Una figura complessa che è presente nel Medioevo è quella di Sant'Antonio Abate. Perché complessa, perché maggiormente conosciuto al Sud Italia, dove invece al Nord è maggiormente diffuso il culto di Antonio di Padova.
Eppure questo santo ha avuto un importanza fondamentale nella vita sociale dell'era di Mezzo.
Antonio nasce a Coma (attuale Qumas) nell'Egitto post ellenistico, sotto il dominio romano nel 251 d.C., da una famiglia di ricchi agricoltori cristiani. Tra i 18 e i 20 anni perde i genitori ritrovandosi erede di un ricco patrimonio e dovendo provvedere all'educazione della sorella minore.
Tuttavia proprio in questo periodo sente la chiamata del Signore, seguendo il precetto evangelico di donare tutto ciò che si possiede ai poveri e di seguire Gesù.
Venduti i beni e affidata la sorella a una comunità monacale femminile, chiede a Dio di essere illuminato ed ha la visione di un uomo che sta tessendo una corda, lascia poi il lavoro e torna a tessere; quell'uomo è un angelo e tale scena è un precursore della regola: Ora et labora, che fa di Antonio il Padre Precursore del Monachesimo ancor più di San Benedetto da Norcia, due secoli dopo in Occidente.
Ritiratosi presso il deserto della Tebaide (compreso nella zona dell'antica città di Tebe), inizialmente non si sposta più di tanto dalla sua città natale, ritirandosi nelle vicinanze di una grotta; non conosce per il momento nient'altro che la cultura copta.
Qui vive di povertà, castità e obbedienza; subisce le tentazioni del demonio (elemento portante nella futura iconografia), tanto che viene ritrovato esanime da chi gli porta cibo e riportato nella chiesa della città, dove si riprende.
Successivamente, attorno al 285 Antonio si sposta sul monte Pispir sul Mar Rosso e trova rifugio presso un antica fortezza romana, dove vive per circa 20 anni in una torre, dove giornalmente gli viene calato del pane.
La fama del suo ascetismo spinge molti giovani a seguire il suo esempio, tanto che le mura del forte dove si è rifugiato vengono abbattute, e Antonio viene liberato.
Sebbene l'eremita della Tebaide pur non rinunciando totalmente al distacco del mondo abbia aiutato talvolta qualcuno, ora il suo modo di agire cambia radicalmente.
Antonio è ora a capo di un gruppo di seguaci noti con il nome di Padri del Deserto, diffusi in due grandi comunità a Occidente e a Oriente del Nilo: Antonio è visto come il Padre spirituale di questi monaci, pur sostenendo ancora l'anacoretismo al cenobitismo.
L'eremita egiziano è già in fama di santità: è visto come un grande predicatore verso il popolo e come taumaturgo, a cui sono attribuite numerose guarigioni miracolose e esorcismi.
Antonio abbandona il suo eremitaggio in due occasioni: la prima per portare conforto ai cristiani della città di Alessandria d'Egitto, sede dell'omonimo patriarcato nel 311 a causa della persecuzione di Massimino Daia, non è perseguitato ed ha il sostegno dell'amico e allievo Atanasio futuro vescovo della città e santo.
Successivamente Antonio sosterrà Atanasio nella lotta all'arianesimo e lo stesso vescovo è autore di una biografia sul santo eremita.
Antonio muore all'età di 105 anni, nel deserto della Tebaide, presso il monte Qolzum nel 357 d.C. e i suoi monaci lo seppelliscono in luogo segreto.
Altri eventi della fama di Sant'Antonio Abate presso i suoi contemporanei sono: la visita di Sant'Ilarione, nel 307, su come poter fondare un monastero a Majuma, vicino Gaza, dove infatti sorgerà la prima comunità monastica della Palestina.
Viene infine costruita sopra la grotta dell'eremita, il Monastero di sant'Antonio non solo uno dei monasteri cristiani copti più antichi, ma anche il più antico monastero cristiano al mondo.
L'importanza di Antonio Abate nel mondo medievale inizia proprio a partire da questo momento: Secondo la testimonianza di Aymar Falco storico dell'Ordine dei Canonici Antoniani, risalente al XVI, le reliquie di Sant'Antonio Abate, vengono recuperate dal luogo segreto e portate a Costantinopoli sotto il regno dell'imperatore Giustiniano.
Tali reliquie vengono portate in Francia da Jaucelin di Châteauneuf, nobile di Vienne che le ha avute in dono dall'imperatore di Bisanzio.
Guigues de Didier fa costruire presso La Motte (divenuta in seguito Saint-Antoine), una chiesa che accolga i resti del santo e questa fa a capo dell'abbazia benedettina di Montmajour.
Col tempo il priorato benedettino, entra in contrasto con l'ordine dei Cavalieri Ospitalieri a causa della rendita del luogo e questi ultimi spingono gli Antoniani ad andarsene ponendo i resti dell'abate presso la Chiesa di Saint-Julien ad Arles.
Per comprendere Antonio Abate a partire dal Medioevo occorre dunque partire dalla tradizione attorno a lui formatasi.
Secondo la storica Laura Fenelli, l'eremita che si vede nei dipinti post-cristiani circondato dai fedeli, è lo stesso che si vede accompagnato da un maialino nei dipinti trecenteschi, così come è lo stesso santo protettore degli animali da cortile e da stalla e dalle malattie, così come è protettore degli incendi presso i contadini.
L'attribuzione della protezione dal fuoco al santo abate deriva da due tradizioni: si racconta che Antonio abbia donato il fuoco all'umanità ascendendo all'inferno, dove entrò a causa del suo maialino che stava devastando l'interno, dopo che gli fu negato l'ingresso a causa della sua santità, poiché i diavoli non riuscivano a fermare l'animale.
I demoni vollero però vendicarsi per la devastazione causata dal maiale e strappato il bastone al santo eremita provarono a bruciarlo, ma il legno era di ferula e essendo spugnoso il fuoco rimase all'interno, furono dunque costretti a ridarlo all'abate che calmò nuovamente la bestiola.
Antonio uscì beffando così i diavoli tre volte, dato che gli avevano dato inconsapevolmente il prezioso elemento.
L'eremita benedì il fuoco e lo distribuì al mondo roteando il bastone e tornò al suo eremitaggio.
Il maialino si accosta alla campanella: dopo il recupero delle spoglie del santo, viene infatti fondato l'ordine Ospedaliero dei canonici regolari di sant'Agostino di sant'Antonio Abate, o Ordine degli Antoniani, di stampo monastico cavalleresco: approvato nel 1095 da Papa Urbano II al Concilio di Clermont e nel 1218 confermato con una bolla papale di Onorio III.
Questi canonici sono specializzati nella cura contro il virus del
ignis sacer causa dell'ergotismo, una forma di avvelenamento della segale da panificazione. Curano inoltre l'
Herpes Zoster, usando per entrambe le malattie spalmare grasso di cotenna di maiale.
Questo male è dunque chiamato
fuoco di Sant'Antonio, e i monaci di questi monasteri allevano maiali a spese della comunità, tali maialini girano liberi con una campana legata al collo come simbolo di riconoscimento, accade inoltre che molti contadini allevino un maiale destinato poi al convento.
Sant'Antonio Abate è inoltre riconosciuto come patrono tra gli altri: degli eremiti, macellai, salumieri e cordai.
Dunque la definizione dell'importanza di Sant'Antonio Abate deriva da quest'intreccio tra iconografia, storia e tradizione: che delinea tale santo come importante per l'opera taumaturgica attribuitagli, ma anche attraverso la conoscenza popolare che delinea e modifica il suo culto secondo le leggende e le storie di determinati mondi sociali, formando l'immagine che viene così perpetuata attraverso i secoli.
https://it.wikipedia.org/wiki/Antonio_abate
https://it.wikipedia.org/wiki/Canonici_ ... _di_Vienne
http://www.parrocchiasantagata.com/past ... e-il-fuoco
http://www.transacqua.com/santantonio-a ... turgo.html
http://www.santiebeati.it/dettaglio/22300
http://it.cathopedia.org/wiki/Sant'Antonio_abate
http://www.archeomedia.net/laura-fenell ... suo-culto/
Dall'eremo alla stalla: Storia di Sant'Antonio Abate e del suo culto, Laura Fenelli, Laterza 2011