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Paciughina
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Papa Urbano IV

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Urbano IV, nato Jacques Pantaléon (Troyes, ca. 1195 – Deruta, 2 ottobre 1264), fu il 182° papa della Chiesa cattolica dal 1261 alla morte.

Era figlio di un calzolaio di Troyes in Francia. Dopo aver studiato teologia e legge a Parigi, fu canonico a Leon e arcidiacono di Liegi. Nel 1251 Innocenzo IV lo creò vescovo di Verdun e lo impiegò come legato in Germania. Alessandro IV lo nominò invece Patriarca di Gerusalemme.
Alla morte di Alessandro IV avvenuta il 25 maggio 1261, gli otto cardinali che si trovavano a Viterbo che dovevano eleggere un suo successore, si resero conto che era necessario un pontefice risoluto. Non mancarono i pro e i contro, ed infatti la sofferta decisione venne con molto ritardo. Non riuscirono a far convergere i voti su nessuno di loro. Bisognò aspettare quasi la fine di agosto, quando la scelta cadde sul francese Jacques Pantaleon, un elemento estraneo al Sacro Collegio.
Il prelato si trovava a Viterbo per una questione inerente i Cavalieri di San Giovanni, e fu sbigottito quando gli venne comunicata l'inaspettata nomina. Nonostante il suo papato abbia avuto breve durata, fece in tempo a sconvolgere l'Italia, perché poco prima di morire chiamò gli Angioini, che non se ne sarebbero più andati.
Il nuovo papa, fin dall'inizio del suo pontificato, si mostrò nemico di Manfredi di Sicilia e continuatore della politica dei suoi predecessori. Ordinò infatti allo svevo di richiamare i Saraceni che erano penetrati nella campagna romana; bandì contro di lui una crociata; nominò capo delle milizie papali, nelle quali arruolò tutti i fuorusciti del mezzogiorno, Ruggero di Sanseverino, acerrimo nemico di Manfredi; cercò di dissuadere Giacomo I d'Aragona dal dare in moglie al figlio Pedro la figlia di Manfredi, Costanza; e, infine, il 6 aprile del 1262, rinnovata la scomunica contro di lui, lo citò a comparirgli dinanzi per giustificarsi delle gravissime colpe di cui era accusato.
Urbano IV era comunque consapevole che le armi spirituali non erano sufficienti a debellare Manfredi. Convinto che occorresse trovargli un antagonista valoroso, potente, ambizioso, che potesse, con le sue forze, togliere il regno al rivale, capeggiare il Guelfismo e mantenersi devoto alla Santa Sede, il Pontefice individuò questa figura in Carlo I D'Angiò, del quale, nel 1248, in occasione della spedizione di Luigi IX in Egitto aveva ammirato il coraggio, il valore e la costanza.
Sebbene non fosse di tal natura da rimanere, dopo il successo, assolutamente ligio ai voleri del Papato, Carlo era l'uomo che più d'ogni altro avrebbe potuto giovare alle trame della Curia romana contro Manfredi. Il Pontefice affidò le trattative con Carlo all'arcivescovo di Cosenza Bartolomeo Pignatelli. Questi, mosso da odio per Manfredi, seppe rimuovere ogni difficoltà con grande astuzia: ottenne che Edmondo il Gobbo rinunciasse ai diritti sul regno di Sicilia conferitigli da Alessandro IV, convinse Luigi IX di Francia a non intralciare le mire del fratello Carlo e riuscì a far concludere al Papa un trattato con Carlo d'Angiò, mediante il quale questi riconosceva alla Santa Sede l'alta sovranità sul regno siciliano, ne riceveva dal Pontefice l'investitura, rinunciava al possesso di Benevento e si obbligava a pagare alla Curia romana un tributo annuo di diecimila once d'oro. Poiché durante le trattative il partito guelfo romano aveva eletto senatore della città Carlo d'Angiò, questi giurò al papa di deporre la potestà senatoria non appena fosse venuto in possesso del regno siciliano.
Le trattative tra la Curia romana e Carlò d'Angiò non erano rimaste ignote a Manfredi. Egli si rendeva conto che il rivale che la Santa Sede gli metteva di fronte era un uomo temibile ed ambizioso; prevedeva inoltre che si sarebbero schierati con lui tutti i Guelfi d'Italia ed era sicuro che, all'avvicinarsi dell'Angioino, i tiepidi amici lo avrebbero abbandonato ed avrebbero ripreso animo i numerosi nemici occulti che si celavano nel regno, pronti a salire sul carro di un qualsiasi suo avversario. Volendo rafforzare la sua posizione e intimorire gli avversari prima che Carlo scendesse in campo, Manfredi ideò un piano audace: impadronirsi di Roma e di Orvieto, dove risiedeva la corte pontificia. A tale scopo chiamò nella marca d'Ancona le milizie del conte Giordano; mandò Percivalle Doria con un forte contingente di cavalieri ed arcieri saraceni nel ducato di Spoleto; per chiudere la via del mare ai Guelfi di Roma inviò ad Ostia il romano Tebaldo Annibaldi; e lanciò contro la città alcuni gruppi di fuorusciti romani comandati da Pietro di Vico. L'impresa però riuscì solo in parte: Percivalle D'oria, mentre marciava su Orvieto, morì annegando nelle acque della Nera e Pietro di Vico, giunto alle porte di Roma, fu respinto dai Guelfi. Mentre nella marca d'Ancona due capitani delle milizie pontificie, il conte d'Anguillara e il vescovo di Verona, furono sconfitti e fatti prigionieri, ad Orvieto il Papa corse il pericolo di cadere in mano alle truppe sveve e a stento riuscì a fuggire e a rifugiarsi a Perugia. Da questa città Urbano IV inviò un appello urgente all'angioino, ma non riuscì mai a vedere le armi della Francia scendere in campo contro lo scomunicato svevo; ammalatosi nella fuga da Orvieto, morì il 2 ottobre 1264 in un convento di suore di Deruta, si narra per un'indigestione da frutta. Le sue spoglie vennero custodite nel duomo di Perugia.
Fra le sue iniziative di carattere religioso ci furono la venerazione del sacramento dell'Eucaristia, con l'istituzione della solennità del Corpus Domini (bolla Transiturus de hoc mundo), che però, a causa della sua morte, divenne effettiva ed operante solo dopo il concilio di Vienne del 1311 e la riforma dell'Inquisizione medioevale: le inchieste dovevano essere controllate da un pubblico notaio, e le confessioni dovevano essere recepite da persone religiose prudenti, da consultarsi prima di pronunziare le sentenze.

Conclave dal 26 maggio al 29 agosto 1261

In questo conclave fu eletto il primo papa dei sei non cardinali del Medioevo. Parteciparono 7 cardinali su 8, così composti: 1 vescovo, 2 preti e 4 diaconi.
Odon de Châteauroux (o Eudes), Ordine Cistercense, vescovo di Frascati.
Giovanni da Toledo, Ordine Cistercense, titolare di San Lorenzo in Lucina.
Hughes de Saint-Cher (o de San Caro), Ordine Domenicano, titolare di Santa Sabina.
Riccardo Annibaldeschi di Molaria, Ordine San Benedetto, diacono di Sant'Angelo in Foro Piscium.
Ottaviano Ubaldini, diacono di Santa Maria in via Lata.
Giovanni Gaetano Orsini, diacono di San Nicola al Carcere Tulliano.
Ottobono Fieschi dei Conti di Lavagna, diacono di Sant'Adriano.
I seguenti cardinali non parteciparono al conclave:
Stefan Vancza (o Vancsa, o Vancha), vescovo di Palestrina, amministratore di Esztergom, Ungheria.

Cardinali creati da Urbano IV

Concistoro del 17 (o 24) dicembre 1261
1. Guido Foucois (o Guy Foucault, o Fulcodi, o Fulcoli, o Foulques), arcivescovo di Narbonne, Francia. La sua tomba è nella chiesa di San Francesco a Viterbo. (Eletto papa Clemente IV il 5 febbraio 1265).
2. Raoul Grosparmi, vescovo di Evreux, Francia. + 11 agosto 1270.
3. Simone Paltineri (o Paltinieri), dottore in diritto canonico, canonico del capitolo di Padus. + poco prima del 25 novembre 1277.
4. Simon de Brion (o Simeon, o de Brie, o de Mainpincien). (eletto papa Martino IV il 22 febbraio 1281).
5. Uberto Coconati, dei conti di Elci (o Ulci). + 13 luglio 1276.
6. Giacomo Savelli. La sua tomba è a Santa Maria in Aracoeli a Roma. (Eletto papa Onorio IV il 2 aprile 1285).
7. Gottifredo (Goffredo) di Raynaldo da Alatri. + 1287.

Concistoro del 22 maggio 1262
1. Enrico da Susa (o Segusio, o Ostiense, o Bartolomei), arcivescovo di Embrun, Francia. + 25 ottobre 1271.
2. Anchero Pantaleone (o Antero), nipote di Sua Santità. + 1º novembre 1286.
3. Guillaume de Bray. + 29 aprile. La sua tomba è nel convento domenicano di Orvieto.
4. Guy (o Guido), Ordine Cistercense, abate of Citeaux. + 20 maggio 1272.
5. Annibale d'Annibaldeschi de Molaria (o Annibaldo, o Annibaldi della Molara) Ordine Domenicano, dottore in teologia. +1272.
6. Giordano Pironti, Vicecancelliere di S.R.C. + ottobre 1269. La sua tomba è nella Chiesa di S. Francesco di Viterbo.
7. Matteo Rosso Orsini, nipote di papa Nicola III. + 4 settembre 1305.

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CLEMENTE IV

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Clemente IV, nato Guy Le Gros Foulquois o Gui Foucois o Foulques, italianizzato in Guido il Grosso Fulcodi (Saint-Gilles-dans-le-Gard, 23 novembre tra il 1190 ed il 1200 – Viterbo, 29 novembre 1268), fu il 183° papa della Chiesa cattolica dal 1265 alla morte.

Clemente IV fu papa per circa 45 mesi: un tempo più che sufficiente -specie in un'epoca in cui i pontificati erano spesso molto più brevi per lasciare un'orma importante nella Storia della Chiesa. Si distinse per severa austerità, nonché per estremo rigore morale ed assoluta onestà, tutte qualità non frequenti negli ecclesiastici del tempo. Va ricordato, ad esempio, come Clemente IV non si sia macchiato di alcuna forma di nepotismo, non creando cardinali durante il suo pontificato, ed abbia duramente combattuto la corruzione. Governò le vicende interne della Chiesa con fermezza e determinazione, precisando la necessità che i benefici ecclesiastici fossero riservati alla Santa Sede e finendo per essere indicato come il vero fondatore della fiscalità pontificia. Sotto il profilo dottrinale va ricordata l'importante e lunga amicizia con Tommaso d'Aquino, le cui riflessioni sul rapporto fede-ragione con la prevalenza dell'intelletto nella vita spirituale dell'uomo, non potevano non lasciare segni profondi nel dotto papa francese, tanto che Clemente IV chiamò spesso a Viterbo san Tommaso perché tenesse cicli di predicazioni nella Chiesa di Santa Maria Nuova. Un altro rapporto importante fu quello con il francescano inglese Ruggero Bacone (ingl.Roger Bacon), filosofo, scienziato ed alchimista, al quale il papa chiese di riunire in un unico trattato tutta la sua opera e le sue scoperte: nacque così l'Opus maius, testo fondamentale di Bacone, che ,tra l'altro, segnalò anche al pontefice la necessità di riformare il calendario giuliano, di cui lo scienziato aveva già rilevato gli errori rispetto all'anno solare. Solo la morte di Clemente interruppe questo proficuo rapporto. Va quindi senz'altro citata la straordinaria e lunghissima amicizia con Luigi IX, re saggio, illuminato e dotato di grande fede (verrà canonizzato nel 1297 da Bonifacio VIII), che conobbe Clemente in gioventù e gli fu sempre molto vicino. Meritano infine menzione i prolungati rapporti epistolari che il papa intrattenne con Michele VIII Paleologo e con Abaqa, khan dei Tartari, volti soprattutto ad ottenere l'appoggio dei due sovrani all'ottava crociata combattuta da Luigi IX in Tunisia.
Clemente IV già nei primi tempi del suo Pontificato, non apprezzando gli ambienti romani, ritenuti troppo ghibellini, aveva trasferito la Corte Papale a Viterbo, insediandosi nel Palazzo Vescovile, che fece ristrutturare e rinominare Palazzo Papale; proprio a Viterbo, appena un mese dopo l'uccisione di Corradino, il papa ebbe un improvviso malore e morì il 29 novembre 1268. Tra la commozione profonda del popolo viterbese, che lo considerava un uomo superiore, misticamente ispirato, insomma in odore di santità, venne inizialmente sepolto nella chiesa benedettina di S.Maria in Gradi in un bel 'monumento funebre' opera dello scultore Pietro di Oderisio; peraltro la Tomba di Clemente IV ebbe nei secoli molte vicissitudini: fu più volte spostata, profanata, insozzata (anche ad opera dei connazionali francesi napoleonici), finché nel 1885 venne trasferita nella francescana Basilica di San Francesco alla Rocca, ove si trova tuttora, vicino alla tomba di Adriano V. Interessante è il fatto che i 19 cardinali riuniti a Viterbo per scegliere il successore di Clemente IV abbiano impiegato ben 33 mesi per eleggere Gregorio X, causando la nota reazione dei viterbesi, con scopertura del tetto della sala dove i porporati erano stati segregati, che portò alla creazione del conclave (1268-1271).
Gli storici hanno spesso avuto difficoltà nel giudicare la figura di Clemente IV che, accanto ad aspetti indubbiamente positivi e lodevoli come quelli sopra indicati, ne presenta altri che suscitano non poche perplessità. Nel 1265 autorizzò, ad esempio, l'uso della tortura nelle cause d'eresia; Fu inoltre severissimo nei confronti degli ebrei recidivi, per i quali chiese a Luigi IX castighi esemplari. Anche se parzialmente giustificato dalle crociate di quegli anni, ebbe un atteggiamento di totale chiusura nei confronti dei musulmani e dell'Islam: poiché nella zona di Valencia vi erano insediamenti arabi, scrisse al re d'Aragona di esiliare quelle genti fuori dei confini del regno poiché non era tollerabile che vi fossero dei musulmani in un regno cristiano. Grandi perplessità ha poi sempre suscitato la posizione assunta su Corradino di Svevia; se possono essere compresi anatemi e scomunica contro Manfredi, che la Chiesa considerava -probabilmente a ragione- un usurpatore, molti dubbi hanno invece suscitato negli studiosi i pesantissimi attacchi a Corradino lanciati il 5 aprile 1268, durante le funzioni del giovedì santo, dalla Cattedrale di Viterbo, mentre provoca addirittura sbigottimento la lettura del biglietto di pugno del papa, inviato a Carlo I d'Angiò poco prima della decapitazione di Corradino e contenente le lapidarie parole Mors Corradini, Vita Caroli. Vita Corradini, Mors Caroli.

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Papa Gregorio X

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Papa Gregorio X

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Gregorio X, nato Tedaldo Visconti (o Tebaldo o Teobaldo) (Piacenza, ca. 1210 – Arezzo, 10 gennaio 1276), fu il 184° papa della Chiesa cattolica dal 1º settembre 1271 alla morte (10 gennaio 1276). A lui si debbono, tra l'altro, il Secondo Concilio di Lione e la costituzione apostolica Ubi Periculum, che regola tuttora, con poche modifiche, l'elezione dei papi. È stato beatificato da Clemente XI nel 1713.

La giovinezza e la prima missione in Francia
Tedaldo Visconti nacque a Piacenza intorno al 1210 da famiglia della nobiltà cittadina che peraltro non aveva alcun legame con l'omonima famiglia dei Signori di Milano; suo padre era, con ogni probabilità, il podestà Oberto, ed egli compì forse studi ecclesiastici come chierico e diacono nella città natale, nella cui Cattedrale è anche possibile che abbia seguito i corsi religiosi del trivio e del quadrivio, ma -in definitiva- le notizie sulla sua infanzia e giovinezza sono scarse e frammentarie. Le prime notizie certe ci conducono al 1236 quando conobbe il cardinale piacentino Jacopo da Pecorara, che lo notò e lo prese al suo servizio un paio d'anni più tardi. Nel 1239 Tedaldo accompagnò Pecorara in Francia, ove il porporato era stato inviato come Legato Pontificio, durante un viaggio che ebbe risvolti avventurosi poiché i due dovettero anche travestirsi da pellegrini per sfuggire agli uomini di Federico II, che proprio in quei giorni era stato scomunicato da Gregorio IX. Il viaggio in Francia fu comunque proficuo per il Visconti che, grazie all'interessamento del cardinale, ottenne prima un canonicato a Lione e quindi un arcidiaconato nella diocesi di Liegi.

Lione, Parigi, Liegi
Dopo la morte del Pecorara (1244) Tedaldo decise di recarsi a Lione, dove era appunto canonico, per assistere il nuovo Vescovo cittadino, Filippo di Savoia, nell'organizzazione del Concilio Ecumenico convocato in quella città da Innocenzo IV; nell'espletamento di tale incarico si fece ben conoscere e stimare dal papa, dai cardinali e dai numerosi ecclesiastici che presenziavano al Concilio. Conclusi i lavori conciliari nell'estate del 1245, il Visconti raggiunse la sua sede arcidiaconale di Liegi, città ove risiederà per una ventina d'anni salvo alcune parentesi, tra le quali è di grande rilievo il soggiorno parigino di quattro anni presso la locale celebre Università -dal 1248 al 1252- dove stringerà amicizia con personaggi quali Bonaventura da Bagnoregio, Tommaso d'Aquino, Guy Foucois (futuro papa Clemente IV), Pietro di Tarantasia (futuro papa Innocenzo V) e Matteo Rubeo Orsini (futuro cardinale protodiacono); in quegli anni conobbe anche Luigi IX e suo figlio Filippo, futuro Filippo III. Tornato successivamente a Liegi, fu tra i protagonisti, in quella città, di un grave episodio accaduto nel 1266: la diocesi di Liegi era allora retta dal principe-vescovo Enrico di Gheldria, nobile dissoluto e libertino, che, in un giorno di quel 1266 fu aggredito da un uomo armato cui il prelato aveva violentato la figlia; Tedaldo, che era presente, fece scudo al vescovo con il suo corpo salvandogli la vita, ma -subito dopo- si rivolse al prelato rimproverandolo aspramente per la sua condotta immorale. Il presule, furibondo, colpì duramente il Visconti, procurandogli una grave ernia inguinale che gli creerà poi continui fastidi. Va detto, per inciso, che questo vescovo malvagio verrà deposto per indegnità durante il secondo Concilio di Lione (1274) e sarà anche scomunicato; l'uomo, quasi a dimostrare per intero la sua indole, si metterà allora alla testa di una banda di malfattori con i quali compirà ogni genere di nefandezze per alcuni anni, finché non sarà ucciso nel 1282 durante un'azione di brigantaggio.

L'Inghilterra e la Crociata
Lasciata Liegi Tedaldo prese nel 1267 la croce di crociato a Parigi e fu quindi inviato da papa Clemente IV in Inghilterra per assistere il cardinale Ottobono Fieschi, futuro papa Adriano V, in una delicata e difficile missione di cui faceva parte anche Benedetto Caetani, il futuro Bonifacio VIII, missione che si concluse nell'autunno del 1268. Così, in quel fatale 1268 in cui la morte di Corradino aveva concluso le vicende della Casa imperiale di Svevia, Tedaldo Visconti, pur avendo solo gli ordini minori, era buon amico del papa, di vari cardinali e futuri pontefici, di teologi del calibro di san Bonaventura e san Tommaso, ed era stimato in tutta la Chiesa come uomo saggio, retto ed onestissimo; proprio allora, il 29 novembre 1268, morì improvvisamente Clemente IV e si riunirono a Viterbo i cardinali per dare inizio alla più lunga e difficile elezione papale della storia della Chiesa. Intanto Tedaldo, all'inizio del 1270 aveva raggiunto Edoardo I d'Inghilterra per predicare la nona crociata a San Giovanni d'Acri; fu qui che, all'inizio dell'autunno del 1271, lo raggiunsero i messi del Sacro Collegio per informarlo che i cardinali, dopo una Sede vacante di ben 33 mesi, lo avevano eletto Sommo Pontefice della Chiesa di Roma.

Gli inizi del Pontificato
La notizia della sua elezione lasciò stupefatto Tedaldo, che si recò a Gerusalemme per pregare nei Luoghi Santi; in quei giorni incontò anche Marco Polo con il padre Niccolò e lo zio Matteo, con i quali si era a lungo intrattenuto mesi prima quando era un semplice arcidiacono. I Polo, in quell'occasione, gli avevano espresso il loro rammarico per la lunga mancanza di un papa, poiché nel loro precedente viaggio in Cina avevano ricevuto da Kubilai Khan una lettera per il Pontefice, ed erano così dovuti ripartire per la Cina delusi; avuta però notizia in viaggio dell'avvenuta elezione, e saputo anche che l'Eletto era proprio il loro dotto interlocutore di alcuni mesi prima, i tre si affrettarono a ritornare in Terrasanta, dove il nuovo Papa affidò loro lettere per il Gran Khan, invitandolo a mandare suoi emissari a Roma. Per dare maggior peso a questa missione, mandò con i Polo, come suoi legati, due padri domenicani. Quindi, il 18 novembre 1271, con una scorta ed una piccola flotta messe a sua disposizione da Edoardo I d'Inghilterra, partì per l'Italia, giungendo a Brindisi il 1º gennaio 1272; a Benevento fu accolto con grandi onori da Carlo d'Angiò che ostentò con lui una protettiva e deferente amicizia, a Ceprano incontrò una rappresentanza del Sacro Collegio e, finalmente, il 10 febbraio 1272 giunse a Viterbo, accolto trionfalmente e dove tenne subito, nel Duomo, un discorso pieno di passione sulla necessità di liberare la Terra Santa. Sempre in Viterbo, alcuni giorni più tardi, venne ordinato sacerdote, poi consacrato vescovo, e scelse, per il suo pontificato, il nome di Gregorio X. Infine, l'11 marzo entrò in Roma, salutato con grande entusiasmo da un popolo che da tanti anni non vedeva più il suo Papa e, il 27 marzo 1272 fu incoronato in San Pietro. Appena quattro giorni più tardi, il 1º aprile, annunciò la convocazione di un Concilio Ecumenico da tenere a Lione nel maggio 1274 con il triplice intento di risolvere i problemi della Terra Santa, riunire la Chiesa di Roma a quella di Bisanzio, rimuovere le molte difficoltà interne della Chiesa.

Ritorno a Lione: il Concilio
Partito da Roma nell'estate 1272, Gregorio si trattenne parecchi mesi ad Orvieto, per essere poi a Firenze il 18 giugno 1273 -accompagnato da Carlo d'Angiò- nell'inutile tentativo di pacificare guelfi e ghibellini di quella città, tentativo che si risolse in gravi tafferugli (fomentati probabilmente proprio dall'Angiò che era contrario a quella pacificazione), che costrinsero il Papa a scagliare l'interdetto sulla città stessa. Intanto, nel settembre di quell'anno, gli elettori tedeschi, con il favore dei vescovi renani, e quindi, con ogni probabilità, dello stesso Papa, elessero a Francoforte Re dei Romani, cioè Imperatore del Sacro Romano Impero, il conte Rodolfo d'Asburgo, ed anche questa fu una scelta assai poco gradita a Carlo. Nel novembre di quel 1273 il Papa giunse a Lione, ove il Concilio ebbe inizio il 7 maggio 1274. Il Secondo Concilio di Lione, anche per l'ottima posizione geografica della città lionese, fu tra i più importanti e partecipati dell'intera storia della Chiesa: vi presero parte moltissimi cardinali, circa cinquecento tra arcivescovi e vescovi, sessanta abati e più di mille prelati ed uomini di chiesa, nonché i maggiori teologi del tempo, con in testa il francescano Bonaventura da Bagnoregio, il servita Filippo Benizi ed i domenicani Alberto Magno e Pietro di Tarantasia; Tommaso d'Aquino morì nell'Abbazia di Fossanova, forse avvelenato, mentre si stava recando a Lione su esplicita richiesta di Gregorio X. Al Concilio intervennero anche, con presenze più o meno lunghe, diversi sovrani e principi. I lavori conciliari ebbero termine il 17 luglio 1274.

Morte ad Arezzo sulla strada di Roma
Tomba di Gregorio X nel Duomo di Arezzo
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Gregorio X lasciò Lione solo a fine aprile 1275; il 14 maggio incontrò a Beaucaire Alfonso X di Castiglia ed il 20 ottobre vide a Losanna Rodolfo I d'Asburgo, quindi riprese la strada di Roma. Lo stato di salute del Papa era peggiorato in quei mesi, forse per colpa della vecchia ernia inguinale che certo si faceva viva sempre più spesso; il Pontefice comunque non poteva affaticarsi e, durante i viaggi, era costretto a periodiche soste. Così, a metà dicembre si fermò un paio di giorni a Santa Croce al Mugello, ospite nel castello degli Ubaldini; Tra il 19 ed il 20 dicembre 1275 giunse ad Arezzo, dove purtroppo le sue condizioni peggiorarono progressivamente con sensibile innalzamento della temperatura. Morì nel Palazzo Vescovile di Arezzo il 10 gennaio 1276. Le sue spoglie mortali riposano in una pregevole arca sepolcrale nel Duomo di Arezzo. È stato beatificato da Clemente XI nel 1713, per conferma del culto ab immemorabili; nel Martyrologium Romanum la sua festa cade il 10 febbraio. Al suo nome è intitolato l'Istituto Aretino di Scienze Religiose.

Il Concilio di Lione: un capolavoro incompiuto
Quando Gregorio X convocò il Secondo Concilio di Lione, a soli quattro giorni dalla sua incoronazione, indicò con precisione i tre obiettivi che l'assise conciliare si prefiggeva, cioè la soluzione dei gravi problemi della Terra Santa (cosa che stava particolarmente a cuore al papa), l'unità religiosa con la Chiesa d'Oriente, la riforma dei costumi della Chiesa e del clero. In sede organizzativa, dopo la sessione inaugurale tenuta dal papa il 7 maggio 1274, venne poi dedicata una sessione del Concilio ad ognuno dei tre temi conciliari: così, nella II Sessione (18 maggio) si parlò della Terra Santa, nella III Sessione (4 giugno) fu trattata la riforma della Chiesa, mentre durante la IV Sessione (6 luglio) si discusse dell'unità con la Chiesa d'Oriente, con la partecipazione di una prestigiosa delegazione della Chiesa greca; nella V Sessione (16 luglio) furono approvati alcuni decreti sul clero, venne presentata la costituzione apostolica Ubi Periculum e fu anche battezzato solennemente uno dei Tartari inviati in delegazione dal Gran Khan. Il Concilio si chiuse il 17 luglio 1274. Oltre al grande successo partecipativo suaccennato, sembrò che al Secondo Concilio di Lione dovesse anche ascriversi la piena realizzazione di tutti i tre obiettivi prefissi: in merito alla Terra Santa vi fu un accordo di massima tra i sovrani per una nuova Crociata di cui furono anche decise le decime (le somme, cioè, che dovevano essere versate da ogni stato) e stabilite nuove regole organizzative; l'unione con la Chiesa greca era stata già preparata da accordi tra Clemente IV e Michele VIII Paleologo: l'imperatore bizantino, in questa occasione, impose di fatto l'unione ai suoi sudditi, accettando tutte le condizioni del Papa; furono infine fissate, con la Ubi Periculum, nuove regole per l'elezione papale ed approvati vari decreti di riforma dei costumi del clero e dei laici. In realtà si trattava di decisioni che non avevano, nei primi due casi, solide basi: così, morto Gregorio X e piombata nuovamente la Chiesa in un periodo di grave instabilità (in 16 mesi si succedettero ben 4 Pontefici!) non si parlò più di Crociate. L'unità con la Chiesa d'Oriente, di fatto imposta ai sudditi orientali dall'imperatore, morì con lui: alla scomparsa di Michele VIII fu infatti subito annullata dal figlio Andronico II ed, anzi, il solco tra le due Chiese si approfondì sempre più. Così, dopo qualche anno, del grande Concilio di Gregorio X rimase solo la Ubi Periculum, che, per di più, era una costituzione apostolica (cioè promulgata direttamente dal papa) e non conciliare.

La furia dei viterbesi e la Ubi Periculum
L'elezione di Gregorio X era avvenuta dopo ben 1006 giorni di Sede vacante, al termine della più lunga e difficile elezione papale della storia. Era accaduto che, alla morte di Clemente IV nel 1268, i 19 cardinali riuniti a Viterbo per eleggerne il successore, si erano trovati in grande disaccordo tra loro a causa di profonde divisioni politiche e nazionalistiche. Poiché, dopo un anno e mezzo, le votazioni continuavano a susseguirsi senza alcun esito positivo, esplosero improvvisi lo sdegno e l'insofferenza dei viterbesi che, guidati dal Capitano del popolo Raniero Gatti, segregarono a forza i cardinali nella grande sala del Palazzo Papale senza contatti con l'esterno (clausi cum clave), quindi ridussero loro il vitto, ed infine addirittura scoperchiarono il tetto della sala, pur di farli arrivare ad un accordo. La segregazione venne successivamente un po' ridotta ma, nonostante tutto, i porporati impiegarono altri 15 mesi per accordarsi sul nome di Tedaldo Visconti (1º settembre 1271). Gregorio X, memore di quanto accaduto a Viterbo, durante il Concilio promulgò una sua costituzione apostolica (non conciliare quindi, ma proclamata direttamente dal Papa) contenente norme precise che regolavano l'elezione papale: era la Ubi Periculum (16 luglio 1274). La costituzione prevede che, entro dieci giorni dalla morte del papa, i cardinali elettori si riuniscano -ciascuno con un solo accompagnatore- in una sala del palazzo ove risiedeva il defunto pontefice e vengano lì segregati senza alcun contatto con l'esterno; trascorsi tre giorni senza che sia avvenuta l'elezione ai porporati sarà ridotto il vitto ad una sola pietanza per pasto; dopo altri cinque giorni il cibo sarà limitato a pane, vino ed acqua; inoltre, durante l'elezione, tutti i redditi ecclesiastici dei cardinali saranno trattenuti dal Camerlengo, che li metterà poi a disposizione del nuovo papa. Appare evidente come la Ubi Periculum fosse in realtà molto limitante per i cardinali ed impedisse loro quei contatti con l'esterno che avevano caratterizzato molte precedenti elezioni; si dice che dietro questa costituzione vi sia stata l'ispirazione di Bonaventura da Bagnoregio, che era grande amico di Gregorio X e voleva forse ripristinare l'autonomia del Sacro Collegio. Sta di fatto che diversi cardinali mal digerirono la Ubi Periculum e si adoperarono successivamente per farla prima sospendere da Adriano V nel luglio 1276, poi addirittura revocare da Giovanni XXI nel settembre dello stesso anno. Fu Celestino V a reintrodurla nel 1294, mentre Bonifacio VIII, nel 1298, la inserì integralmente nel Codice di Diritto Canonico; va notato come questi due ultimi papi avessero entrambi ben conosciuto e stimato Gregorio X. Salvo piccole modifiche, dovute al mutare dei tempi, la Ubi Periculum regola tuttora lo svolgimento del Conclave, che è stato istituito con questa costituzione, di cui i viterbesi furono i precursori.

Una vita tra Santi e Beati
Nel corso della sua vita Gregorio X ebbe modo di frequentare tutti i più importanti personaggi della Chiesa di quegli anni; vi furono tra questi personalità straordinarie, successivamente elevate alla gloria degli altari, alcune delle quali tra le massime nell'intera Storia della Chiesa; la dimestichezza con questi santi uomini contribuì certamente a forgiare sia la tempra che lo spirito di un uomo attento e dotto come Gregorio. Va anzitutto ricordato lo straordinario rapporto di amicizia con san Bonaventura, che si consolidò certo negli anni in cui Tedaldo frequentò l'Università di Parigi, ma che era quasi certamente iniziato molto tempo prima in Italia; grazie a questo rapporto fu proprio Bonaventura a spingere Tedaldo verso il Pontificato con i suoi numerosi interventi a Viterbo tra il 1269 ed il 1271 durante il celebre Conclave; poi, una volta eletto, fu Gregorio a creare cardinale Bonaventura con uno dei suoi primi atti, e fu ancora il Papa a volere sempre accanto a sé il cardinale Bonaventura da Bagnoregio durante il secondo Concilio di Lione. Proprio a Lione, verso la fine del Concilio, Bonaventura improvvisamente morì in modo piuttosto misterioso. Un'amicizia non meno importante fu quella con san Tommaso: anche il grande teologo domenicano ebbe un rapporto rilevante con Gregorio X molto prima che questi diventasse papa, e Gregorio chiamò Tommaso a Lione nel 1274 per tenere importanti interventi durante il Concilio. Sulla strada che lo portava a Lione Tommaso d'Aquino morì nell'abbazia di Fossanova; fu da più parti sollevato il dubbio che il religioso fosse stato avvelenato: Dante addirittura indica Carlo d'Angiò come responsabile del delitto (v.Purgatorio - Canto ventesimo,v.69). Gregorio X conobbe altresì bene san Luigi a Parigi, san Filippo Benizi, generale dei serviti, che prese la parola al Concilio di Lione, come pure l'insigne teologo domenicano tedesco sant'Alberto Magno, ed anche san Celestino V quando era il povero monaco eremita Pietro Angeleri da Morrone e fu abbracciato da Gregorio sempre durante il Concilio ed invitato a celebrare la Messa davanti ai Padri Conciliari, dicendogli che nessuno ne era più degno. Fu infine ottimo amico del grande teologo domenicano Pietro di Tarantasia che lui stesso creò cardinale, che gli succederà come papa col nome di Innocenzo V e che sarà poi beatificato nel 1898.Grande merito di Gregorio fu quello di armonizzare la fede razionale ed intellettuale del domenicano Tommaso con la dolce ed umile spiritualità del francescano Bonaventura, finendo col realizzare un papato vissuto tra ragione e bontà d'animo; non stupisce quindi che un simile papa, rigoroso, onesto, dotto e buono, abbia anch'egli conquistato la gloria degli altari nel 1713.

Un grande Papa in un momento oscuro
Moneta del pontificato di Gregorio X
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A dispetto di quelli che, anche tra i suoi elettori, vedevano in lui un uomo insignificante, innocuo, destinato insomma ad essere un papa di transizione, Gregorio X si rivelò invece un grande Pontefice, che, nei quattro anni del suo pontificato, diede molte direttive assolutamente innovative e svolse un'intensa e disinteressata attività in tutti i campi, teso soprattutto ad affermare l'assoluta indipendenza della Santa Sede, che veniva riconfermata come l'unica depositaria di taluni fondamentali valori: nasce così la volontà (che dominerà sempre il pensiero di Gregorio) di unire l'Europa cristiana per una Grande Crociata che liberasse Gerusalemme; intimamente legato e subordinato a questa volontà è il desiderio di ricongiungere la Chiesa di Roma a quella d'Oriente, che verrà parzialmente realizzato durante il Concilio di Lione. In Italia fu sua incessante cura tentare la pacificazione tra guelfi e ghibellini, ma non riuscì a realizzarla, anche per l'opposizione, più o meno velata ma tenacissima, di Carlo d'Angiò. Del resto al sovrano angioino non mancarono motivi di frizione con questo papa che lo trattava con affetto e dolcezza, ma che forse vedeva in lui solo un molesto protettore di cui la Chiesa non aveva più bisogno. Anche per questo Gregorio appoggiò apertamente l'elezione di Rodolfo I d'Asburgo ad Imperatore del Sacro Romano Impero, contro la volontà di Carlo che voleva su quel trono il nipote Filippo III; dopo l'elezione Rodolfo scrisse al papa una lettera piena di devozione e di affetto filiale, con toni molto lontani da quelli svevi, a dimostrazione del cambiamento in atto. Quindi, dopo i tanti momenti oscuri e difficili degli anni passati, la Chiesa aveva di nuovo trovato un grande Papa, secondo molti storici addirittura uno fra i migliori di tutti i tempi. Va ribadito come Gregorio X, con la sua azione, sia riuscito a realizzare, anche se per brevissimo tempo, un papato indipendente, al di sopra dei particolarismi nazionalistici, vero punto di riferimento per l'intero mondo cristiano. In quei decenni così cupi solo Bonifacio VIII saprà fare qualcosa di paragonabile, anche se il rigido pragmatismo di Bonifacio finirà per essere molto lontano dalla spirituale ed al contempo logica determinazione di Gregorio La morte improvvisa e la difficile successione ruppero purtroppo i complessi equilibri che Gregorio X aveva saputo costruire.

I Cardinali di Gregorio e la sua successione
Cameo di Gregorio X in Notre-Dame,Parigi
Durante il suo pontificato Gregorio X tenne con certezza un concistoro nel 1273, creando cinque cardinali; vi sono molti dubbi in merito ad altri due cardinali che sarebbero stati creati nel 1275. I cinque cardinali creati il 3 giugno 1273, tutte figure di grande rilievo, furono:
Pietro di Giuliano, portoghese, medico e teologo, arcivescovo di Braga, cardinale vescovo con titolo di Frascati (diventerà papa Giovanni XXI),
Vicedomino Vicedomini, nipote (o cugino) del papa, arcivescovo di Aix-en-Provence, francescano, cardinale vescovo con titolo di Palestrina (fu forse eletto papa ma morì poco dopo,v.sotto),
Bonaventura da Bagnoregio, teologo e generale dell'Ordine Francescano, cardinale vescovo con titolo di Albano (fu canonizzato nel 1482, Doctor Seraphicus),
Pietro di Tarantasia, francese, teologo domenicano, arcivescovo di Lione, cardinale vescovo con titolo di Ostia e Velletri (futuro Innocenzo V,fu beatificato nel 1898, doctor famosissimus),
Bertrand de Saint-Martin, francese, teologo benedettino, arcivescovo di Arles, cardinale vescovo con titolo di Sabina.
Gli storici sono pressoché concordi nel ritenere non veritiera la notizia di un secondo concistoro, che si sarebbe tenuto nel 1275 e nel corso del quale Gregorio X avrebbe creato altri due cardinali, Giovanni Visconti e Teobaldo da Ceccano; in realtà non vi sono notizie di due cardinali con questi nomi che, soprattutto, non risultano poi aver presenziato a nessun conclave in quegli anni.
L'elenco dei cinque cardinali creati da Gregorio X nel 1273 è importante ai fini della sua successione perché due (o forse addirittura tre) di quei cardinali furono tra i suoi diretti successori. Infatti, alla morte di Gregorio X, fu eletto papa Innocenzo V cioè Pietro di Tarantasia, che regnò dal 22 gennaio al 22 giugno del 1276; gli succedette Ottobono Fieschi, vecchio amico di Gregorio X, che scelse il nome di Adriano V e regnò dall'11 luglio al 18 agosto del 1276. Alla sua morte sarebbe stato eletto il 5 settembre 1276, secondo alcune fonti, Vicedomino Vicedomini che avrebbe anche scelto il nome di Gregorio XI, ma che sarebbe poi improvvisamente morto il giorno seguente, 6 settembre,prima ancora che la sua elezione venisse ufficialmente proclamata; va peraltro osservato che non vi è alcuna notizia di un simile evento nei documenti ufficiali. Comunque, il 15 settembre 1276 fu eletto papa Giovanni XXI, cioè Pietro di Giuliano, destinato a regnare fino al 20 maggio 1277; il successore di quest'ultimo sarà infine, dopo una sede vacante di ben sei mesi, Niccolò III, ovvero il potente cardinale Giangaetano Orsini.

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Innocenzo V, nato Pierre de Tarentaise, italianizzato in Pietro di Tarantasia (Champagny-en-Vanoise, 1224 o 1225 – Roma, 22 giugno 1276), fu il 185° papa della Chiesa cattolica dal 21 gennaio 1276 alla morte. Primo papa appartenente all'Ordine domenicano, è stato beatificato da Leone XIII nel 1898.

Nacque tra il 1224 ed il 1225, probabilmente nella piccola cittadina di Champagny-en-Vanoise, presso Moûtiers, nella valle della Tarentaise, in Savoia; peraltro, secondo una suggestiva ipotesi segnalata anche da storici francesi, potrebbe essere nato sul versante italiano delle Alpi, nella cittadina valdostana di La Salle. Entrò nell'Ordine domenicano intorno al 1240 nel convento di Lione, che era frequentato dai più noti religiosi del tempo. Nel 1255 fu mandato presso lo Studium del Convento di S. Giacomo a Parigi, dove conseguì il titolo di magister in teologia nel 1259, anno in cui, insieme a confratelli del calibro di Tommaso d'Aquino ed Alberto Magno, curò la riorganizzazione degli studi dell'Ordine domenicano. Sempre nel 1259 gli fu affidata, presso l'Università di Parigi, la celebre cattedra dei francesi che gli diede grande notorietà, tanto da fargli guadagnare il titolo di Doctor famosissimus.
Nel 1268, dietro espressa richiesta di Clemente IV, predicò la crociata con grande passione. Due volte provinciale dei domenicani di Francia nel 1264-1267 e 1269-1272, proprio nel 1272 papa Gregorio X, che lo aveva conosciuto molti anni prima nell'ateneo parigino e che aveva con lui rapporti di stima e di amicizia, lo fece eleggere arcivescovo di Lione e l'anno successivo lo creò cardinale con titolo di cardinale-vescovo di Ostia e Velletri. Ebbe un importante ruolo nel corso del secondo Concilio di Lione, convocato da Gregorio X nel 1274, anche in ragione del suo incarico di arcivescovo della città lionese; proprio in funzione di questa carica fu lui a tenere l'elogio funebre di Bonaventura da Bagnoregio, morto improvvisamente durante il Concilio. Terminato il concilio nel luglio 1274, Pietro fu molto vicino a papa Gregorio nei mesi successivi, quando il papa incontrò a Beaucaire Alfonso X di Castiglia (maggio 1275), e a Losanna Rodolfo I d'Asburgo (ottobre 1275); così, alla morte di Gregorio X ad Arezzo nel gennaio 1276, i cardinali riuniti in quella città per eleggere il nuovo pontefice secondo le regole innovative della costituzione apostolica Ubi Periculum, elessero papa al primo scrutinio il teologo domenicano, che scelse di chiamarsi Innocenzo V (21 gennaio 1276).
Mentre si recava a Roma, il nuovo pontefice ebbe un lungo incontro a Viterbo tra il 7 ed il 12 febbraio con Carlo d'Angiò, che nei giorni successivi confermò nelle cariche di senatore di Roma e vicario di Toscana, mentre, su consiglio del sovrano angioino, rinviò l'incoronazione di Rodolfo d'Asburgo, in attesa della restituzione delle Romagne. Uomo di notevole sapienza e religiosità, modesto e buono, non aveva grande esperienza di politica e diplomazia e si lasciò consigliare dall'Angiò, anche se si impegnò per tentare di pacificare l'Italia dai molti conflitti che la soffocavano. L'idea che comunque dominò il suo breve pontificato fu, sulla scia del suo predecessore, quella della crociata per liberare la Terrasanta, come indica chiaramente il suo documento programmatico Fundamentum aliud; in questa ottica va vista la sua attività finalizzata all'unità con la Chiesa di Bisanzio ed i contatti con Michele VIII Paleologo, in prosecuzione di quanto fatto da Gregorio X durante il secondo Concilio di Lione. Mentre però si faceva sempre più serrata la pressione angioina sul pio pontefice, questi morì, abbastanza all'improvviso, a Roma il 22 giugno 1276, dopo soli cinque mesi di regno; qualche tempo più tardi, durante il pontificato di Giovanni XXI, i suoi resti mortali furono sepolti nella Basilica di San Giovanni in Laterano. Purtroppo il sepolcro venne distrutto ed i resti furono dispersi in occasione di un grave terremoto che colpì la Basilica nel XVIII secolo. Innocenzo V è stato beatificato da Leone XIII il 14 marzo 1898, per conferma del culto ab immemorabili; la sua memoria religiosa cade il 22 giugno.

Opere

Teologo di notevole spessore, fu un autore molto fertile e scrisse, tra l'altro, anche opere di filosofia, diritto canonico, etica, che lo fecero chiamare Doctor famosissimus. Molti suoi lavori sono purtroppo andati perduti; tra quelli ancora reperibili vanno ricordati:
Commento alle Sentenze di Pier Lombardo, del 1257-1259;
Postilla Dedi te in lucem gentium, sulle Lettere di San Paolo, anteriore al 1264;
Quaestio de lege et praeceptis, del 1268;
37 Quaestiones quodlibetales, scritte tra il 1268 ed il 1269;
Diversi sermoni di varie epoche.

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Adriano V, nato Ottobono Fieschi (Genova, ca. 1205 – Viterbo, 18 agosto 1276), fu il 186° papa della Chiesa cattolica nel 1276.

Apparteneva alla ricchissima ed antica famiglia genovese dei Fieschi, discendenti dei Conti di Lavagna. Poco si sa della sua giovinezza, se non che si diede presto alla carriera ecclesiastica, ricoprendo in Francia incarichi di canonico e arcidiacono; prima del 1250 fu arcidiacono presso la diocesi di Parma. Nel 1251 suo zio Innocenzo IV lo creò cardinale diacono, con titolo di S.Adriano. Ebbe incarichi come legato pontificio sia con Alessandro IV che con Urbano IV, venendo spesso inviato all'estero: durante queste missioni si mise in luce per le sue capacità di fine diplomatico. Nel 1265 Clemente IV gli affidò un incarico di estrema importanza, inviandolo prima in Francia, presso Luigi IX, e quindi in Inghilterra, per mediare nella difficile vertenza che contrapponeva Enrico III ai suoi Baroni. Pur appoggiando il sovrano, il cardinale Fieschi svolse comunque un'appassionata opera di pacificazione a tutto campo, che gli provocò l'ostilità di Robert di Glover il quale lo imprigionò per alcuni giorni nella Torre di Londra. Liberato dal re, continuò il suo impegno, ottenendo infine la pace tra le due parti. Nella parte finale di quet'ambasceria (1267) fu raggiunto da altri due ecclesiastici: Tedaldo Visconti, il futuro Gregorio X, e Benedetto Caetani, che diventerà Bonifacio VIII. Partecipò successivamente alla lunghissima e celebre elezione papale viterbese che portò al pontificato Gregorio X, durante il cui regno svolse ancora alcune missioni presso la corte di Carlo d'Angiò, nonostante la sua salute fosse peggiorata. Morto Gregorio all'inizio del 1276, e deceduto a Roma dopo soli cinque mesi il suo successore Innocenzo V, nella città capitolina ebbe inizio a fine giugno di quel 1276 il conclave per eleggere il nuovo papa. Carlo d'Angiò, che era senatore di Roma, assunse l'incarico di Custode del conclave e, per influenzare i cardinali, li sottopose a varie angherie, segregandoli pesantemente in Laterano e riducendo loro drasticamente il cibo, ma commettendo al contempo varie parzialità in favore dei cardinali francesi. Il fatto fece indignare i porporati italiani ed il potente cardinale Giangaetano Orsini riuscì a convincere la maggioranza degli elettori a scegliere un papa di transizione che li facesse uscire al più presto da quella situazione: fu così eletto (11 luglio 1276) il malandato Ottobono, che prese il nome di Adriano V in onore di Adriano IV, unico papa inglese nella Storia della Chiesa. Alcuni storici riferiscono che, a coloro che si congratulavano con lui per l'elezione, il nuovo papa abbia detto: Di che vi rallegrate?..non era meglio per voi lo avere un Cardinale sano, che un Papa moribondo?.. Come suo primo atto il papa convocò in Laterano, nella stessa stanza dove era il suo letto d'infermo, un concistoro segreto, nel quale, ricordando le vessazioni subite durante il conclave, sospese la costituzione apostolica Ubi Periculum, contenente le norme per l'elezione papale, riservandosi di riformarla successivamente (cosa che però non ebbe il tempo di fare). Quindi, non sopportando più la canicola romana, il pontefice malato si recò, con la sua corte, a Viterbo ove prese dimora nel grande convento francescano adiacente la Basilica di San Francesco alla Rocca. Pochi giorni più tardi morì, senza essere stato consacrato sacerdote né tantomeno incoronato papa, dopo soli 39 giorni di regno (18 agosto 1276). I suoi resti mortali riposano nella stessa Basilica di San Francesco alla Rocca, in un bel monumento sepolcrale disegnato, con ogni probabilità, da Arnolfo di Cambio e realizzato da uno dei Vassalletto, nota famiglia romana di scultori.
Viene citato nella Divina Commedia da Dante, che lo confonde probabilmente con Adriano IV e lo colloca nella quinta cornice del Purgatorio fra gli avari e i prodighi.

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Papa Giovanni XXI

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Giovanni XXI, nato Pedro Julião detto Petrus Iuliani o Pietro di Giuliano o Pietro Ispano o Petrus Hispanus (Lisbona, circa 1205-1220 – Viterbo, 20 maggio 1277), fu il 187° papa della Chiesa cattolica dal 1276 alla morte.

Formazione e insegnamento
Petrus Hispanus o Petrus Iuliani nacque quasi certamente a Lisbona in un anno imprecisato tra il 1205 ed il 1220; fu forse figlio del noto medico Juliào Rebelo, anche se recentemente gli storici portoghesi più accreditati fanno notare come le notizie più attendibili sulla sua vita siano posteriori al 1250. Studiò probabilmente all'Università di Parigi , dedicandosi alla teologia, con un'enfasi particolare sulla dialettica, la logica, e soprattutto la fisica e la metafisica di Aristotele. Studiò quindi medicina a Montpellier, o forse a Salerno. È probabile che, tra il 1235 ed il 1245, abbia insegnato logica in Spagna e quindi in Francia, forse a Tolosa.
Dal 1245 al 1250 un Pietro Ispano risulta essere stato presente a Siena come medico e docente di medicina presso lo Studium comunale universitario di quella città, dove lo stesso personaggio, che è con grande probabilità il nostro Pietro, avrebbe anche scritto molte importanti opere, sia di filosofia, come il Summulae Logicales, che fu il manuale di riferimento sulla logica aristotelica in uso nelle università europee per più di 300 anni, ed i commentari al De anima e al De animalibus sempre di Aristotele, che di medicina, come i ricettari De oculo e Diete super cyrurgia. Raggiunse intorno al 1250 il culmine della sua attività accademica, quando gli fu conferito il titolo di magister presso la prestigiosa Università di Parigi, come riconoscono concordemente gli storici, anche se non è ben chiaro in quale disciplina abbia svolto il suo magistero.
Di grande interesse e modernità risultano ancor oggi le sue opere di logica ed i suoi commentari al De anima e al De animalibus di Aristotele. Tra gli scritti di medicina si ricordano i Problemata, la Summa medicinae, il Liber de conservanda sanitate, il trattato di oftalmologia De oculo ed il celebre Thesaurus pauperum (Il tesoro dei poveri), famosissimo manualetto di cure mediche ad uso dei meno abbienti.

Vita ecclesiastica e pontificato
A partire dal 1250 il nome di Pietro di Giuliano si trova frequentemente in documenti relativi alla Chiesa per incarichi o controversie di varia natura: nel primo di questi documenti, datato 11 giugno 1250, il re Alfonso III del Portogallo lo designa come suo portavoce in una disputa con il clero portoghese; all'epoca Pietro era già arcidiacono di Braga. Da quell'anno si susseguirono gli impegni religiosi che lo portarono nelle principali città portoghesi e nei più importanti centri della curia papale, da Roma a Orvieto, da Anagni a Viterbo; dal 1262 fu molto vicino al cardinale Ottobono Fieschi, il futuro Adriano V, in alcune missioni diplomatiche. Grazie al cardinale Fieschi incontrò papa Gregorio X, che nel 1272 lo avrebbe nominato suo archiatra, cioè medico personale, ma non tutti gli storici concordano su questa nomina. Nel maggio 1272 fu eletto, con voto unanime, arcivescovo di Braga e nello stesso periodo fu consacrato sacerdote. Nel concistoro del 3 giugno 1273 Gregorio X lo creò cardinale con titolo di cardinale vescovo di Frascati. Con questo titolo partecipò ai lavori del secondo Concilio di Lione: le indicazioni conciliari sull'unità con i cristiani della Chiesa d'Oriente saranno presenti in maniera significativa nel suo pontificato. Morto Gregorio X nel gennaio 1276, partecipò al breve conclave aretino che elesse Innocenzo V e quindi, morto anche quest'ultimo dopo soli cinque mesi, prese parte al conclave lateranense che elesse papa Adriano V, conclave che vide i cardinali sottoposti a pesanti vessazioni e restrizioni ad opera di Carlo d'Angiò, che voleva influenzare i porporati per far loro scegliere un papa a lui gradito. Dopo un brevissimo pontificato di 39 giorni anche Adriano V morì a Viterbo il 18 agosto 1276 ed i membri del Sacro Collegio si ritrovarono in quella città per procedere alla terza elezione papale in meno di nove mesi.

Dopo la morte di papa Adriano V, avvenuta il 18 agosto 1276, Pedro Hispano venne eletto papa dal conclave conclusosi a Viterbo il 15 settembre e venne qui consacrato il 20 dello stesso mese.
Non avendo una grande esperienza politico-ecclesiastica, si dovette appoggiare al cardinale Giovanni Gaetano Orsini che gli fece perfezionare l'abrogazione della costituzione "Ubi Periculum", sospesa dal suo predecessore.
Promosse l'iniziativa del vescovo dell'Arcidiocesi di Parigi, Etienne Templier, per il controllo dell'ortodossia teologica dei maestri parigini, che culminò il 7 marzo 1277 con la pubblicazione di un decreto mirante a frenare le tendenze innovative in materia di antropologia teologica e nei rapporti tra cosmologia e teologia.
Morì dopo essere rimasto vittima di un grave incidente nel Palazzo papale di Viterbo: la volta del suo studio gli crollò addosso, probabilmente per un difetto di costruzione. Per ironia della sorte, è da osservare che quel papa si rivolgeva spesso ai cardinali del Sacro Collegio dicendo che il suo pontificato sarebbe durato a lungo, in quanto egli era un medico esperto e sapeva benissimo come mantenersi in salute.
La sua tomba si trova tuttora nella Cattedrale di Viterbo. Nel maggio 2000 una speciale tomba onorifica venne collocata nello stesso tempio per volere di Giovanni Paolo II. È l'unico papa (eccettuato San Pietro) posto da Dante nel suo Paradiso ed è inoltre, ad oggi, insieme a San Damaso I (366-384), uno dei due soli portoghesi che siano mai seduti sul Trono di Pietro.

Il nome
Prima di lui il nome Giovanni era stato scelto da papa Giovanni XIX (che in realtà si chiamò "XVIII" e non "XIX") e non è mai esistito un papa Giovanni XX perché Ispano, come gran parte degli storici della Chiesa del suo tempo, era convinto che tra Giovanni XIV (983-984) e Bonifacio VII (984-985) fosse esistito un Papa Giovanni in più (Ioannes XIV Bis) e che l'Antipapa Giovanni XVI (997-998) fosse stato vero Papa tra Gregorio V e Silvestro II. Gli storici corressero successivamente i nomi dei Papi Giovanni XVI, XVII e XVIII in XVII, XVIII e XIX, così come li conosciamo oggi; lui poi corresse i nomi dei Papi Giovanni XV, XVII, XVIII e XIX in XVI, XVIII, XIX e XX e chiamò l'Antipapa Giovanni XVI "Giovanni XVII", per rimediare a quello che considerava un errore (l'esclusione dalle liste di Ioannes XIV Bis era dovuta al fatto che sarebbe morto prima di essere consacrato) così che il nostro divenne "Giovanni XXI" anziché, come sarebbe stato giusto, "Giovanni XIX".

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Papa Niccolò III

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Niccolò III, nato Giovanni Gaetano Orsini (Roma, ca. 1216 – Soriano nel Cimino, 22 agosto 1280), fu il 188° papa della Chiesa cattolica dal 1277 alla morte. Era figlio di Matteo Rosso Orsini e di Perna Caetani.

Era un nobile romano appartenente alla potente famiglia Orsini. Fu nominato cardinale diacono molto presto, nel concistoro del 28 maggio 1244, con il titolo della diaconìa di San Nicola in Carcere da Papa Innocenzo IV. Fu uno dei cardinali che accompagnò Innocenzo IV nella sua fuga a Lione (28 giugno 1244), ove avrebbe tenuto un concilio l'anno successivo, concilio al quale partecipò anche il neocardinale Giovanni Gaetano Orsini. Fu legato pontificio a Firenze nel 1252, in Francia nel 1258, nella provicia della Sabina nel 1262 ed in Viterbo nel 1276.

Conclavi
Il cardinale Giovanni Gaetano Orsini partecipò ai conclavi che elessero:
Papa Urbano IV (1261)
Papa Clemente IV (1265)
papa Gregorio X (1271)
Papa Adriano V (2-11 luglio 1276)
Papa Giovanni XXI (19 agosto - 8 settembre 1276)
Non prese parte invece al conclave che il 21 gennaio 1276 elesse Papa Innocenzo V.

Pontificato
Niccolò III successe a Papa Giovanni XXI, in gran parte grazie all'influenza della sua famiglia, dopo un periodo di sei mesi in cui la Santa Sede era rimasta vacante. Il suo breve pontificato venne segnato da diversi eventi importanti. Politico nato, rafforzò notevolmente la posizione del Papa in Italia. Concluse un concordato con Rodolfo I d'Asburgo, nel maggio 1278, con il quale la Romagna e l'Esarcato di Ravenna venivano concessi al Papa; mentre in luglio emanò una costituzione (Fundamenta militantis ecclesiae) per il governo di Roma che avrebbe fatto epoca, la quale vietava agli stranieri di assumere incarichi civili e che dava al papa l'incarico di regolamentare la nomina dei senatori, fermo il diritto del popolo romano ad eleggerli. Niccolò III pubblicò la bolla Exiit qui seminat il 14 agosto 1279, per appianare la contesa interna ai Francescani tra le fazioni di osservanza stretta e lasca. Fece riparare il palazzo del Laterano e il Vaticano ad un prezzo enorme, e fece erigere una magnifica fortezza (nota come Castello Orsini) che domina ancora oggi l'abitato di Soriano nel Cimino, nei pressi di Viterbo. Benché uomo di studio e dal carattere forte, si attirò biasimi per i suoi sforzi nel cercare principati per i suoi nipoti e altri parenti. Infatti nei suoi progetti vi era quello di creare un grande stato o signoria nell'Italia settentrionale comprendente la Romagna e la Toscana, governata dagli Orsini. A tal fine nominò legato pontificio in Toscana e Romagna suo nipote cardinale Latino Malabranca Orsini e, assistente di questi, un altro nipote, Bertoldo Orsini, fatto conte di Romagna. Entrambi riuscirono ad ottenere nel 1279 una pacificazione delle contese armate della regione, che però durò poco poiché l'anno dopo si riaccesero i conflitti. Nello stesso anno Niccolò III moriva per un colpo apoplettico all'interno del castello da lui fatto erigere a Soriano nel Cimino (VT), luogo amatissimo dal pontefice. Il termine nepotismo, oggi largamente in uso, si riconduce ai suddetti criteri adottati da questo Papa.
Dante colloca Niccolò III nella terza bolgia dell'ottavo girone infernale, riservata ai simoniaci.

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Papa Martino IV

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Papa Martino IV

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Martino IV, al secolo Simon de Brion (Montpensier, 1210 circa – Perugia, 28 marzo 1285), fu il 189° papa della Chiesa cattolica dal 1281 alla morte.
Simon de Brion era nato in Francia, nel Castello di Montpensier, nella provincia della Turenna (nei pressi di Tours), attorno al 1210, figlio di Jean de Brion, grand maire di Donnemarie.
Per quanto riguarda il nome, anche se egli, dopo Papa Martino I, fu solo il secondo papa a scegliere quel nome, si verificarono degli errori perché i papi Marino I e Marino II furono conteggiati con lo stesso nome di Martino.

Presbitero e cardinale
Simon fu per un breve periodo, semplice prete a Rouen, quindi divenne canonico e tesoriere presso la chiesa di St. Martin a Tours. Nel 1260, fu eletto Cancelliere di Francia sotto Luigi IX.
Nel concistoro del 17 dicembre del 1261, venne creato cardinale-prete, con il titolo di Santa Cecilia, da Papa Urbano IV.
Simon ebbe l'incarico come legato per Urbano IV e per il suo successore Clemente IV, nei negoziati per l'assunzione della corona di Sicilia da parte di Carlo d'Angiò, al quale divenne profondamente legato dal punto di vista politico. Successivamente, papa Gregorio X lo inviò muovamente come legato in Francia, per condannare gli abusi della Chiesa Cattolica in quella nazione; qui indisse, a tale scopo, diversi sinodi riformatori, il più importante dei quali fu quello che si svolse a Bourges nel settembre 1276.
Sei mesi dopo la morte di Papa Niccolò III, avvenuta nel 1280, Carlo d'Angiò intervenne nel conclave di Viterbo, imprigionando i due più influenti cardinali italiani, che si opponevano alla fazione francese, accusandoli di interferenze illegali nel conclave. A questo punto, Simon de Brion il 22 febbraio 1281, venne eletto papa all'unanimità e prese il nome di Martino IV.

Come cardinale Simon de Brion partecipò ai conclavi che elessero:
Papa Clemente IV (1264 / 1265)
Papa Gregorio X (1268 / 1271)
Papa Niccolò III (1277)

mentre mancò i tre conclavi del 1276 che elessero:
Papa Innocenzo V
Papa Adriano V
Papa Giovanni XXI

Il pontificato
La sua prima decisione fu l'interdetto per la città di Viterbo a causa dei tumulti e dell'arresto dei due cardinali durante il conclave. A Roma però il popolo e la maggior parte del clero non era assolutamente incline ad accettare un francese come Papa, perciò Martino venne incoronato ad Orvieto il 23 marzo 1281.
Descritto come uomo molto pio ed intelligente, ebbe però il peso della sudditanza al re Carlo d'Angiò, che lo aveva fatto eleggere e del quale si sentiva comunque debitore. A lui trasferì la carica di senatore romano, perciò il re fu ulteriormente legittimato ad influenzare la politica vaticana. Seguendo gli interessi di Carlo d'Angiò fortemente ostile all'impero greco-ortodosso, e nonostante i pacifici segni che gli erano giunti dalla chiesa ortodossa, Martino IV decise di scomunicare l'Imperatore greco Michele Paleologo. Questo portò alla rottura con la chiesa ortodossa nonostante la conciliazione che si era attuata già in precedenza nel secondo concilio di Lione del 1274.
L'annus horribilis di Martino IV fu probabilmente il 1282:
Nel 1282, il Papa Martino IV inviò un agguerrito esercito di francesi contro la città di Forlì, rimasta forse l'ultima roccaforte ghibellina in Italia. I Francesi, dopo aver a lungo assediato la città, furono infine pesantemente sconfitti, anche grazie all'abilità strategica di Guido da Montefeltro, allora a capo delle milizie forlivesi, e del suo consigliere, l'astronomo Guido Bonatti: l'episodio è ricordato da Dante Alighieri.
Sempre nel 1282, Carlo d'Angiò venne rovesciato in un violento massacro noto come vespri siciliani. I siciliani avevano eletto Pietro III d'Aragona come loro Re, ma Martino IV usò tutte le risorse materiali e spirituali a sua disposizione contro di lui, cercando di conservare la sicilia alla Francia. Scomunicò Pietro III, dichiarò sciolto il suo Regno di Aragona, e ordinò una crociata contro di lui, ma tutto fu invano.
Papa Martino IV morì a Perugia il 28 marzo 1285 e venne sepolto nella cattedrale di quella città.
Dante Alighieri lo ricorda nel canto XXIV del Purgatorio: lo pone nella sesta cornice, tra le anime dei golosi, a causa della sua famosa passione per le anguille alla Vernaccia.
Tra i sette cardinali nominati da Martino IV vi fu Benedetto Caetani, che in seguito ascenderà al trono papale come Bonifacio VIII.


http://it.wikipedia.org/wiki/Papa_Martino_IV
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Paciughina
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Papa Celestino V

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Celestino V, nato Pietro Angeleri e detto Pietro da Morrone (Molise, fra il 1209 ed il 1215 – Fumone (FR), 19 maggio 1296), fu il 192° papa della Chiesa cattolica dal 29 agosto al 13 dicembre 1294.
Fu incoronato ad Aquila (oggi L'Aquila) il 29 agosto del 1294 nella basilica di Santa Maria di Collemaggio, dove è sepolto. Il 28 aprile 2009 papa Benedetto XVI visitando la basilica duramente colpita dal terremoto pose sulla sua urna (una teca di cristallo) il suo pallio pontificio in ricordo della visita. Celestino V fu il primo Papa che volle esercitare il proprio ministero al di fuori dei confini dello Stato Pontificio, e uno dei pochi, come San Clemente I e Gregorio XII, ad abdicare.
È venerato come Santo dalla Chiesa cattolica che ne celebra la festa liturgica il 19 maggio. È patrono di Isernia e compatrono dell'Aquila, di Urbino e del Molise.

IL CONCLAVE
Papa Niccolò IV morì il 4 aprile 1292; nello stesso mese si riunì il conclave, che in quel momento era composto da soli dodici porporati.
L'ipotesi più attendibile che si può avanzare è quella di un tacito accordo fra tutti i prelati al fine di rinviare nel tempo la nomina di un Papa esperto e adatto al ruolo, e nel contempo tacitare l'opinione pubblica e le monarchie più potenti d'Europa, vista l'impossibilità di eleggere un porporato su cui tutti fossero d'accordo.
È possibile che i cardinali fossero pervenuti a questa soluzione pensando anche di poter gestire, ciascuno a modo suo, la totale inesperienza del vecchio (85 anni) frate eremita, guidandolo in quel mondo curiale e burocratico a cui egli era totalmente estraneo, sia per reggere la Chiesa in quel difficile momento, sia per vantaggi personali.

IL PONTIFICATO
La notizia dell'elezione gli fu recata da tre vescovi, nella grotta sui monti della Maiella, dove il frate risiedeva. Sorpreso dall'inaspettata notizia, il frate, forse anche intimorito dalla potenza della carica, inizialmente oppose un netto rifiuto che, successivamente, si trasformò in un'accettazione alquanto riluttante, avanzata certamente soltanto per dovere d'obbedienza.
Appena diffusa la notizia dell'elezione del nuovo Pontefice, Carlo d'Angiò si mosse immediatamente da Napoli e fu il primo a raggiungere il frate. In sella ad un asino tenuto per le briglie dallo stesso Re e scortato dal corteo reale, Pietro si recò nella città di Aquila (oggi L'Aquila), dove aveva convocato tutto il Sacro Collegio. Qui, nella chiesa di Santa Maria di Collemaggio, fu incoronato il 29 agosto 1294 con il nome di Celestino V.
Uno dei primi atti ufficiali fu l'emissione della cosiddetta Bolla del Perdono, bolla che elargisce l'indulgenza plenaria a tutti coloro che confessati e pentiti dei propri peccati si rechino nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio, nella città dell'Aquila dai vespri del 28 agosto al tramonto del 29. Fu così istituita la Perdonanza, celebrazione religiosa che anticipò di sei anni il primo Giubileo del 1300, ancora oggi tenuta nel capoluogo abruzzese.
In pratica Celestino V istituì a Collemaggio un prototipo del Giubileo, successivamente copiato dal suo successore.
Il nuovo Pontefice si affidò, incondizionatamente, nelle mani di Carlo d'Angiò, nominandolo "maresciallo" del futuro Conclave. Ratificò immediatamente il trattato tra Carlo d'Angiò e Giacomo d'Aragona, mediante il quale fu stabilito che, alla morte di quest'ultimo, la Sicilia sarebbe ritornata agli angioini.
Il 18 settembre 1294 indisse il suo primo e unico Concistoro, nel quale nominò ben 13 nuovi cardinali, di cui nessuno romano.
In questo modo Celestino V, su consiglio di Carlo, riequilibrò a suo favore il Sacro Collegio, dandogli una forte connotazione monastica benedettina.
Dietro ulteriore consiglio di Carlo d'Angiò, trasferì la sede della Curia da L'Aquila a Napoli fissando la sua residenza in Castel Nuovo, dove fu allestita una piccola stanza, arredata in modo molto semplice e dove egli si ritirava spesso a pregare e a meditare. Di fatto il Papa era così protetto da Carlo, ma anche suo ostaggio, in quanto molte delle decisioni pontificie erano direttamente influenzate dal Re Angioino.
Probabilmente, nel corso delle sue frequenti meditazioni, dovette pervenire, poco a poco, alla decisione di abbandonare il suo incarico. In ciò sostenuto forse anche dal parere del cardinal Caetani, esperto di diritto canonico, il quale riteneva pienamente legittima una rinuncia al pontificato.

LA RINUNCIA AL PONTIFICATO
Circa quattro mesi dopo la sua incoronazione, nonostante i numerosi tentativi per dissuaderlo avanzati da Carlo d'Angiò, il 13 dicembre 1294 Celestino V, nel corso di un Concistoro, diede lettura di una bolla, appositamente preparata per l'occasione, nella quale si contemplava la possibilità di un'abdicazione del Pontefice per gravi motivi. Dopo di che recitò la formula della rinuncia al Soglio Pontificio.
(LA)
« Ego Caelestinus Papa Quintus motus ex legittimis causis, idest causa humilitatis, et melioris vitae, et coscientiae illesae, debilitate corporis, defectu scientiae, et malignitate Plebis, infirmitate personae, et ut praeteritae consolationis possim reparare quietem; sponte, ac libere cedo Papatui, et expresse renuncio loco, et Dignitati, oneri, et honori, et do plenam, et liberam ex nunc sacro caetui Cardinalium facultatem eligendi, et providendi duntaxat Canonice universali Ecclesiae de Pastore. »
(IT)
« Io Papa Celestino V, spinto da legittime ragioni, per umiltà e debolezza del mio corpo e la malignità della plebe [di questa plebe], al fine di recuperare con la consolazione della vita di prima, la tranquillità perduta, abbandono liberamente e spontaneamente il Pontificato e rinuncio espressamente al trono, alla dignità, all'onere e all'onore che esso comporta, dando sin da questo momento al sacro Collegio dei Cardinali la facoltà di scegliere e provvedere, secondo le leggi canoniche, di un pastore la Chiesa Universale. »
(Celestino V - Bolla pontificia, Napoli, 13 dicembre 1294)
La storia ha chiarito poi, che la bolla pontificia, contenente tutte le giustificazioni per un'abdicazione del Papa, era stata compilata ad hoc proprio dal cardinal Caetani, il quale, vista l'impossibilità di controllare il Papa come aveva auspicato, impedito in questo da Carlo d'Angiò, intravedeva in questa vicenda la possibilità di ascendere egli stesso al soglio pontificio con notevole anticipo sui tempi che egli aveva preventivato al momento in cui aveva aderito all'elezione di Pietro da Morrone.[senza fonte]
Undici giorni dopo le sue dimissioni infatti, il Conclave, riunito a Napoli in Castel Nuovo, elesse il nuovo Papa nella persona del cardinal Benedetto Caetani, laziale di Anagni. Aveva 64 anni circa ed assunse il nome di Bonifacio VIII.
Caetani, che aveva aiutato Celestino V nel suo intento di dimettersi, temendo uno scisma da parte dei cardinali filo-francesi a lui contrari mediante la rimessa in trono di Celestino, diede disposizioni affinché l'anziano frate fosse messo sotto controllo, per evitare un rapimento da parte dei suoi nemici. Celestino, venuto a conoscenza della decisione del nuovo Papa grazie ad alcuni tra i suoi fedeli cardinali da lui precedentemente nominati, tentò una fuga verso oriente, ma il 16 maggio 1295 fu catturato presso Santa Maria di Merino da Guglielmo Stendardo II, Connestabile del Regno di Napoli, figlio del celebre Guglielmo Stendardo detto "Uomo di Sangue".

LA MORTE
Le polizie di Carlo d'Angiò e di Bonifacio VIII catturarono Celestino, il quale fuggì da San Germano per raggiungere la sua cella sul Morrone, e Vieste sul Gargano per tentare l'imbarco per la Grecia.
Fu raggiunto dai soldati che lo rinchiusero nella rocca di Fumone, in Ciociaria, castello nei territori dei Caetani e di diretta proprietà del nuovo Papa; qui il vecchio Pietro morì il 19 maggio 1296, fortemente debilitato dalla deportazione coatta e dalla successiva prigionia: la versione ufficiale sostiene che l'anziano uomo sia morto dopo aver recitato, stanchissimo, l'ultima messa. La teoria secondo la quale Bonifacio ne avrebbe ordinato l'assassinio è priva di fondamento, anche se, di fatto il Papa ne ordinò l'arresto che causò la morte. Il "foro" che si vede nel cranio altro non è che la conseguenza di un ascesso di sangue. Bonifacio portò il lutto per la morte del predecessore, caso unico tra i Papi, celebrò una messa pubblica in suffragio per la sua anima e diede inizio, poco dopo, al processo di canonizzazione.
Il 5 maggio 1313, fu canonizzato da papa Clemente V a seguito di sollecitazione da parte del re di Francia Filippo IV Capeto detto il bello e da forte acclamazione di popolo, accelerando moltissimo l'iter avviato da Bonifacio. Tuttavia Clemente V non lo canonizzò quale martire, come avrebbe voluto Filippo il Bello, ma come confessore.
Fu sepolto nei pressi di Ferentino, nella chiesa di Sant'Antonio sita nell'abbazia celestina che dipendeva dalla casa madre di Santo Spirito del Morrone. Nel febbraio 1317, le spoglie furono traslate a L'Aquila, nella basilica di Santa Maria di Collemaggio, dove era stato incoronato Papa. Sulla data e sulle modalità di traslazione delle spoglie vi sono tuttavia altre versioni.
Il 18 aprile 1988 la salma di Celestino V fu rubata. Due giorni dopo, venne ritrovata nel cimitero di Rocca Passa, nel comune di Amatrice. Non si sono mai scoperti i mandanti o gli esecutori. A seguito del terremoto dell'Aquila del 2009, il crollo della volta della basilica ha provocato il seppellimento della teca con le spoglie, recuperate poi dai Vigili del Fuoco, dalla Protezione Civile e con la collaborazione della Guardia di Finanza.
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http://it.wikipedia.org/wiki/Papa_Celestino_V
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Ultima modifica di Paciughina il 21 luglio 2010, 11:47, modificato 1 volta in totale.
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