L'INIZIO DELL'APOCALISSE: LA BATTAGLIA DI MOHI

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Veldriss
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L'INIZIO DELL'APOCALISSE: LA BATTAGLIA DI MOHI

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L'INIZIO DELL'APOCALISSE: LA BATTAGLIA DI MOHI
di Regogolo Boemetto
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Le prime avvisaglie erano arrivate anni prima, fin dal 1229, quando re Andrea concesse asilo ad alcuni boiari russi in fuga. Nel 1239 una fiumana umana, decine di migliaia di uomini, donne e bambini cumani chiesero asilo agli ungheresi per sfuggire alle orde mongole. All'alba del 1241 l'Ungheria era caratterizzata da una situazione politica assai agitata, con il re Bela IV che si era reso avverso a gran parte dei suoi nobili con le sue politiche di accentramento e supporto dei nomadi cumani. Con l'annuncio che i principi polacchi erano stati massacrati dagli invasori delle steppe, re Bela si adoperò per radunare tutte le proprie forze e richiamare i vari alleati nella città di Pest. Voci di un'alleanza mongolo-cumana provocarono l'omicidio del khan dei cumani, che infuriati abbandonarono Bela e si diressero a sud, saccheggiando e distruggendo molti piccoli contingenti. Molti altri invece nemmeno si mossero, in quanto molti nobili erano desiderosi di vedere il re sconfitto e umiliato. L'armata che avrebbe dovuto fermare i mongoli era molto meno forte di quello che sarebbe potuto essere quando le avanguardie nemiche raggiunsero la città il 15 marzo. Conscio della propria vulnerabilità, il re ordinò di non attaccare, venendo tacciato di codardia da molti. Il suo rivale, il duca Federico II di Austria, sconfisse un piccolo gruppo di incursori, accusò il re di viltà e si ritirò con tutte le sue truppe in Austria. Diverse piccole forze ungheresi, come quella dell'arcivescovo di Kalocsa Ugrin Csák, furono sorprese e distrutte prima di potersi riunire con l'armata principale. Finalmente il re decise di marciare contro gli invasori, che iniziarono a ritirarsi, apparentemente confermando la loro inferiorità rispetto ai difensori. Per una settimana l'armata ungherese inseguì gli invasori a marce forzate, subendo moltissimi attacchi di disturbo lungo la via. Infine gli ungheresi si fermò sulle rive del fiume Sajò per attendere rinforzi e rifornimenti entro un campo fortificato, ignari del fatto che l'armata mongola fosse nascosta dall'altra parte del fiume. Durante la notte uno schiavo fuggito informò gli uomini di Bela che i suoi padroni intendevano attaccare il ponte sul fiume col favore delle tenebre, probabilmente per attaccare poi all'alba. Il re non volle credere alla possibilità di un attacco su larga scala, ma suo fratello e una piccola forza raggiunsero il ponte, sorprendendo l'avanguardia mongola impreparata e intenta ad attraversare. Costretti al combattimento di notte, in uno spazio ristretto e impreparati alle balestre, i nomadi furono uccisi fin all'ultimo uomo. I vincitori lasciarono un presidio e tornarono al campo a festeggiare la vittoria. I generali mongoli a questo punto decisero di attaccare il ponte con una parte delle loro forze, mentre un distaccamento avrebbe costruito un ponte a sud per attaccare alle spalle il nemico.
Al mattino dell'11 aprile gli uomini del presidio vennero attaccati col supporto di sette grandi catapulte, e fuggirono al campo per dare l'allarme. Inizialmente gli ungheresi credettero di dover affrontare un'altra piccola incursione, e quando l'armata si fu infine mobilitata, gli avversari avevano già completato l'attraversamento del fiume. Durante la mattina la fortuna sembrò arridere agli ungheresi: stretti fra il nemico e il fiume, i mongoli non potevano manovrare, e subirono pesanti perdite. Quando ormai le linee dei nomadi erano sul punto di cedere, giunse il distaccamento inviato a sud, che costrinse gli ungheresi a ritirarsi per non farsi circondare. I campi fortificati si erano dimostrati un ottimo mezzo di difesa contro i nemici delle steppe, ma i mongoli avevano con sé qualcosa che avrebbe ribaltato le sorti dello scontro. Enormi massi, frecce incendiarie, bombe alla nafta iniziarono a piovere sugli uomini ammassati nel campo, incendiando le tende e scatenando il panico. Gli astuti attaccanti avevano lasciato apposta un varco nell'accerchiamento, e così quando i demoralizzati ungheresi cercarono di darsi alla fuga passandovi, gli agili cavalieri mongoli iniziarono l'inseguimento, durante il quale praticamente tutta l'armata di Bela perse la vita.

In seguito alla sconfitta, l'Ungheria rimase alla mercé degli invasori, che seppur non in grado di prendere fortezze e cittadelle, razziarono le campagne e le città, sterminando chiunque osasse opporsi. Fra le carestie, le stragi e le epidemie che seguirono, si stima che dal 20 al 40% dell'intera popolazione perì, riducendo il paese in ginocchio. Un'ondata di terrore pervase l'Europa, dove ormai si credeva che l'Apocalisse, incarnata dagli inarrestabili cavalieri dell'Est fosse ormai prossima. Ma con la morte del Gran Khan Ogedei i principi delle steppe si ritirarono per prepararsi all'elezione del nuovo Khan, e anche se ferita e devastata, l'Ungheria sopravvisse.

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