 gli Aragonesi tolgono ai Pisani anche la Sardegna, riducendoli al rango di potenza tirrenica e aggravando la rivalità con i Fiorentini.

Le ripercussioni interne non mancano: dall’ultimo ventennio del XIII secolo, i Pisani tentano esperimenti di governo signorile affidandosi a personaggi esterni, come i Montefeltro o Uguccione della Faggiola (1250-1319), ma anche a cittadini come i conti di Donoratico, i Dell’Agnello o i Gambacorta.

Venezia: chiusura oligarchica, modifica della direzione espansiva

Al principio del Duecento, in occasione della quarta crociata, i Veneziani consolidano le proprie posizioni nel Mediterraneo orientale, che diventa più che mai area di scontro con i Genovesi. Contrasti diplomatici ed episodi di guerra si moltiplicano, fino alla sconfitta del 1298, presso l’isola di Curzola, nelle acque dalmate.

Per quanto gli equilibri orientali non ne risentano in profondità, Curzola rivela e acuisce una stagione di difficoltà per la Serenissima, che si sta riorganizzando anche sul piano degli assetti istituzionali interni.

Nel caso di Venezia, questa tendenza dà luogo alla serrata del Maggior Consiglio del 1297: alcune famiglie di origine popolare vengono ammesse nell’organismo che detiene i principali poteri pubblici, ma contemporaneamente si definiscono procedure elettorali che escludono di fatto, per il futuro, la possibilità di accesso per nuovi gruppi familiari. La debolezza della componente propriamente popolare determina il fallimento di un tentativo di rovesciare l’ordinamento oligarchico, nel 1299, e la chiusura è anzi accentuata nel 1323, quando ai ceti privilegiati viene riservato l’accesso non solo al Maggior Consiglio, ma anche agli altri organi di governo.
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STORIA - I Paesi scandinavi

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di Renata Pilati

Lotte civili e scontri tra sovrani, nobiltà e clero cristiano fanno da scenario al rafforzamento della monarchia nei Paesi scandinavi che, attraverso alleanze matrimoniali, raggiungono con l’Atto costituzionale di Kalmar (1397) l’unione politica ed economica sotto l’egemonia danese.

La Norvegia

Nel 1261 dà inizio all’occupazione di Groenlandia e Islanda, che impegna i Norvegesi fino al 1264. Alla sua morte, gli succede il figlio Magnus VI Lagabötes [il Legislatore] (1238-1280, re dal 1263) che presto si trova a cedere alla Scozia le isole Ebridi (1266), malgrado il desiderio paterno di ristabilirvi la propria autorità. Magnus riorganizza l’amministrazione e la giustizia, dotando la Norvegia di un codice che stabilisce i diritti dei cittadini sull’intero territorio. Favorisce, inoltre, il commercio con grande beneficio per le città: in questo periodo vengono infatti fondati nuovi centri cittadini per raccogliere una popolazione che risulta in crescita. Segnale delle vaste opere di dissodamento in corso, poi, è la comparsa nella Legge del 1267 del termine “plog” che indica l’aratro.

Durante il suo regno, però, l’alleanza con la Danimarca, cementata dal matrimonio con Jngebiørg, si converte in guerra per il mancato rispetto dei patti. Alla sua morte gli succede il figlio Erik Magnusson (1268-1299), un fanciullo di 12 anni. Durante la reggenza vi sono aspre lotte con l’alto clero; in seguito il potere viene diviso con il fratello Haakon V (1270-1319, re dal 1299), di due anni più giovane, che nel 1285 si stabilisce a Oslo e governa la parte orientale della Norvegia. Erik continua a combattere contro la Danimarca per la questione della dote di sua madre e nel 1295 firma con la Danimarca un accordo per la cessione dell’Öland settentrionale alla Norvegia, ma non ottiene quanto gli è stato promesso. Alla sua morte gli succede il fratello Haakon V Magnusson, che riprende la guerra contro la Danimarca finché non riesce a ottenere, nel 1309, l’Öland. Combatte anche contro la Svezia e, per la difesa del Paese, fa costruire una serie di fortezze, presidiate da milizie professionali. Sua figlia Jngebiørg sposa il duca svedese Erik: sono poste così le premesse per l’unificazione della Norvegia e della Svezia.

La Svezia

Erik XI è messo in salvo in Danimarca, dove rimane fino all’anno di scomparsa dell’usurpatore. La reggenza è esercitata dai duchi Ulf e Birger. Birger seda una rivolta organizzata dal figlio di Ulf e consolida i rapporti con il sovrano sposandone la sorella Jngebiørg: dal matrimonio nasce Valdemaro(1243-1302, re dal 1257), che succede allo zio, Erik XI, privo di eredi.

La Danimarca

Erik IV, attaccato dal fratello, il duca Abele (1218-1250), deve tassare i contadini per raccogliere il danaro per la difesa, ma è sconfitto, fatto prigioniero e decapitato nel 1250. Il vincitore Abele regna due anni. Alla sua morte diventa re il fratello Cristoforo I (1219-1259), terzogenito di Valdemaro II, che lotta contro i vescovi del regno a favore del nipote Valdemaro, ma viene fatto prigioniero da Arnfasto, canonico della città di Riben, dove muore. È proclamato quindi re il figlio Erik V Klipping [il Guercio] (1249 ca. - 1286, re dal 1241), un fanciullo di 10 anni. La reggenza è assunta dalla madre, che deve fronteggiare l’opposizione del clero e dei nobili. Uscito di minorità, Erik V deve fare promesse ai nobili e al clero, guidato da Giacomo Erlandsson (1274); s’impegna nel 1282, infatti, a convocare i nobili in assemblea una volta l’anno, ma è egli stesso vittima di una congiura nobiliare (1286). Il figlio Erik VI Menved (1274-1319, re dal 1286), un fanciullo di 12 anni, è affidato alla reggente, la madre Agnese di Brandeburgo. I responsabili dell’uccisione del padre sono condannati nel 1287, ma riescono a fuggire in Norvegia, da dove organizzano spedizioni contro la Danimarca fino al 1310. Erik VI ha un temibile avversario nell’arcivescovo di Lund, Jens Grand, che è sostenuto dal pontefice Bonifacio VIII (1235 ca. - 1303, papa dal 1294), anche se il re ottiene per breve tempo l’appoggio papale. Erik tuttavia riesce a portare avanti la politica espansionistica: s’impossessa di Rostock, sottomette Lubecca, che lo accetta come signore, e l’area a nord dell’Elba.
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STORIA - Le città della Lega Anseatica

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di Fabrizio Mastromartino

Le città della bassa Germania e dell’area renana approfittano dell’assenza di poteri territoriali forti per costruire una rete di alleanze, a tutela degli interessi dei mercanti tedeschi dediti al commercio estero, che ben presto forma una vera e propria potenza economica regionale. L’inconsistenza costituzionale dell’alleanza, tuttavia, compromette, a partire dalla fine del XIV secolo, la longevità della supremazia faticosamente conquistata dalla Lega.

L’Hansa

Il termine, di antica origine, Hansa (da cui l’italiano “Anseatica”), sin dalla prima metà del XII secolo, indica l’unione dei mercanti tedeschi, dediti al commercio estero, finalizzata alla difesa e alla promozione dei propri comuni interessi. Genericamente di Hansa si parla in relazione a qualsiasi compagnia, associazione o corporazione di mercanti che svolgano le proprie attività commerciali all’estero, come la Società dei mercanti di Lombardia e Toscana dimoranti in Francia. Tuttavia, ben presto la Hansa viene a coincidere con la società formata dai mercanti della bassa Germania, nota come Lega Anseatica (o Teutonica). La sua specificità, che la distingue dalle altre corporazioni esistenti all’epoca, consiste nel profilo anche politico, e non soltanto economico, che essa assume, allorquando i legami tra i mercanti si trasformano progressivamente in vincoli di solidarietà tra le città dalle quali i commercianti provengono.

Origine e sviluppo della Lega Anseatica

La data dell’atto di nascita della Lega è incerta. Ma è indubbio che le origini della sua formazione e del suo formidabile sviluppo nel corso del XIV secolo risalgano alla fondazione da parte dei mercanti tedeschi di basi commerciali nei maggiori snodi dei traffici dell’Europa settentrionale, come Londra, Bruges, Visby (nell’isola svedese di Gotland), Novgorod (in Russia) e, più tardi, Bergen (in Norvegia). Già alla fine del XII secolo, i mercanti della bassa Germania e delle città renane godono, in questi centri, di ampi privilegi commerciali: benefici tariffari, dispensa parziale, e in certi casi totale, dai dazi sulle esportazioni delle merci, esenzione dalla giurisdizione locale.

Benché la prima apparizione della Lega in un documento ufficiale sia piuttosto tardiva, essendo testimoniata incontrovertibilmente soltanto a partire dalla metà del XIV secolo, la nascita della Hansa è legata allo sviluppo urbano della seconda metà del XII secolo e alle prime alleanze strette tra le città della bassa Germania nel secolo successivo. Approfittando della lunga assenza di Federico II (1194-1250, imperatore dal 1220), già nel 1241 le città di Lubecca e Amburgo si uniscono per meglio tutelare i propri interessi comuni, di cui una cospicua parte riguarda il commercio estero nell’area baltica e nel Mare del Nord. Ma ben più importante è l’alleanza formata da Lubecca e Amburgo qualche decennio più tardi con le altre città costiere della regione, tra cui Rostock, Wismar e Stralsunda, che nel 1270 si estende anche alle province renane e al suo centro maggiore, Colonia.

Il fattore che più di ogni altro favorisce la costruzione di questa rete di alleanze, cui partecipano oltre 50 città, è l’assenza di poteri territoriali in grado di contrastarne lo sviluppo e di difendere gli interessi delle categorie per la cui tutela la Lega è costituita. Sul continente, l’impero è indebolito dalle divisioni interne, e i Paesi scandinavi, anch’essi fiaccati da conflitti che oppongono le monarchie ai potentati feudali, piuttosto che controllare le rotte commerciali dei mari su cui si affacciano, finiscono per svolgere un ruolo assai passivo, alimentando così l’intraprendenza dei mercanti tedeschi e accrescendo la ricchezza delle città dalle quali essi provengono. Spesso, anzi, sono proprio i sovrani dei regni scandinavi che, nel tentativo di ottenere maggiori entrate per imporre la propria supremazia sui ceti nobiliari, favoriscono lo sviluppo del commercio indebitandosi con i mercanti stranieri, in particolare delle città costiere della bassa Germania, dai quali profittano di generosi prestiti.

Ma la ricchezza della Lega consegue soprattutto dal controllo in molti casi monopolistico che essa esercita sul grande commercio di esportazione dei Paesi baltici. Per mezzo di questa posizione di forza, che nel corso del XIV secolo la pone allo stesso livello dei rappresentanti delle monarchie e dei nobili scandinavi, la Lega diviene un’importante potenza economica in grado di influenzare considerevolmente le dinamiche politiche della regione.
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