Stato della Chiesa

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Scomunica

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La scomunica è una pena irrogata nelle chiese cristiane, che implica l'esclusione di un suo membro dalla comunità dei fedeli a causa di gravi e ostinate infrazioni alla morale e/o alla dottrina riconosciuta. Il termine scomunica appare per la prima volta in documenti ecclesiastici nel IV secolo. Nel XV secolo si cominciò a fare una distinzione fra gli scomunicati che dovevano essere anche fisicamente allontanati, a causa di gravi errori (i vitandi), e quelli che potevano essere tollerati (i tolerati, che dovevano essere solo rigidamente esclusi dai sacramenti).
Oltre che nelle chiese cristiane non cattoliche, qualcosa di simile alla scomunica (con il nome di ḥerem) risulta presente anche nell'ebraismo (es. Spinoza).

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Scomunica nella Chiesa cattolica
Nell'ambito del diritto canonico cattolico, la scomunica è la più grave delle pene che possa essere comminata a un battezzato: lo esclude dalla comunione dei fedeli e lo priva di tutti i diritti e i benefici derivanti dall'appartenenza alla Chiesa, in particolare quello di amministrare e ricevere i sacramenti.
La scomunica è una delle tre censure ecclesiastiche previste dal diritto canonico: le altre censure sono l'interdetto e la sospensione a divinis (quest'ultima può essere inflitta solo ai chierici). La scomunica può essere inflitta solo a una persona fisica, laica o ecclesiastica, non a enti e confraternite, e cessa con l'assoluzione che può e deve essere data non appena lo scomunicato si pente sinceramente della colpa commessa.
È tuttavia da notare che, per quanto la scomunica sia una pena di enorme gravità, è comminata dalla Chiesa avendo riguardo alla sola salus animae del battezzato. Infatti, lo stato di peccato grave, di per sé già idoneo a dannarlo, se accompagnato a comunione sacrilega, aggraverebbe il suo stato di peccato. Inoltre, chi commette peccato grave, specie quelli per i quali è comminata la pena in discorso, è, di fatto, fuori dalla comunione con Cristo Gesù, ergo, scomunicato. Dunque, non si tratterebbe solamente di un provvedimento giuridico di particolare gravità, ma anche e soprattutto di una forma di tutela dell'anima del peccatore.

Tipi di scomuniche
Anticamente esistevano vari gradi di scomunica, il "minore" o dei tolerati (tali persone erano comunque ammesse all'interno della comunità) e il "maggiore" per i vitandi (persone "da evitare", quindi escluse dalla comunità).
Oggi le scomuniche si definiscono latae sententiae se scaturiscono da un comportamento delittuoso in quanto tale e non è necessario che vengano esplicitamente comminate da un ente ecclesiastico: chi compie un certo atto si trova a essere scomunicato automaticamente. Si definiscono invece ferendae sententiae se non sono automatiche, ma devono essere inflitte da un organismo ecclesiale.
Esistono anche le scomuniche "riservate": infatti in genere una scomunica può essere tolta dal sacerdote durante una normale confessione; se però la scomunica è riservata al vescovo, può essere tolta solo da un vescovo o da un suo delegato; se è riservata alla Santa Sede, può essere tolta solo ricorrendo a essa (attraverso il competente ufficio della Curia romana, cioè la Penitenzieria apostolica). Naturalmente le scomuniche "riservate" sono quelle associate ai delitti più gravi.
Le scomuniche sono disciplinate dal Codice di diritto canonico ai canoni 1331 e 1364-1398.
Le chiese sui iuris che non sono di rito liturgico occidentale sono soggette invece al Codice dei canoni delle Chiese orientali, promulgato da papa Giovanni Paolo II ed entrato in vigore il 1 ottobre 1991. Le sanzioni penali sono definite nel titolo XXVII ed includono la scomunica minore (can. 1431), la sospensione (can. 1432), la deposizione (can. 1433), e la scomunica maggiore (can. 1434).

Scomuniche latae sententiae riservate alla Santa Sede
Viene scomunicato ipso facto e deve ricorrere alla Santa Sede:
chiunque profana le specie consacrate (ostie) dell'Eucaristia, oppure le asporta dalla riserva eucaristica (Tabernacolo) o le conserva a scopo sacrilego (can. 1367), può essere anche assolto da un normale sacerdote, su delegazione dell'ordinario del luogo. Non si consideri scomunicato chi per una sola volta apra il tabernacolo e non tocchi l'eucarestia per pregare. Il fatto va comunque confessato.
chiunque usa violenza fisica contro il papa (can. 1370 §1)
il sacerdote che in confessione assolve il proprio complice nel peccato contro il sesto dei dieci comandamenti. (can. 1378) (non commettere atti impuri). Questa assoluzione, inoltre, è anche invalida (can. 977)
il vescovo che consacra un altro vescovo senza mandato pontificio e lo stesso vescovo appena consacrato (can. 1382)
il sacerdote che viola direttamente il sigillo sacramentale della confessione, cioè rende pubblica l'identità di un fedele e i suoi peccati (can. 1388)
sia colui che avrà attentato il conferimento dell'ordine sacro ad una donna, sia la donna che avrà attentato di ricevere il sacro ordine, ma se uno od entrambi sono soggetti al Codice dei canoni delle Chiese orientali, la punizione è la scomunica maggiore, la cui remissione resta riservata alla Sede Apostolica (cfr. can. 1423, Codice dei Canoni delle Chiese Orientali)

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Effetti e rimozione
Storicamente prima della nascita degli stati di diritto, la scomunica aveva gravi effetti sullo scomunicato, anche volendo prescindere dalla sua aura religiosa.
Questi effetti civili si vedono per esempio nella scomunica da parte di Papa Gregorio VII, nel corso del conflitto che l'oppose all'imperatore Enrico IV, il papa scomunico' l'imperatore Enrico IV, sciogliendo i sudditi cristiani dal giuramento obbedienza a lui prestato e l'effetto di questa scomunica spinse gli avversari dell'imperatore ad insorgere, minacciando di deporlo. Enrico IV dovette, per ottenere la revoca della scomunica inflittagli dal papa, umiliarsi attendendo inginocchiato per tre giorni e tre notti innanzi al portale d'ingresso del castello di Matilde di Canossa, mentre imperversava una bufera di neve.
Secondo la Chiesa la scomunica è una pena medicinale, che invita al ravvedimento, alla conversione e alla riparazione dello scandalo. Essa comporta l'esclusione dalla comunità dei fedeli e dalla partecipazione ai sacramenti (fra cui il ricevere la santa Eucaristia):
« Can. 1331 - § 1. Allo scomunicato è fatto divieto:
1° di prendere parte in alcun modo come ministro alla celebrazione del Sacrificio dell'Eucaristia o di qualunque altra cerimonia di culto pubblico;
2° di celebrare sacramenti o sacramentali e di ricevere i sacramenti;
3° di esercitare funzioni in uffici o ministeri o incarichi ecclesiastici qualsiasi, o di porre atti di governo. »
Infatti il fedele, secondo la dottrina cattolica, in stato di peccato mortale si è precluso da solo dalla ricezione della santa Eucaristia, dunque il sacrilegio, involontario o meno, peggiorerebbe comunque il suo stato di cose. Il fedele è quindi esortato a pentirsi ed a rivolgersi ad un sacerdote per completare la riconciliazione con la Chiesa, accettando l'autorità ad essi affidata secondo le parole di Cristo:
« a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi »
La scomunica priva dell’esercizio dei diritti[di che tipo], non dei doveri[di che tipo] , fra cui la partecipazione alla messa (senza ricevere la comunione) la domenica e le feste di precetto, il digiuno nei giorni prestabiliti, etc.
La scomunica, oggi, esclude anche la ricezione dei sacramentali, per cui il fedele sotto scomunica non può richiedere le esequie religiose, al meno di un pentimento in punto di morte.
Il fedele scomunicato che si pente ha diritto alla remissione della scomunica dall'ordinario locale (o, in casi molto particolari citati sopra, dalla Santa Sede).

Celebri casi di scomunica
Nel 731 il papa Gregorio II scomunicò gli iconoclasti.
Nel 1054, quando si consumò lo scisma d'Oriente tra la Chiesa d'Occidente (cattolica) e Chiesa d'Oriente (ortodossa), il Papa (tramite i suoi inviati) e il Patriarca di Costantinopoli si scomunicarono a vicenda. Queste scomuniche vennero annullate soltanto nel 1964 in occasione dell'incontro tra il papa Paolo VI e il patriarca Atenagora I.
Soprattutto nel Medioevo, ma anche in epoca più recente, numerosi regnanti hanno subito la scomunica:
nel 1076 l'imperatore Enrico IV fu scomunicato dal papa Gregorio VII, che egli a sua volta aveva dichiarato deposto, durante la cosiddetta lotta per le investiture. I principi tedeschi si ribellarono a Enrico, che fu costretto a umiliarsi davanti al Papa a Canossa per ottenere l'annullamento della scomunica.
L'imperatore Federico II di Svevia fu scomunicato il 23 marzo 1228 perché continuava a rimandare la crociata per la quale aveva preso impegno solenne con la Dieta di San Germano. All'adempimento dell'impegno, la scomunica venne annullata il 28 agosto 1230.
Quale seguito dell’occupazione di Ferrara da parte della Repubblica di Venezia, Clemente V emanò il 27 marzo 1309 la bolla "In omnem" con la quale anatemizzava la Serenissima e tutti i veneziani, dichiarandoli schiavi di chiunque li catturasse, testualmente: "Se, nel termine di 30 giorni, i Ferraresi non saranno lasciati liberi, il doge, i suoi consiglieri, tutti i Veneziani e tutti gli abitanti del dominio veneziano siano scomunicati e anche coloro che porteranno a Venezia vettovaglie o mercanzie d'ogni sorta o che compreranno qualcosa dai Veneziani. Il doge e i Veneziani non siano ammessi in giudizio come testimoni né possono far testamento; i loro figli non possono accedere a nessun beneficio ecclesiastico fino alla quarta generazione. I prelati e gli ecclesiastici di ogni grado nel raggio di dieci miglia da Venezia se ne allontanino entro dieci giorni pena la scomunica. Il doge e i consiglieri, i Veneziani tutti, se non obbediranno entro 30 giorni, siano servi di coloro che li cattureranno e i loro possedimenti siano di coloro che gli occuperanno".
Il 31 marzo 1376 Papa Gregorio XI scomunicò Firenze, impegnata nella guerra degli Otto Santi; gravi furono le conseguenze per i mercanti fiorentini, a partire dal loro saccheggio e cacciata da Avignone quello stesso anno. Fu revocata nel 1378.
Nel 1570, con la bolla “Regnans in Excelsis”, Pio V scomunicò e dichiarò deposta la regina Elisabetta I d'Inghilterra per eresia: "acquistato ed usurpato in proprio favore il posto di supremo capo della Chiesa in Inghilterra, ha nuovamente ridotto lo stesso regno - che era stato ricondotto alla fede cattolica e a buoni frutti - ad una rovina miserabile.
Il re d'Italia Vittorio Emanuele II ricevette ben tre scomuniche dal papa Pio IX per la sua politica ostile alla Chiesa, che culminò nell'invasione e annessione dello Stato Pontificio al Regno d'Italia. Tuttavia, quando il re fu in punto di morte, Pio IX inviò un sacerdote a impartirgli l'assoluzione.
Secondo il decreto del Santo Uffizio del 1 luglio 1949 (Scomunica ai comunisti) veniva dichiarato formalmente scomunicato chiunque, iscritto al partito comunista, abbracciava di fatto il materialismo ateo proposto dallo statuto del partito. La scomunica formalmente non è stata mai abolita, bensì è stata commutata da Giovanni XXIII durante la Concilio Vaticano II in latae sententiae a chi, per esempio, fa richiesta di non essere più considerato membro della Chiesa cattolica apostolica romana (Codex Iuris Canonici, can. 1364, § 1).
Scomuniche recenti che hanno avuto risonanza mediatica:
il vescovo Marcel Lefebvre, fondatore di un gruppo tradizionalista "Fraternità Sacerdotale San Pio X" che rifiuta molte delle innovazioni introdotte dal Concilio Vaticano II, già sospeso a divinis nel 1976, nel 1988 è incorso nella scomunica latae sententiae per avere ordinato quattro vescovi senza mandato pontificio. La scomunica ai vescovi ordinati è stata revocata nel 2009.
il vescovo Emmanuel Milingo, postosi a capo di un movimento che propugna l'ordinazione di preti sposati e presa moglie lui stesso, nel 2006 è anch'egli incorso nella scomunica per aver ordinato dei vescovi senza permesso.

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Concistoro

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Un concistoro (dal latino consistorium = seduta, assemblea, consiglio) è una riunione formale del collegio consultivo di un sovrano.
In origine usato per gli imperatori romani, che avevano un sacrum consistorium ("sacro collegio"), è passato poi nella terminologia religiosa ad individuare i più alti consigli consultivi.

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Cattolicesimo
Come riunione formale del Collegio cardinalizio (già Sacro Collegio) della Chiesa cattolica, i concistori si tengono nella Città del Vaticano e sono convocati dal papa.
Si distinguono concistori ordinari e straordinari, con i primi composti dai soli cardinali residenti a Roma, mentre ai secondi vige l'obbligo di partecipazione per tutti i cardinali.
Il concistoro è anche l'occasione in cui vengono solennemente creati i nuovi cardinali. Il codice di diritto canonico prevede che ciò avvenga in presenza del collegio. Le nomine dei nuovi cardinali sono generalmente annunciate in anticipo, ma solo con la pubblicazione formale del decreto papale durante il concistoro l'elevazione al rango cardinalizio acquista effetti.
Questo vale anche per quei cardinali il cui nome non viene rivelato dal papa per particolari ragioni (solitamente, di carattere politico), detti cardinali in pectore.
Ai nuovi cardinali vengono consegnati i loro anelli, zucchetti e berrette. Zucchetto e berretta sono in porpora, il colore distintivo dei cardinali (che per questo vengono anche chiamati "porporati").
Come da tradizione, nel concistoro viene assegnata ad ogni nuovo cardinale la titolarità di una chiesa di Roma, quale simbolo dell'unione dei cardinali con il papa.
Quando i componenti del collegio cardinalizio sono riuniti per l'elezione di un nuovo pontefice, l'assemblea prende il nome di conclave ed è regolata da norme speciali.
Prima del Concilio Vaticano II, il concistoro per la nomina di nuovi cardinali si svolgeva in tre momenti: il "concistoro segreto", nel quale il papa annunciava ai membri del collegio cardinalizio l'elenco dei nuovi eletti, il "concistoro pubblico", nel quale i nuovi cardinali ricevevano dal papa la berretta, e l'"imposizione del galero", che poteva avvenire anche qualche tempo dopo il concistoro.

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Riccardo Annibaldi

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Riccardo Annibaldi (Roma, 1200-1210 – 1276) fu un cardinale italiano, creato tale da Gregorio IX e vissuto nel XIII secolo. È considerato il primo "Protettore" dell'Ordine di Sant'Agostino.

Biografia

Gli inizi e l'ascesa
Riccardo Annibaldi nacque a Roma, in una data imprecisata tra il 1200 ed il 1210, dalla famiglia Annibaldi (o degli Annibaldi o Annibaldeschi), una delle più potenti famiglie romane del tempo, imparentata con i Conti di Tuscolo e con papa Innocenzo III, la cui sorella fu, con ogni probabilità, la madre di Riccardo, mentre il padre fu quasi certamente Annibaldo, più volte senatore (cioè governatore) di Roma nella prima metà del XIII secolo. Non si sa quasi nulla della sua vita prima del 1237, se non che, intorno al 1235 era canonico di San Pietro, secondo un documento papale.
Nel concistoro del 1237 papa Gregorio IX, che era suo parente, lo creò cardinale diacono con il titolo della diaconia di Sant'Angelo in Pescheria, titolo che mantenne per ben 39 anni, fino cioè alla morte (1276), fatto per cui diversi storici hanno supposto che egli non sia mai stato consacrato sacerdote, né tantomeno vescovo, altrimenti avrebbe sicuramente optato per un più prestigioso titolo cardinalizio.
Nel 1239 Gregorio IX lo nominò rettore di due provincie a sud di Roma, Campagna e Maritima, dove Riccardo cominciò a conoscere le difficoltà politiche dell'Italia di quegli anni, con la traumatica divisione tra guelfi e ghibellini e con le pesanti pressioni di Federico II sulla Chiesa.
Alla morte di Gregorio IX, avvenuta il 22 agosto 1241, partecipò alla drammatica elezione del successore, durante la quale i cardinali furono imprigionati nel Settizonio, un rudere romano sul Palatino e sottoposti ad angherie ed umiliazioni di ogni genere ad opera del senatore di Roma Matteo Rosso Orsini, che voleva la rapida elezione di un papa che si opponesse subito all'imperatore svevo: accadde che i porporati, pur di sottrarsi a quella umiliante situazione, eleggessero, il 25 ottobre 1241, il malato e dimesso cardinale Goffredo Castiglioni, che scelse il nome di Celestino IV ma morì dopo soli 17 giorni di pontificato, dando peraltro il tempo agli altri cardinali per allontanarsi il più possibile da Roma.
In quelle difficili giornate Riccardo strinse un'importante amicizia con il ricchissimo cardinale genovese Sinibaldo Fieschi, che, dopo una Sede vacante di quasi 20 mesi, fu eletto papa ad Anagni il 25 giugno 1243 e si chiamò Innocenzo IV.
Iniziò allora uno straordinario periodo per Riccardo, che assunse incarichi sempre più prestigiosi tanto da divenire in pochi anni un vero leader del partito guelfo; quando, nel 1244, Innocenzo IV riparò a Lione per sfuggire alle pressioni ghibelline, affidò il governo di Roma ad un comitato composto da tre cardinali, uno dei quali era appunto il nostro Riccardo, che poi divenne il solo Vicario di Roma nel 1251-1252.

I Ghibellini e Carlo d'Angiò
Morto a Napoli Innocenzo IV il 7 dicembre 1254, mentre era in guerra con lo svevo Manfredi, gli successe dopo pochissimi giorni, con il determinante appoggio del cardinale Annibaldi, Rinaldo di Jenne, nipote di Gregorio IX e dunque consanguineo dello stesso Riccardo, che scelse il nome pontificale di Alessandro IV e che, uomo molto religioso e di indole mite, si appoggiò costantemente all'esperto e capace parente, nominandolo arciprete di San Pietro, carica dalla quale il furbo cardinale trasse indubbi profitti.
In quegli anni peraltro Riccardo fu costretto a lottare duramente contro il ghibellino senatore di Roma Brancaleone degli Andalò, che gli fu acerrimo nemico; lo scontro si concluse solo verso la fine del 1258 con la morte di Brancaleone, ma raggiunse livelli accesi a tal punto che lo stesso Alessandro IV si vide in pericolo e decise così di trasferire nel 1257 la curia pontificia a Viterbo.
Il 25 maggio 1261 papa Alessandro IV morì a Viterbo ed i soli otto cardinali rimasti in vita si riunirono nella città della Tuscia per eleggerne il successore; dopo quasi tre mesi di stallo, i membri del Sacro Collegio affidarono a due di loro l'incarico di scegliere il nuovo papa: i due cardinali designati furono Giangaetano Orsini e Riccardo Annibaldi, appunto, che erano unanimemente considerati i due porporati più potenti.
La scelta dei due ricadde sul Patriarca di Gerusalemme, il francese Jacques Pantaléon, uomo di umili origini che non era nemmeno cardinale e che si trovava per caso a Viterbo in quei giorni.
Lo stupefatto prelato transalpino scelse di chiamarsi Urbano IV e non mancò, di lì a poco, di esprimere gratitudine ai suoi due "Grandi elettori": il nuovo pontefice creò infatti 14 nuovi cardinali, due dei quali appartenenti alla famiglia Orsini e due alla famiglia Annibaldi.
Per risolvere poi la grave situazione creatasi con Manfredi, Riccardo decise di forzare la mano al papa e di far eleggere senatore a vita di Roma il Conte di Provenza, Carlo I d'Angiò. Il papa si mostrò dapprima nettamente contrario, poi comprese che la discesa di Carlo d'Angiò in Italia era l'unico modo per tenere lontano Manfredi, che il pontefice, da buon francese, detestava. Prima però che l'Angiò potesse scendere in Italia, Urbano IV morì improvvisamente il 2 ottobre 1264 in un convento di Deruta, vicino Perugia.
Riunitisi i cardinali nel capoluogo umbro, sia Riccardo che Giangaetano Orsini tentarono ancora di ottenere la tiara, ma nessuno raggiunse la maggioranza richiesta; i due decisero così di far eleggere papa il cardinale francese Gui Foucois, un celebre giurista, amico di Luigi IX di Francia e di Carlo d'Angiò, che era in Francia in quel periodo e giunse in Italia quasi di nascosto, per non essere intercettato da Manfredi, scegliendo il nome pontificale di Clemente IV.
Gli anni che seguirono videro i trionfi italiani del sovrano angioino che annientò la Casa di Svevia con il determinante appoggio del pontefice: per tre anni Riccardo fu costantemente a fianco di Carlo d'Angiò come inviato personale del papa, gli fu inizialmente amico e consigliere, poi imparò a conoscere la durezza, l'ambizione e la crudeltà dell'Angiò e ne fu profondamente deluso, tanto che, alla morte di Clemente IV (29 novembre 1268), nel lunghissimo conclave viterbese egli si schierò con la Pars Imperii pur di frenare lo strapotere del sovrano angioino.

Ultimi anni e morte
Le vicende del celebre conclave viterbese sono note: dopo ben 1006 giorni di sede vacante, dopo aver scatenato la furia dei viterbesi che segregarono i cardinali ed arrivarono persino a scoperchiare il tetto del Palazzo papale, dopo il sanguinoso assassinio di Enrico di Cornovaglia che sconvolse il mondo cristiano ed indignò Filippo III di Francia, fu finalmente eletto, con uno dei soliti compromessi che videro in campo sia Riccardo che Giangaetano Orsini, il piacentino Tedaldo Visconti che prese il nome di Gregorio X; il nuovo papa, uomo retto, indipendente e serissimo, non ebbe particolare simpatia né per Riccardo né per Giangaetano Orsini, ritenendoli troppo potenti e corresponsabilli di quella lunghissima vacatio.
Così, durante il pontificato di Gregorio X i due porporati romani furono emarginati dagli incarichi più prestigiosi. Questo fatto segnò il declino di Riccardo, che, ormai vecchio e gravemente malato di gotta, si ritirò pressoché stabilmente presso il suo Castello di Molara, dal quale seguiva le sue immense proprietà e presso il quale faceva anche tenere i Capitoli generali dell'Ordine agostiniano.
Dopo la morte di papa Gregorio X fu forse presente al rapido conclave aretino che elesse Innocenzo V nel gennaio 1276, mentre è sicura la sua presenza al successivo, durissimo, conclave lateranense, nel quale con ogni probabilità si adoperò molto per eleggere Adriano V, il suo vecchio amico Ottobono Fieschi, nipote di quel Sinibaldo che proprio lui aveva fatto eleggere 33 anni prima come papa Innocenzo IV. Non è certissima, invece, la sua presenza nel terzo conclave di quell'interminabile 1276 che vide eleggere a Viterbo papa Giovanni XXI, mentre è sicura la notizia della sua morte, annunciata in un documento papale del 18 ottobre dello stesso anno come avvenuta "da poco tempo" (in latino il termine è nuper).

Il problema della sepoltura
Secondo tutti gli storici non vi è alcuna certezza sul luogo ove morì Riccardo: questo rende problematico anche il problema della sepoltura. Oggi infatti si ritiene certo che la lapide funeraria esistente nella navata sinistra di San Giovanni in Laterano, che ricorda il nostro Riccardo, sia soltanto una memoria e che il corpo lì sepolto sia quello di un omonimo nipote. Sembra che, in realtà, il corpo sia effettivamente quello di un Riccardo Annibaldi che era nipote del cardinale e notaio, morto intorno al 1289, mentre la statua sepolcrale, che si trova oggi nel chiostro lateranense ed è opera di Arnolfo di Cambio, sarebbe quella del cardinale.
La lapide funeraria in memoria del porporato situata nella Basilica sarebbe stata lì collocata in occasione di importanti lavori di ristrutturazione eseguiti tra la fine del Cinquecento ed i primi del Seicento, sotto papa Clemente VIII; tale lapide contiene alcuni grossolani errori temporali. Secondo l'agostiniano Mario Mattei, che è uno dei maggiori studiosi del cardinale, egli potrebbe essere morto a Viterbo, nel settembre del 1276, durante o subito dopo il conclave che elesse Giovanni XXI, oppure nel castello di Molara all'inizio di ottobre dello stesso anno: nel primo caso la tomba potrebbe forse essere ritrovata in occasione degli importanti lavori che sono stati programmati da anni nella cripta della Cattedrale di Viterbo per riportare alla luce le tombe di molti prelati lì sepolti; nel secondo caso, viceversa, il ritrovamento del sepolcro sarebbe molto problematico, poiché il castello di Molara risulta oggi semidistrutto.

Il potente cardinale e il suo rivale
Per un trentennio, dal 1240 in poi, Riccardo Annibaldi fu uno degli uomini più potenti della Chiesa e della città di Roma: parente di due papi, amico e "grande elettore" di diversi altri pontefici, ottenne via via incarichi ecclesiastici della massima importanza, che ne fecero un uomo ricchissimo e con immensi possedimenti, in Roma, nei Castelli Romani, nel Lazio meridionale, in Campania.
Il suo potere, che altrimenti sarebbe stato smisurato, venne in parte limitato dalla rivalità, emersa dopo il 1245, con il cardinale Giandomenico Orsini, anch'egli appartenente ad una famiglia molto potente, che gli fu rivale per tutta la vita. I due furono così i veri uomini forti della Chiesa di quei decenni e furono più volte in competizione per ascendere al soglio di Pietro; avendo peraltro ben equilibrato il rispettivo potere, nessuno dei due raggiunse mai, in quel periodo, la maggioranza dei due terzi dei voti ed i due vennero designati più volte dagli altri cardinali come compromissori per scegliere il nuovo papa; si deve così a loro la scelta di almeno tre pontefici: Urbano IV, Clemente IV e Gregorio X.
Fatto curioso, ma emblematico, fu che, appena un anno dopo la morte di Riccardo, nel 1277 Giandomenico sia riuscito a diventare papa Niccolò III. Oltre che come uomo di potere, Riccardo Annibaldi deve essere anche ricordato per le sue scelte politiche, che denotarono sempre grande acume e furono improntate dal desiderio di avere una Chiesa autonoma e super partes: questo lo portò dapprima a combattere lo strapotere di Manfredi - favorendo prima ancora di papa Urbano IV la discesa in Italia di Carlo I d'Angiò- e successivamente, resosi conto della smodata ambizione e della spietata crudeltà del sovrano angioino, a battersi apertamente contro di lui.
Molto importanti, in ambito strettamente religioso, furono le sue iniziative in favore delle comunità mendicanti ed eremitane, che spesso aiutò anche economicamente, in particolare quelle fedeli alla regola di sant'Agostino, di cui fu un vero coordinatore ed organizzatore.

Protettore degli Agostiniani
Sant'Agostino non aveva fondato un vero e proprio ordine religioso, ma aveva lasciato una regola indicante i comportamenti da tenere da parte dei religiosi; erano così sorte dopo la sua morte numerose comunità religiose che osservavano la sua regola e che si ispiravano alle forme di vita monastica da lui indicate. La volontà della Santa sede di unificare le molte comunità religiose che si riconoscevano nella regola di Sant'Agostino compare per la prima volta nella bolla Incumbit Nobis, promulgata da papa Innocenzo IV il 16 dicembre 1243, nella quale il papa invitava gli Eremiti della Tuscia a riunirsi, formando un nuovo Ordine religioso, sulla falsariga di quello francescano o di quello domenicano; nella medesima occasione Riccardo Annibaldi veniva nominato corrector et provisor, cioè "Protettore", di questi "eremiti".
Conoscendo i rapporti esistenti tra Riccardo ed Innocenzo IV è facile supporre che sia stato proprio il cardinale romano ad ispirare, se non addirittura a preparare, quella e le altre bolle pontificie sulla materia; sta comunque di fatto che Riccardo tenne nel marzo 1244 il Capitolo Generale degli "Eremiti della Tuscia" a Roma in Santa Maria del Popolo, secondo le norme previste dal "canone 12" del Concilio Lateranense IV, con l'assistenza di due abati cistercensi.
Questa riunione (o "Piccola Unione") viene considerata come il primo Capitolo Generale dell'Ordine di Sant'Agostino; ad essa fecero seguito dopo pochi giorni due nuove bolle papali, la Pia desideria del 31 marzo, nella quale si precisava la tipologia dell'abito, e soprattutto la Religiosam vitam eligentibus del 26 aprile 1244 con la quale il papa legittimava il nuovo Ordine, sottomettendolo direttamente alla sola giurisdizione della Santa Sede e non a quella episcopale, e conferendogli anche altri privilegi.
In quello stesso periodo Riccardo fece assegnare al nuovo Ordine agostiniano la Basilica di Santa Maria del Popolo, che tolse ai francescani, ai quali attribuì in cambio la Basilica di Santa Maria in Aracoeli; tutto questo perché gli eremitani agostiniani potessero avere in Roma un loro luogo di riunione. Il cardinale inoltre si adoperò moltissimo in quegli anni per favorire la diffusione del nuovo Ordine in Italia e all'estero: vi era sicuramente molto di Riccardo nella quarantina di bolle papali emanate tra il 1244 ed il 1255 sull'argomento. Arriviamo così al 15 luglio 1255 quando papa Alessandro IV, che oltretutto era anche parente di Riccardo, scrisse a tutti i superiori degli eremiti, non più chiamati "della Tuscia" bensì "di Sant'Agostino", ai superiori dei Guglielmiti, dei Brettinesi, dei Giambonini, comandando loro di tenere un Capitolo generale, il cui luogo e data erano lasciati alla discrezione del cardinale Annibaldi; questi convocò la riunione a Roma, in Santa Maria del Popolo per il marzo 1256.
Il porporato riuscì così a realizzare il suo desiderio di unire tutti quegli Ordini, con la celebre "Grande Unione" del 1256, sancita dal papa il 9 aprile con la bolla Licet Ecclesiae Catholicae, considerata il documento più importante per la costituzione dell'ordine agostiniano. In questa bolla viene indicato il nome esatto del nuovo Ordine: Ordo Eremitarum Sancti Augustini (Ordine degli Eremitani di Sant'Agostino) e viene stabilita la prescrizione di portare l'abito nero, ma non il bastone, dando inoltre al cardinale Annibaldi l'autorità di nominare il Priore Generale per tutto l'ordine. Riccardo nominò così primo Generale del nuovo ordine Lanfranco Settala da Milano, che era stato Generale dei Giambonini (o Zanbonini) e la nomina venne ratificata da papa Alessandro IV.
L'incarico al cardinale romano di Protettore degli agostiniani venne confermato da tutti i successivi pontefici, Urbano IV, Clemente IV e Gregorio X: in quegli anni l'ordine crebbe moltissimo, grazie anche ai contributi economici dello stesso cardinale, tanto che intorno al 1270 vi erano centinaia di conventi agostiniani in tutta l'Europa cristiana[11]. Durante quel periodo Riccardo fece tenere i Capitoli generali dell'ordine agostiniano presso il suo castello di Molara per l'aggravarsi delle sue condizioni di salute; il Capitolo del settembre 1276 si tenne però a Todi, per la prima volta senza la presenza del cardinale, che in quel periodo o si trovava a Viterbo per il conclave che elesse papa Giovanni XXI oppure era già morto.

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Collegio cardinalizio

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Il collegio cardinalizio, conosciuto anche come "sacro collegio", è l'insieme dei cardinali della Chiesa cattolica.
Assolve a tre compiti principali:
Provvede al'elezione del Papa. Entrano in conclave però non tutti i membri del Collegio, ma solo i cardinali che non hanno ancora compiuto l'ottantesimo anno di età.
Realizza riunioni collegiali quando il Papa lo convoca per valutare aspetti generali o specifici del governo della chiesa universale.
Ogni cardinale assiste personalmente il Papa nel suo impegno pastorale attraverso gli uffici e gli incarichi a cui è deputato.
Il collegio cardinalizio ha al suo interno un decano, eletto dai sei cardinali vescovi e confermato dal papa.

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http://it.wikipedia.org/wiki/Sacro_Collegio
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Giubileo universale della Chiesa Cattolica

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Il Giubileo Universale è una celebrazione religiosa della Chiesa cattolica. È anche detto Anno Santo.
Il Giubileo, che riprende il nome da quello ebraico, è l'anno della remissione dei peccati, della riconciliazione, della conversione e della penitenza sacramentale, nonché la remissione completa dei debiti verso i propri creditori.
L'anno giubilare è soprattutto l'anno di Cristo. Nel Nuovo Testamento Gesù si presenta come Colui che porta a compimento l'antico Giubileo, essendo venuto a "predicare l'anno di grazia del Signore" (Isaia).
Il Giubileo, comunemente, viene detto "Anno Santo", non solo perché si inizia, si svolge e si conclude con solenni riti sacri, ma anche perché è destinato a promuovere la santità di vita. Il Giubileo può essere: ordinario, se legato a scadenze prestabilite; straordinario, se viene indetto per qualche avvenimento di particolare importanza.

Storia
Un evento che precorse per certi versi il Giubileo fu la Perdonanza istituita da papa Celestino V: il 29 settembre 1294 con la Bolla del Perdono egli stabilì che recandosi nella chiesa di Santa Maria di Collemaggio nella città dell'Aquila, tra il 28 ed il 29 agosto, veniva concessa l'indulgenza plenaria a tutti i confessati e pentiti. La Perdonanza, che si ripete tuttora, ha in comune con il Giubileo l'indulgenza in cambio del pellegrinaggio.
Lo stesso Papa (abruzzese d'adozione, ma di origini molisane), promulgò l'Indulgenza Plenaria anche per la città di Atri (purtroppo la bolla è andata perduta): il primo portale del lato destro della Cattedrale è una Porta Santa che viene aperta il 14 agosto e chiusa 8 giorni dopo. Anche questa Indulgenza, la più lunga del mondo dopo quella di Roma, ha le stesse caratteristiche della Perdonanza aquilana.
Pochi anni dopo il successore di Celestino, papa Bonifacio VIII, istituì il primo Giubileo con la Bolla Antiquorum habet fidem emanata il 22 febbraio 1300, ispirandosi a una antica tradizione ebraica di cui non esisteva traccia in quella cristiana. Con questa bolla si concedeva l'indulgenza plenaria a tutti coloro che avessero fatto visita trenta volte, se erano romani, e quindici se erano stranieri, alle Basiliche di San Pietro e San Paolo fuori le mura, per tutta la durata dell'anno 1300; questo Anno Santo si sarebbe dovuto ripetere in futuro ogni cento anni.
Dante riferisce nella Divina Commedia che l'afflusso di pellegrini a Roma fu tale che divenne necessario regolamentare il senso di marcia dei pedoni sul ponte di fronte a Castel Sant'Angelo:

« come i Roman per l'essercito molto,
l'anno del giubileo, su per lo ponte
hanno a passar la gente modo colto,
che da l'un lato tutti hanno la fronte
verso 'l castello e vanno a Santo Pietro,
da l'altra sponda vanno verso 'l monte. »

(Inferno XVIII, 28-33)

Nel 1350 Papa Clemente VI, per parificare l'intervallo a quello del Giubileo ebraico, decise di accorciare la cadenza a 50 anni. In seguito l'intervallo fu abbassato a 33 anni da Urbano VI, periodo inteso come durata della vita terrena di Gesù, e ulteriormente ridotto a 25 anni durante i papati di Niccolò V e di Paolo II.
Alcuni Pontefici hanno anche proclamato degli Anni Santi straordinari, al di fuori di questa scadenza. Ad esempio, Pio XI l'8 aprile del 1933 concesse il 24º Giubileo in occasione della ricorrenza centenaria della Redenzione. Nella sua bolla Quod nuper si bandisce l'anno santo, esaltando la pace. Giovanni Paolo II indisse un Anno Santo straordinario nel 1983 in occasione del 1950º anniversario della Morte e Risurrezione di Cristo.
Papa Benedetto XVI ha anche proclamato l'Anno Paolino, uno speciale anno giubilare dal 28 giugno 2008 al 29 giugno 2009, dedicato all'apostolo Paolo di Tarso, in occasione del bimillenario della nascita del santo (collocata dagli storici tra il 7 e il 10 d.C.).
L'ultimo Anno Santo ordinario è stato il Grande Giubileo del 2000, mentre il prossimo sarà nel 2025.
Anche le condizioni per lucrare l'indulgenza sono variate nel tempo. Ad esempio, per il Grande Giubileo del 2000 era possibile lucrarla anche con il pellegrinaggio in un santuario della propria Diocesi (indicato dal Vescovo), oppure offrendo assistenza ad ammalati o carcerati.

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http://it.wikipedia.org/wiki/Anno_Santo
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Legato pontificio

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Il legato pontificio ("Legato del Romano Pontefice") è un inviato del papa, suo stabile rappresentante presso le chiese locali oppure presso le autorità statali.
In altri casi sono "Delegati" o "Osservatori" incaricati di una "Missione pontificia" presso conferenze o congressi.
Quando viene ufficialmente accreditato presso un governo statale prende il nome di nunzio apostolico.
Quando è inviato presso le Chiese particolari, il suo compito è di informare la Santa Sede delle condizioni delle chiese locali e di assistere il vescovo e la conferenza episcopale del luogo, nel rispetto delle loro potestà.

Storia
L'ufficio esiste fin dalle origini del pontificato: i legati pontifici erano inviati ai concilii, già nel V secolo. Tra i primi legati pontifici che divennero pontefici figurano Ilario (legato al primo concilio di Efeso nel 431) e Gregorio Magno (legato a Costantinopoli dal 579 al 586).
Durante le lotte tra papato e impero, il papa incaricò un legato per trattare con le autorità comunali (o signorie) del nord Italia. Fino al XIV secolo l'incarico di legato pontificio non fu permanente, ma legato all'assolvimento di un compito, alla realizzazione di una missione circoscritta nel tempo.
Con l'allontanarsi della sede pontificia dall'Italia (cattività avignonese), l'assenza dell'autorità papale offrì il destro ai municipi di costituirsi in corpi politici quasi indipendenti. Nelle città dove una famiglia nobile aveva usurpato il potere al comune, il signore si elevò a tiranno.
Fu per merito dell'azione di un grande legato di origine spagnola, Egidio Albornoz che la Santa Sede riuscì a ricostituire l'unità dello Stato Pontificio. L'Albornoz trattò le città tenute da un signore alla stessa stregua dei liberi comuni e li sottomise tutti alla potestà del rettore provinciale. Con l'Albornoz, l'ufficio del legato non cessò più al raggiungimento della missione, ma divenne una carica permanente.
Il legato, nominato a beneplacito del sovrano e con poteri vastissimi e non limitati dalle bolle, a volte riceveva autorità su più province, a volte prendeva semplicemente il posto del rettore. Nella scelta dei Legati, i papi si servirono per molto tempo di congiunti ("cardinal nepote") e, se il papa era straniero, di compatrioti. Il mandato di governo è prefissato in un triennio rinnovabile, sulla base di un principio di rotazione delle cariche, come parte del cursus honorum.
Nei secoli successivi, tornato il pontefice in Roma, l'autorità suprema di un unico legato scomparve in breve tempo. La prassi cambiò: si nominarono legati solo nelle grandi città, e i delegati delle città minori e capoluoghi presero il posto dei rettori. All'inizio del XV secolo il pontefice decise di affidare tutte le cinque grandi province pontificie a cardinali Legati. Nel 1440 il processo di sostituzione fu concluso. Nel secolo seguente Stato Pontificio fu spartito amministrativamente in Legazioni e Delegazioni.


http://it.wikipedia.org/wiki/Legato_apostolico
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La rinuncia al pontificato di Papa Celestino V

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Paciughina ha scritto:Immagine

LA RINUNCIA AL PONTIFICATO
Circa quattro mesi dopo la sua incoronazione, nonostante i numerosi tentativi per dissuaderlo avanzati da Carlo d'Angiò, il 13 dicembre 1294 Celestino V, nel corso di un Concistoro, diede lettura di una bolla, appositamente preparata per l'occasione, nella quale si contemplava la possibilità di un'abdicazione del Pontefice per gravi motivi. Dopo di che recitò la formula della rinuncia al Soglio Pontificio.
(LA)
« Ego Caelestinus Papa Quintus motus ex legittimis causis, idest causa humilitatis, et melioris vitae, et coscientiae illesae, debilitate corporis, defectu scientiae, et malignitate Plebis, infirmitate personae, et ut praeteritae consolationis possim reparare quietem; sponte, ac libere cedo Papatui, et expresse renuncio loco, et Dignitati, oneri, et honori, et do plenam, et liberam ex nunc sacro caetui Cardinalium facultatem eligendi, et providendi duntaxat Canonice universali Ecclesiae de Pastore. »
(IT)
« Io Papa Celestino V, spinto da legittime ragioni, per umiltà e debolezza del mio corpo e la malignità della plebe [di questa plebe], al fine di recuperare con la consolazione della vita di prima, la tranquillità perduta, abbandono liberamente e spontaneamente il Pontificato e rinuncio espressamente al trono, alla dignità, all'onere e all'onore che esso comporta, dando sin da questo momento al sacro Collegio dei Cardinali la facoltà di scegliere e provvedere, secondo le leggi canoniche, di un pastore la Chiesa Universale. »
(Celestino V - Bolla pontificia, Napoli, 13 dicembre 1294)
La storia ha chiarito poi, che la bolla pontificia, contenente tutte le giustificazioni per un'abdicazione del Papa, era stata compilata ad hoc proprio dal cardinal Caetani, il quale, vista l'impossibilità di controllare il Papa come aveva auspicato, impedito in questo da Carlo d'Angiò, intravedeva in questa vicenda la possibilità di ascendere egli stesso al soglio pontificio con notevole anticipo sui tempi che egli aveva preventivato al momento in cui aveva aderito all'elezione di Pietro da Morrone.
Undici giorni dopo le sue dimissioni infatti, il Conclave, riunito a Napoli in Castel Nuovo, elesse il nuovo Papa nella persona del cardinal Benedetto Caetani, laziale di Anagni. Aveva 64 anni circa ed assunse il nome di Bonifacio VIII.
Caetani, che aveva aiutato Celestino V nel suo intento di dimettersi, temendo uno scisma da parte dei cardinali filo-francesi a lui contrari mediante la rimessa in trono di Celestino, diede disposizioni affinché l'anziano frate fosse messo sotto controllo, per evitare un rapimento da parte dei suoi nemici. Celestino, venuto a conoscenza della decisione del nuovo Papa grazie ad alcuni tra i suoi fedeli cardinali da lui precedentemente nominati, tentò una fuga verso oriente, ma il 16 maggio 1295 fu catturato presso Santa Maria di Merino da Guglielmo Stendardo II, Connestabile del Regno di Napoli, figlio del celebre Guglielmo Stendardo detto "Uomo di Sangue".

http://it.wikipedia.org/wiki/Papa_Celes ... ontificato
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Stamattina il Papa Benedetto XVI annuncia le sue dimissioni dal 28 febbraio... 2° volta nella storia... la 1° volta proprio nel periodo del mio gioco.
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Numero Papi eletti 1265-1300

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№ - Nome pontificale - Inizio-Fine
183 - Clemente IV ______ 1265-1268
184 - Beato Gregorio X __ 1271-1276
185 - Beato Innocenzo V _ 1276-1276
186 - Adriano V ________ 1276-1276
187 - Giovanni XXI ______ 1276-1277
188 - Niccolò III ________ 1277-1280
189 - Martino IV ________ 1281-1285
190 - Onorio IV _________ 1285-1287
191 - Niccolò IV ________ 1288-1292
192 - San Celestino V (rinuncia) 1294-1924
193 - Bonifacio VIII _____ 1294-1303

Nel periodo storico considerato nel mio gioco (1265-1300, 35 anni) si sono susseguiti 11 Papi... vuol dire una media di circa 1 Papa ogni 3 anni
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