La battaglia di Colle Val d'Elsa (17 giugno 1269)

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La battaglia di Colle Val d'Elsa (17 giugno 1269)

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GHIBELLINI ULTIMO ATTO
La battaglia di Colle Val d'Elsa (17 giugno 1269)
di Nicola Zotti http://www.warfare.it

La battaglia di Montaperti (4 settembre 1260) aveva marcato il culmine dei successi ghibellini in Toscana.

Da allora la situazione era gradatamente ma inesorabilmente mutata a favore dei guelfi, soprattutto per le abili manovre del papa Clemente IV, che si era guadagnato consensi importanti. Le famiglie Tolomei, Salimbeni, Piccolomini, solidissime realtà finanziarie, avevano cambiato campo per meglio tutelare i propri interessi economici, subito seguite dal Populus senese, la ricca e media borghesia cittadina che aveva ormai maturato la convinzione di poter governare la città fuori dagli schemi della contrapposizione tra guelfi e ghibellini.

Le sconfitte ghibelline a Benevento (26 febbraio 1266) e a Tagliacozzo (23 agosto 1268) non avevano avuto in Toscana quell'effetto che potremmo immaginare, ma anzi avevano avvicinato le due maggiori potenze ghibelline della regione, Pisa e Siena, costringendole a collaborare con maggiore entusiasmo che mai per proteggersi a vicenda: ciascuna era ancora abbastanza forte da resistere da sola ad un attacco guelfo, a maggior ragione ci sarebbero riuscite intervenendo l'una a sostegno dell'altra.

Minacce più subdole e per questo più pericolose venivano, in particolare per Siena, dai fuorusciti, che rappresentavano con i loro intrighi una costante minaccia alla stabilità politica della città, ed avevano fatto di Colle Val d'Elsa, per la sua vicinanza alla madrepatria, il proprio punto di raccolta.

Colle aveva sempre gravitato in orbita guelfa, e nel 1268 aveva cacciato i propri cittadini ghibellini, entrando definitivamente nella sfera di influenza politica fiorentina, dalla quale sperava di ottenere vantaggi territoriali, proprio a danno di Siena.

Colle val d'Elsa era quindi una spina nel fianco per Siena, la punta avanzata della nemica Firenze e dei senesi guelfi, che da quella città lanciavano continue incursioni nel suo territorio, contro i possedimenti dei propri nemici, arrivando persino sotto le mura della città.

La situazione, come potete immaginare, era insostenibile, perché al di là dei danni materiali, l'incapacità di Siena di controllare la situazione rischiava di causare un inarrestabile effetto domino tra i borghi che ormai avevano fiutato l'aria e aspettavano solo l'occasione per abbandonare il partito dei ghibellini senesi.

La questione forse avrebbe potuto risolversi per via diplomatica, ma a Siena, per le pressioni in particolare del capitano Provenzano Salvani, si scelse decisamente quella militare: una spedizione in grande stile che avrebbe coinvolto anche i pisani, per sradicare una volta per tutte la minaccia.

Tra i fuoriusciti senesi rifugiatisi a Colle anche la zia dello stesso Salvani, Sapia, che avrà una parte di rilievo nel ricordo che abbiamo della battaglia.

L'esercito ghibellino si riunì a Monteriggioni: 1.400 cavalieri e 8.000 fanti, guidati proprio da Provenzano Salvani.

I pisani erano stati seguiti per tutto il loro tragitto da spie che avevano informato dettagliatamente i fiorentini della situazione, dando loro modo di prepararsi ad intervenire.

Le intenzioni ghibelline, tuttavia, non erano ancora state scoperte, perché i possibili bersagli non erano pochi.

Colle era così praticamente sguarnita e i primi rinforzi guelfi vi arrivarono il 14 giugno, contemporaneamente all'esercito ghibellino: 200 cavalieri fiorentini guidati da Neri de' Bardi, che si trovavano nelle vicinanze, 400 cavalieri francesi al comando del Maniscalco di Re Carlo d'Angiò, Giovanni Britaud, forse accorsi di gran carriera di Firenze o forse già nella zona, e un paio di centinaia di altri cavalieri tra fuoriusciti e colligiani, oltre a 300 miliziani di fanteria della stessa Colle.

Le numerose fanterie fiorentine, più lente, ma non per questo meno entusiaste di dare battaglia, sarebbero arrivate di lì a qualche giorno.

Fu proprio questa prossima minaccia a convincere gli alleati ad abbandonare il campo sotto le mura di Colle per spostarlo prudentemente più a sud, in direzione di Siena.

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Evitare il pericolo di una manovra a tenaglia dei fiorentini non era una decisione sbagliata: sicuramente sbagliata dovette essere l'esecuzione e certamente questa ritirata influì non poco sul morale dei ghibellini, che non doveva essere particolarmente alto.

Il punto è che Britaud si rivelò uomo di grande intuito militare e capace di decisioni fulminee, e anche dotato del carisma necessario a farle mettere in atto dalla sua composita armata.

Forse un altro comandante si sarebbe accontentato di aver occupato per tempo la città, evitando che cadesse per mancanza di difensori.

Britaud, invece, approfittò del movimento nemico per effettuare una sortita che con quei rapporti di forze non può che essere definita temeraria.

Di fatto, tuttavia, l'attacco fu ben organizzato: i fanti colligiani furono inviati avanti a tagliare il ponte per Siena per poi attaccare la testa della colonna nemica, mentre ai cavalieri, usciti all'improvviso da Colle, sarebbe spettato il compito di colpire violentemente la coda.

Britaud guidò inizialmente la carica come portabandiera, sostituito dal fiorentino Aldobrandino de' Pazzi, e la sorpresa dei ghibellini fu totale. Il panico li travolse prima e più violentemente della carica guelfa: temettero un arrivo anticipato delle forze fiorentine e in massima parte si dettero alla fuga praticamente senza opporre resistenza.

La mischia dovette essere breve ma molto cruenta, perché le cronache raccontano di un migliaio di morti e di 1.644 prigionieri ghibellini.

Tra i primi Salvani, la cui testa finì issata sulle mura di Colle: le stesse dalle quali la zia Sapia, immortalata da Dante nel XIII canto del Purgatorio, aveva osservato tutto il corso della battaglia, pregando per la sconfitta dei propri concittadini.

Per la causa ghibellina in Toscana fu un colpo tremendo dal quale non si riprese più.
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Re: La battaglia di Colle Val d'Elsa (17 giugno 1269)

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La battaglia di Colle di Val d'Elsa si svolse tra il 16 ed il 17 giugno del 1269 presso Colle di Val d'Elsa tra le truppe ghibelline di Siena e quelle guelfe di Carlo d'Angiò e di Firenze rappresentate da meno di 200 cavalieri comandati da Neri de'Bardi.

Dopo la battaglia di Montaperti dove la ghibellina Siena vinse sulla guelfa Firenze il 4 settembre 1260, Colle Val d'Elsa si trovava dalla parte guelfa.

Fu infatti sede dell'esilio di molti guelfi dalla città senese e colpita dalla persecuzione che porterà i concittadini ghibellini ad inseguire i fuoriusciti fino a Lucca.

Il 27 agosto 1268 un'ennesima battaglia fra il Re Carlo d'Angiò, accorso in difesa del Pontefice Clemente IV, e il nipote di Federico II, Corradino, alla guida dei ghibellini, decretò nei dintorni di Roma la vittoria dei guelfi. Ma i ghibellini, nonostante la sconfitta, proseguirono nella loro opera di persecuzione dei guelfi e, durante l'inseguimento verso Lucca, si attestarono nel castello di Ulignano.

Fu così che i comuni circostanti (Colle e San Gimignano in testa), decisero di attaccare il Castello e di inseguire i fuggitivi verso Pisa e Poggibonsi, fino a quando il grosso delle milizie ghibelline si ritrovò fra le mura di Pisa e Siena.

Nel giugno del 1269 il Capitano Provenzano Salvani e il Potestà Conte Guido Novello partirono da Siena con 1400 cavalieri e 8000 fanti fra senesi, pisani, tedeschi, spagnoli, fuoriusciti fiorentini, e altri toscani, accampandosi nell'altopiano della Badia nei pressi dell'Abbazia di Spugna.

I Colligiani, che non si aspettavano questo assedio, si rinchiusero fra le fortificazioni di Colle Alta e mandarono dei messaggeri per chiedere aiuto a Firenze.

Il giorno successivo truppe francesi agli ordini del maresciallo Giambertoldo, Vicario del Re Carlo d'Angiò, giunsero a Colle Val d'Elsa, seguite – di sole ventiquattro ore – da un altro contingente di 400 fiorentini (che non giunsero in tempo per la battaglia).

Durante la notte il Maresciallo schierò i francesi sulle mura di Colle Alta e fece conquistare il castello ghibellino dentro Colle, la mattina seguente alle prime luci la torre ghibellina segnalò l'avvicinarsi delle truppe inviate da Firenze (in realtà al momento della battaglia l'esercito fiorentino era ancora a Barberino, e ordinò che si suonassero le trombe e che si gridasse a squarciagola "con impegno" in modo da far credere ai ghibellini che le truppe da combattere erano molte più di quante essi non credessero. Sembra che lo scherzo funzionò, perché di primo mattino i ghibellini si ritirarono verso San Marziale, attestandosi su una collinetta Poggio ai berci.

Il maresciallo Giambertoldo diede ordine alle milizie colligiane di aggirare quella collina rimanendo nascoste fino al momento in cui lui fosse apparso con le insegne fiorentine di fronte ai senesi e li avesse attaccati. Durante la sua avanzata il Maresciallo fece abbattere il ponte di S. Marziale per impedire ai suoi una ritirata, ma anche per rallentare la fuga senese.

Arrivato in vista dei ghibellini, Gianbertoldo diede inizio alla battaglia, mentre dietro alle file senesi i colligiani sbucavano gridando e brandendo le armi, dando così la sensazione che altre truppe fossero in attesa di attaccare.

Per quanto il Capitano Salvani minacciasse, promettesse compensi e gridasse, i soldati ghibellini combatterono solo poco e male, ritirandosi ben presto e dandosi alla fuga. Molti furono inseguiti e uccisi dai guelfi, mentre Salvani, non volendo tornare sconfitto a Siena, si gettò nella mischia e fu ucciso da Regolino Tolomei, suo nemico giurato.

Gianbertoldo era riuscito, con soli 800 cavalieri e circa 300 fanti colligiani, a sconfiggere con l'astuzia un esercito di ben 9.400 uomini. Tutto questo accadeva sotto gli occhi della senese Sapia Salvani, cantata da Dante nella Divina Commedia (Purgatorio, Canto XIII e segg.), che seguì la battaglia pregando per la sconfitta dei suoi concittadini.

« Quegli è, rispose, Provenzan Salvani
ed è qui perché fu presuntuoso
a recar Siena tutta alle sue mani.
Ito è così, e va senza riposo
poi ché morì: cotal' moneta rende
a soddisfar, chi è di là tropp’osò »
(Purgatorio XI)
« Rotti fur quivi, e volti negli amari
passi di fuga, e veggendo la caccia letizia presi ad ogni altra dispari [...] »

(Purgatorio XIII)

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http://it.wikipedia.org/wiki/Battaglia_di_Colle
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