Sacro Romano Impero

Storia, Araldica, confini, alleati e nemici, gesta ed imprese...
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Veldriss
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Ludovico II del Palatinato

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Ludovico II di Wittelsbach detto il Forte (Heidelberg, 13 aprile 1229 – Heidelberg, 2 febbraio 1294) fu duca di Baviera e Conte Palatino del Reno dal 1253.
Nato ad Heidelberg, era figlio del Duca Ottone II e di Agnese del Palatinato. Quest'ultima era figlia di Enrico V della dinastia dei Guelfi, e i suoi nonni furono Enrico XII il Leone e Corrado di Hohenstaufen.

Biografia
Nel 1246 Ludovico supportò le azioni del cognato Corrado IV di Germania contro Enrico Raspe e nel 1251 Ludovico si trovava in guerra contro l'Arcivescovo di Ratisbona. Nel 1253 succedette al padre come Duca di Baviera.
Quando i territori dei Wittelsbach vennero divisi nel 1255 tra i figli di Ottone, Ludovico II ricevette il Palatinato e la Baviera Superiore, mentre suo fratello, il Duca Enrico XIII di Baviera ricevette la Baviera Inferiore. Questa spartizione andava contro le leggi stabilite e come tale causò una rivolta tra i vescovi bavaresi che si allearono con Ottocaro II di Boemia nel 1257. Nell'agosto del 1257 Ottocaro invase la Baviera, ma Ludovico ed Enrico riuscirono a respingere l'attacco.
Durante l'interregno tedesco dopo la morte di Guglielmo II d'Olanda nel 1256, Ludovico supportò le azioni di Riccardo di Cornovaglia.
Assieme al fratello, inoltre, Ludovico venne in soccorso al giovane nipote Corradino di Svevia nel suo Ducato di Svevia, ma non poterono indirizzare la sua elezione a Re di Germania. Come risultato per il supporto dato all'Impero, Ludovico venne scomunicato dal Papa nel 1266. Nel 1267 accompagnò Corradino sino a Verona. Dopo l'esecuzione del giovane principe a Napoli nel 1268, Ludovico ereditò alcuni possedimenti da Corradino in Svevia e supportò l'elezione di Rodolfo I contro Ottocaro II nel 1273.
Il 26 agosto 1278 le armate di Rodolfo e di Luigi si scontratono con l'esercito di Ottocaro nella battaglia di Dürnkrut e Jedenspeigen dove Ottocaro venne sconfitto e morì sul campo di battaglia. Nel 1289 la dignità elettorale della Baviera passò nuovamente alla Boemia, ma Ludovico mantenne il titolo di elettore come Conte Palatino del Reno. Alla morte di Rodolfo nel 1291 Ludovico non riuscì a sostenere l'elezione del cognato Alberto I contro Adolfo di Nassau.
Ludovico morì ad Heidelberg. Suo figlio, Rodolfo gli succedette, con Adolfo di Nassau divenuto suo suocero pochi mesi dopo. Ludovico II venne sepolto nella cripta dell'Abazia di Fürstenfeld.

Vita privata - L'esecuzione di Maria di Brabante
Il primo matrimonio contratto da Ludovico II fu con Maria di Brabante, figlia del Duca Enrico II di Brabante e Lorena, e di Maria, figlia del Re Filippo di Svevia. Maria venne giustiziata a Donauwörth nel 1256 per un falso sospetto di adulterio; a quei tempi la punizione prevista per l'adulterio era la decapitazione. Come espiazione Ludovico fondò l'Abbazia cistercense di Fürstenfeld, presso Monaco.
Alcune leggende raccontano l'accaduto: nel 1256 Ludovico si assentò per diverso tempo da casa, per assolvere alcune problematiche di governo nella regione del Reno. Sua moglie scrisse due lettere, una al marito ed un'altra al Conte di Kyburg a Hunsrück, un vassallo di Ludovico. I dettagli circa il contenuto della seconda lettera variano ma, secondo le cronache dell'epoca, il messaggero che portò il messaggio a Ludovico portò la lettera sbagliata, e Ludovico giunse alla conclusione che sua moglie avesse una relazione extraconiugale.
Altre cronache riportano l'esecuzione di Maria di Brabante il 18 gennaio 1256 a Donauwörth, al Castello di Mangoldstein per decreto ducale di adulterio, ma nient'altro.

Successivi matrimoni
Nel 1260 Ludovico sposò in seconde nozze Anna di Glogau. Da Questo matrimonio nacquero i seguenti figli che raggiunsero l'età adulta:
Maria (1261-?);
Ludovico (1267-1290).
Successivamente sposò la sua terza moglie Melchilde, figlia di Rodolfo I di Germania, il 27 ottobre 1273. Da questo matrimonio nacquero i seguenti figli che raggiunsero l'età adulta:
Rodolfo (1274-1319);
Matilde (1275-1319), sposò Ottone II di Brunswick-Lüneburg;
Agnese (1276-1340), sposò Enrico II d'Assia e successivamente Enrico di Brandeburgo;
Anna (1280-?);
Luigi (1282-1347).
A Ludovico II succedette il figlio maggiore Rodolfo.

http://it.wikipedia.org/wiki/Ludovico_II_del_Palatinato
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Fiorenzo V d'Olanda

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Fiorenzo, V d'Olanda (24 giugno 1254 – Muiderberg, 27 giugno 1296), conte d'Olanda. Venne assassinato per volere di Edoardo I d'Inghilterra e Guido di Dampierre facendone un eroe nazionale.

Il trono insanguinato
Fiorenzo nacque il 24 giugno 1254 da Guglielmo II d'Olanda ed Elisabetta di Brunswick-Lünerburg. Suo padre venne eletto Re dei Romani nel 1248 e nel 1256 venne ucciso dai Frisoni quando Fiorenzo aveva appena due anni. La giovane età del ragazzo pose il regno sotto la tutela dei suoi parenti più prossimi, suo zio Floris de Vogod (1228 circa-26 marzo 1258) ed alla sua morte gli succedette la zia paterna Adelaide d'Olanda (1230 circa-sepolta il 9 aprile 1284). La loro reggenza fu ostacolata dai molti che volevano quel ruolo per sé e durante uno scontro con il pretendente Otto, II conte di Gheldria (1210 circa-10 gennaio 1271) sconfisse Adelaide ed i nobili a lei avversari scelsero un reggente di loro gradimento. Alla fine fu proprio Otto a subentrare alla contessa e mantenne la reggenza fino al 1266 anno in cui Fiorenzo compì ventidue anni e venne giudicato in grado di prendere le redini del contado, il 10 luglio, solo un mese e mezzo dopo la morte della madre avvenuta il 27 maggio.

Le molte guerre
Fiorenzo aveva il supporto dei conti di Hainaut della Casa di Avesnes, che erano nemici mortali dei Conti di Fiandra della Casa dei Dampierre, ma fu proprio la figlia del loro esponente Guido di Dampierre, Beatrice di Dampierre (morta il 23 marzo 1296), che Fiorenzo scelse in moglie nel 1269. Nel 1272 Fiorenzo condusse contro i Frisoni un attacco infruttuoso che aveva lo scopo di riappropriarsi delle spoglie paterne e due anni dopo dovette fronteggiare una rivolta nobiliare capeggiata da Gijsbrecht IV di Amstel (1235 circa-1303 circa) ed Herman VI van Woerden (1240 circa-dopo il 1303) i cui domini confinavano con il vescovado di Utrecht. Costoro godevano dell'appoggio degli artigiani di Utrecht, dei contadini della regione di Kennemerland e dintorni e dei Frisoni dell'Ovest. Fiorenzo vi uscì dando il proprio appoggio al vescovo di Utrecht Giovanni I di Nassau (1230 circa-1309) e ottenendo una tregua dagli artigiani della stessa città. Non di meno il vescovo si trovò debitore verso Fiorenzo cui diede le terre di confine con i rivoltosi e per placare i contadini fece loro delle concessioni, partendo anche dal presupposto che la regione di Kennemerland era fatta di dune sabbiose ed i contadini che vi lavoravano avevano molti meno diritti di quelli che vivevano nei Polder. Da ultimo decise di rendersi autonomo da influenze esterne, si liberò da quella degli Avesnes e ruppe l'alleanza con il suocero. Nel 1282 riuscì a battere i Frisoni nella battaglia di Vronen e recuperò anche il corpo del padre, la lotta contro di loro continuò negli anni seguenti fino alla vittoria di Fiorenzo conseguita fra il 1287 ed il 1288. In quello stesso periodo chiede ed ottenne dal Re dei Romani in carica le terre di Zeeland-bewester-Schelde, che controllavano l'accesso al fiume Schelda, ma la nobiltà locale ancora una volta si rivoltò contro di lui alleandosi con i Conti di Fiandra. Fiorenzo decise quindi di vedersi con il suocero per trovare un accordo, ma fu catturato presso Biervliet e lasciato libero solo dopo aver assicurato che avrebbe abbandonato ogni pretesa su quelle terre. Una volta libero Fiorenzo decise di combattere contro la famiglia della moglie, ma il re Edoardo I d'Inghilterra, che aveva interessi su quel fiume per il passaggio della lana e di altri beni di produzione inglese, lo convinse a lasciar perdere. Nel 1292 Fiorenzo partecipò alla Competizione per il trono di Scozia nata a seguito della morte di Margherita di Scozia, nipote del defunto Alessandro III di Scozia e sua unica erede. Le pretese di Fiorenzo nascevano dal fatto che la sua bis-nonna Ada era anche sorella di Guglielmo I di Scozia, Edoardo tuttavia non gli diede il supporto sperato, però lo appoggiò in un altro progetto assai caro, la guerra contro le Fiandre.

Il rapimento andato male
Qualche anno dopo, archiviato con successo il conflitto con le Fiandre, Edoardo I decise di spostare il commercio della lana inglese da Dordrecht, in Olanda, a Mechelen nel Ducato di Brabante per ottenere l'appoggio delle Fiandre nella guerra contro la Francia. Chiaramente contrariato Fiorenzo ruppe l'alleanza con Edoardo e si alleò con i francesi nel 1296, il sovrano inglese reagì proibendo il commercio con l'Olanda e cospirò con Guido di Dampierre perché rapisse il genero e lo portasse in Francia. I nobili che anni prima erano stati sconfitti ritornarono in scena, insieme ad un terzo, Gerard van Velsen (morto nel 1296), catturarono Fiorenzo durante una partita di caccia e lo portarono al castello di Muiderslot. La notizia dell'arresto del loro conte si sparse rapidamente ed i contadini insorsero, i rapitori quindi decisero di scappare portando il loro ostaggio verso un luogo più sicuro, nel tragitto però vennero fermati da una folla di inferocita. In preda al panico i cospiratori uccisero Fiorenzo e fuggirono via, Velsen venne ucciso poco dopo a Leida, mentre gli altri scapparono all'estero.

Matrimonio e figli
Fiorenzo e Beatrice ebbero diversi figli, i soli che raggiunsero l'età adulta furono:
Giovanni I d'Olanda (1284-10 novembre 1299), sposò Elisabetta d'Inghilterra (1282-1316) figlia di Edoardo I d'Inghilterra
Margherita, fu fidanzata ad Alfonso, conte di Chester (24 novembre 1273-19 agosto 1284) fino alla morte del ragazzo
Molti altri morirono durante l'infanzia: Theodricum, Fiorenzo, Wilhelm, Otto, Wilhelm, Fiorenzo, Beatrice, Mechtild ed Elizabeth.
Fiorenzo ebbe anche dei figli illegittimi:
Witte van Haemstede (1280/1282-1320)
Catherina d'Olanda (1280 circa-dopo il 12 agosto 1326)

http://it.wikipedia.org/wiki/Fiorenzo_V_d%27Olanda
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Alberto II di Sassonia

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Alberto II di Sassonia (-Wittenberg) (Wittenberg, 1250 – Aken, 25 agosto 1298) , fu Duca di Sassonia dal 1260 al 1296 e poi duca di Sassonia-Wittgenstein dal 1296 sino alla sua morte.

Biografia
Aberto II era figlio del duca Alberto I e di sua moglie, Elena di Brunswick-Lunenburg.
Dopo la morte del padre Alberto I nel 1260, Alberto II e suo fratello maggiore Giovanni I ottennero il governo del ducato di Sassonia aggiungendovi poi il figlio di quest'ultimo.
Nel 1269, 1272 e 1282 i fratelli gradualmente divisero le loro competenze di governo in tre aree della Sassonia non connesse tra loro (una chiamata Terra di Hadeln attorno a Otterndorf, un'altra attorno a Lauenburg e la terza attorno a Wittenberg), in preparazione di una successiva e definitiva partizione.
Nell'elezione imperiale del 1273, Alberto II rappresentò anche i suoi fratelli. In cabio dell'appoggio ottenuto, Rodolfo I diede in sposa ad Alberto II sua figlia Agnese. Dopo che Giovanni I ebbe dato le dimissioni nel 1282 in favore dei suoi tre figli Eric I, Giovanni II ed Alberto III, e la morte dello stesso Giovanni I l'anno successivo, i tre fratelli ed il loro zio Alberto II governarono tutti insieme la Sassonia.
Nel 1288 Alberto II richiese a Rodolfo I di infeudare suo figlio ed erede Rodolfo I dell'Elettorato di Sassonia, il che portò ad una lunga disputa interna alla Casa di Wettin. Quando la Contea di Brehna tornò all'Impero dopo l'estinzione della locale famiglia comitale l'imperatore ne infeudò il duca Rodolfo. Nel 1290 Alberto II ottenne la Contea di Brehna e nel 1295 anche quella di Gommern ma non ancora il prestigioso elettorato. Il re Venceslao II di Boemia riuscì a far eleggere Adolfo di Germania al rango di nuovo imperatore ed egli siglò un patto il 29 novembre 1291 col quale avrebbe votato a favore di Adolfo in caso di concessione del'elettorato. Il 27 aprile 1292 Alberto II, coi nipoti minorenni, sfruttò il voto elettorale per eleggere Adolfo di Germania.
L'ultimo documento che riporta il governo di Alberto II con i suoi nipoti è datato a prima del 1295.[1] La partizione definitiva del ducato di Sassonia nel Sassonia-Lauenburg, governato dai fratelli Alberto III, Eric I e Giovanni I, e nel Sassonia-Wittenberg che passò ad Alberto II ebbe luogo il 20 settembre 1296 e quest'ultimo divenne quindi anche il fondatore dell'omonimo ramo della casata degli Ascanidi.

Matrimonio e figli
Nel 1273 Alberto II sposò Agnese d'Asburgo, dalla quale ebbe i seguenti figli:
Rodolfo I (Wittenberg, c. |1284 - 12 marzo 1356, ibidem)
Ottone (?–1349), sposò Lucia di Dalmazia
Alberto II (?–19 maggio 1342, Passau), principe-vescovo di Passau
Venceslao (?–17 marzo 1327, Wittenberg), canonico della cattedrale di Halberstadt
Elisabetta (?–3 marzo 1341), sposò nel 1317 Obizzo III d'Este
Anna (?–22 novembre 1327, Wismar), sposò l'8 agosto 1308 a Meißen il margravio Federico (9 maggio 1293–13 gennaio 1315), figlio del margravio Federico I di Meissen. Alla morte di questi si risposò il 6 luglio 13156 con il duca Enrico II il Leone di Meclemburgo (Riga, c.1267 - 21 gennaio 1329, Doberan)

http://it.wikipedia.org/wiki/Alberto_II_di_Sassonia
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Principe elettore

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Principe elettore (in latino: princeps elector imperii oppure elector, in tedesco: Kurfürst) è una carica del Sacro Romano Impero, definita dalla Bolla d'Oro e assegnata ad un numero limitato di principi che costituivano il collegio elettorale al quale, a partire dal XIII secolo, spettava l'elezione dell'Imperatore.

Composizione del collegio
Nel medioevo e nella prima età moderna il collegio era composto da sette principi, tre dei quali erano ecclesiastici:
l'arcivescovo di Magonza (Arcicancelliere imperiale per la Germania e Presidente delle Diete)
l'arcivescovo di Treviri (Arcicancelliere imperiale per le Gallie)
l'arcivescovo di Colonia (Arcicancelliere imperiale per l'Italia)
Quattro erano invece i principi laici:
il Re di Boemia
il Duca di Sassonia
il Margravio del Brandeburgo
il Conte palatino del Reno
I principi elettori avevano l'abitudine di riunirsi nell'Unione elettorale, che se pur non aveva uno status giuridico preciso, permetteva all'imperatore di limitarsi nella consultazione ai principi più importanti e non all'intera Dieta Imperiale, cioè a tutti gli stati e i principi dell'Impero, che erano numerosissimi e variavano nel tempo a seguito di conquiste, annessioni, divisioni ereditarie. L'Unione elettorale non comprendeva l'elettore di Boemia, poiché spesso quest'ultimo era l'imperatore stesso, nella persona dell'arciduca d'Austria, re di Boemia e d'Ungheria (cioè quasi sempre un Asburgo a partire dal XV secolo).
La funzione del collegio elettorale ebbe una complicazione con la Riforma protestante: mentre i principi ecclesiastici rimasero cattolici, i principi elettori laici diventarono tutti protestanti tranne gli Asburgo (che persero anche per un certo periodo la carica elettorale legata al Regno di Boemia durante le guerre hussite e la guerra dei Trent'anni).

Storia del collegio dei principi elettori

Origini
Il frequente mutare delle dinastie nel Regno dei Franchi dell'Est prima, e nel Sacro Romano Impero poi, dai Carolingi ai Liudolfingi, dai Salici agli Hohenstaufen, rese quasi regolarmente necessaria l'elezione di un nuovo sovrano e di una nuova dinastia. Diversamente dalla gran parte degli Stati europei, il Sacro Romano Impero rimase pertanto una monarchia elettiva, allo stesso modo degli Stati romano-germanici sorti sulle macerie dell'Impero Romano. Anche il figlio di un sovrano in carica necessitava, per veder riconosciuto il proprio diritto di successione, del consenso e dell'elezione da parte dei cosiddetti grandi del Regno, elezione che non di rado avveniva quando il padre era ancora in vita.
Inizialmente tutti i principi imperiali avevano diritto a prender parte all'elezione del nuovo sovrano. Ma da sempre era esistita una cerchia più ristretta (i cosiddetti laudatores), cui spettava una sorta di diritto di selezionare le varie candidature. Non si trattava necessariamente dei principi più potenti, ma piuttosto di quelli maggiormente prestigiosi, che più di altri si avvicinavano al rango e alla dignità del sovrano.
Di essi facevano parte i tre arcivescovi di Magonza, Colonia e Treviri, oltre al Conte Palatino del Reno, perché i loro territori facevano parte dell'antico regno franco. L'elezione del sovrano era valida solamente se condivisa anche dai laudatores. Molto probabilmente il collegio dei principi elettori nasce proprio da questo gruppo privilegiato

Evoluzione fino al 1356

Sviluppo graduale del Collegio dei Principi Elettori
La morte dell'Imperatore Enrico VI (1190-1197) pose fine anche al suo progetto (l'ultimo di questo tipo) di trasformare l'Impero in una monarchia ereditaria. Nella lotta per il trono tra Guelfi e Staufen che si scatenò subito dopo, e che avrebbe portato, nel 1198, all'elezione di due candidati al trono, papa Innocenzo III si propose come arbitro. L'incoronazione a sovrano di Germania era infatti, sin dai tempi di Ottone il Grande, legata all'incoronazione a Imperatore, che avveniva a Roma, ad opera del papa. Per questo i papi avevano un grande interesse ad esercitare un'influenza sull'elezione del re tedesco.
In quell'occasione Innocenzo III riuscì a far prevalere l'opinione che il consenso dei tre arcivescovi e del Conte Palatino del Reno fosse vincolante per una legittima elezione del Re. Attraverso il consenso dei principi ecclesiastici, il papato si assicurava così un influsso indiretto sulla scelta del sovrano tedesco - e di conseguenza, dell'imperatore. Agli inizi del XIII secolo questo nucleo iniziale venne ampliato includendo il Duca di Sassonia e il Margravio del Brandeburgo. Nello Sachsenspiegel di Eike von Repkow (1230) si può leggere: «Nella scelta dell'Imperatore il primo deve essere il vescovo di Magonza, il secondo quello di Treviri, il terzo quello di Colonia» seguono quindi i tre principi laici, mentre al Re di Boemia non viene riconosciuto esplicitamente il diritto di partecipare all'elezione «perché non è tedesco».
Fu dopo la morte di Guglielmo II d'Olanda (1256) che il collegio dei principi elettori divenne un'istituzione chiusa, che escludeva tutti i principi imperiali che non ne facevano parte dalla scelta del sovrano. In generale l'interregno rafforzò la posizione dei principi elettori, anche se questo rafforzamento si sarebbe mostrato in tutta la sua interezza solamente nel secolo successivo. Anche il Re di Boemia prese parte alle elezioni successive, anche se solo nel 1289 riuscì ad affermare la sua appartenenza permanente al collegio. Più tardi, durante le guerre hussite, venne sospesa la qualità di elettore del Re di Boemia.
Il Codex Balduineus contiene la prima descrizione nota del Collegio dei Principi Elettori. L'elezione di Enrico di Lussemburgo (1308) diede anche dimostrazione di una nuova concezione del proprio ruolo da parte dei principi elettori, tutti e sei presenti in quell'occasione, i quali, insieme al neoeletto re, non chiesero l'approvazione papale, ma si limitarono a comunicare a papa Clemente V l'elezione di un nuovo Re (e futuro Imperatore), rendendo in questo modo manifesto che era sufficiente che il collegio eleggesse il re, e che non necessitava di alcuna approvazione esterna.
Soprattutto, dopo l'esperienza dell'epoca di Adolfo di Nassau e Alberto I, i quali entrambi avevano praticato una politica dinastica rivolta in parte contro i Principi Elettori, quest'elezione rese altresì evidente che i Principi Elettori intendevano salvaguardare integralmente i loro privilegi, e che pretendevano che il Re eletto facesse altrettanto.
Lo spazio di manovra del re veniva in questo modo limitato notevolmente, anche se Enrico VII cercò di rafforzare la propria posizione assicurandosi una base dinastica territoriale in Boemia e cercando in Italia un rinnovamento dell'istituzione imperiale.

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http://it.wikipedia.org/wiki/Principi_elettori
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GERMANIA: IL DOPO FEDERICO II - FINE DELL’INTERREGNO

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81. GERMANIA: IL DOPO FEDERICO II - FINE DELL’INTERREGNO

L’idea dell'Impero non si era spenta in Germania con la morte di Federico Il. Quanto più intollerabili divennero le condizioni politiche interne, tanto più energicamente Il popolo tedesco reclamò la presenza di un sovrano generalmente riconosciuto. Gli stessi signori territoriali, che durante l'interregno avevano pescato nel torbido, usurpando beni e diritti dell'Impero, proprio loro alla fine sentirono la necessità di procacciarsi un’autorità superiore che avesse Il potere di legalizzare lo stato di fatto; così soltanto essi potevano sperare di godersi in pace ciò che avevano usurpato.
A nessuno però venne in mente che per la restaurazione di un normale governo centrale potesse prendersi a base la discorde elezione del 1257 da cui erano uscite quelle ombre di re tedeschi che furono l'inglese Riccardo ed Alfonso X di Castiglia.
Perciò la morte di Riccardo, avvenuta Il 2 aprile 1272, non portò al riconoscimento del suo rivale Alfonso, ma segnò l'inizio di un movimento favorevole ad una nuova elezione. Anche papa Gregorio X, uomo di mente equilibrata, il quale desiderava la restaurazione di una autorità Imperiale forte specialmente nella speranza di salvare i possedimenti cristiani in Oriente e nell'interesse di controbilanciare la potenza franco-angioina che diventava preoccupante, raccomandò istantaneamente ai principi tedeschi di dare un nuovo capo all'impero.
E così pure la borghesia tedesca fece sentire la sua voce; una assemblea delle città del Reno medio e del Wetterau, adunata a Magonza, dichiarò che non avrebbe riconosciuto come re legittimo se non colui che fosse stato eletto unanimemente dai principi elettori (febbraio 1273).
Frattanto questi ultimi si erano messi alla ricerca di un candidato, concordi nell'idea di non eleggere un principe troppo potente, come il re Ottocaro di Boemia uno dei tanti che si era ingrandito occupando anche i paesi dell'Austria, o il conte palatino Luigi, il capo della famiglia dei Wittelsbach, perché in tal caso tutti avrebbero avuto ragione di temere per i propri possedimenti. Insomma i disonesti sapevano bene chi era gli altri disonesti.

Non pochi candidati spuntarono, per poi sparire nuovamente dalla scena. Miglior fortuna ebbe la proposta fatta dal burgravio Federico di Norimberga all'arcivescovo Guarnieri di Magonza, di portare candidato al trono il conte RODOLFO d'ASBURGO, uno dei più ricchi ed autorevoli signori della Svevia.
Egli era accompagnato dalla fama divalente e saggio governante, mentre la sua potenza non era tale da destare preoccupazioni; per conseguenza, essendosi Rodolfo mostrato disposto a concedere ai suoi futuri elettori quanto essi chiedevano in compenso del loro voto (in sostanza la conferma dei diritti del collegio dei grandi elettori e degli acquisti (usurpazioni) da costoro fatti durante l'interregno) e ad imparentarsi con le famiglie dei principi elettori mediante matrimoni delle sue figlie, l'accordo fu raggiunto e l'arcivescovo Guarnieri fissò l'elezione per il 29 settembre 1273 a Francoforte.

Qui convennero personalmente sei principi elettori, cioè i tre arcivescovi renani, gli elettori del Palatinato, di Sassonia e di Brandenburg, mentre il settimo, il re di Boemia, inviò un suo rappresentante, ma solamente per protestare contro l'elezione di Rodolfo. Ma i sei presenti, benché formalmente a torto, privarono la Boemia del diritto di voto, e lo attribuirono alla Baviera. Così al 1° ottobre 1273 Rodolfo venne eletto all'unanimità; egli era in attesa nelle vicinanze della città, e quindi il giorno successivo fece il suo ingresso in Francoforte; poi si recò ad Aquisgrana, dove il 24 ottobre 1273 ricevette la corona reale dalle mani dell'arcivescovo Engelbrecht di Colonia.

Le origini della casa d'Asburgo, che con l'elezione del 1273 fece la sua comparsa sulla scena della storia universale, debbono cercarsi sull'alto Reno, i suoi beni aviti giacevano sulle due rive dei fiume, all'incirca per il tratto che va da Basilea e Breisach. Di qui gli Asburgo estesero il proprio dominio così verso nord ed oriente nella bassa Alsazia e nel Breisgau, come verso mezzogiorno nelle regioni delle fonti del Reno, dell'Aar e della Reuss.

Rodolfo, nato nel 1218, e rappresentante del ramo primogenito della sua famiglia, possedeva, oltre i beni avuti, anche la carica di conte nell'occidente del cantone di Zurigo e nell'Argovia, di langravio in Alsazia, di advocatus a Lucerna e Glarona, di conte a Kyburg, di langravio in Turgovia, ecc.

L'elezione del 1273 chiuse il periodo di quasi trent'anni in cui il regno tedesco era rimasto privo di un capo generalmente riconosciuto. Ma in quali condizioni risorgeva la monarchia?

Se essa in passato aveva tratto la propria autorità e la propria forza in parte dalle risorse dei demani della corona, ed in parte dal diretto esercizio dei diritti sovrani, queste due fonti al momento in cui Rodolfo salì al trono, si potevano dire essiccate dalle usurpazioni avvenute nel tempo intermedio.

Gli Hohenstaufen avevano ereditato con la corona imperiale estesi domini che avevano aumentati con i loro possedimenti personali. Il nucleo principale di questi domini era nel sud-ovest: la Franconia, la Svevia e l'Alsazia. Esso si mantenne sostanzialmente intatto sino agli ultimi tempi di Federico Il, ad onta delle controversie antidinastiche dei conti e feudatari, anzi si estese ancora e si consolidò internamente.
In seguito però la lotta con la curia e con i pretendenti da essa istigati riuscì deleteria a questi beni. La corona si vide costretta ad attingervi in misura molto maggiore di prima per sopperire alle esigenze nuove, specialmente ricorrendo al sistema di sottoporli ad ipoteche, le quali poi non sempre poterono essere riscattate.

Inoltre gli usurpatori, Enrico Raspe e Guglielmo d'Olanda, spogliando gli Hohenstaufen del ducato di Svevia e degli altri loro beni in Germania, diedero il segnale dell'occupazione dei possedimenti imperiali da parte dei piccoli signori. Queste annessioni e le alienazioni compiute dalla stessa corona distrussero velocemente le basi della potenza della monarchia, e quando finalmente l'Alto Palatinato e l'Alta Svevia passarono nelle mani della famiglia dei Wittelsbach, fu suggellata la permanente impotenza finanziaria del governo centrale.

Lo stesso si può dire dell'esercizio dei diritti sovrani della corona; a poco a poco i principi territoriali li avevano ridotti nelle proprie mani. In origine funzionari regi revocabili, costoro si erano trasformati in feudatari, le cariche divennero feudi ereditari, ed i poteri inerenti all'antico ufficio, vale a dire principalmente la giurisdizione e l'eribanno, furono esercitati dai grandi feudatari in proprio nome. Ad essi inoltre Federico Il, con il così detto Privilegium in favorem principum del 1231, aveva rinunziato le altre regalie che la corona esercitava ancora nei territori particolari; e queste concessioni non riguardarono soltanto l'antico distretto amministrativo dal quale era sorto ciascun principato, ma anche tutti gli altri possedimenti che i principi avevano acquistato in seguito.
Costoro pertanto acquistarono uguali poteri sopra tutto il territorio loro soggetto, e tali territori, da aggregati occasionali di possedimenti, si trasformarono in principati retti a regime uniforme. In essi al re non rimase che il diritto di suprema giurisdizione, oltre l'infeudamento del titolare che senza gravi ragioni peraltro non poteva né doveva essere rifiutato. A questa giurisdizione regia superiore, salvo disposizioni speciali che la limitassero od escludessero, ci si poteva appellare ai tribunali territoriali.

Tanto meno poi fu possibile qualsiasi tentativo di reazione contro questa dispersione della sovranità, in quanto dopo la caduta degli Hohenstaufen il sistema elettivo per la successione al trono trionfò in modo assoluto, escludendo, sia pure in via di fatto, qualunque mescolanza di ereditarietà.

Dalla metà del XIII secolo invalsero regole più costanti per le elezioni dei re, e principalmente fu stabilito quali dovessero essere i principi elettori. Essi erano sette: i tre arcivescovi renani, il conte palatino del Reno, il duca di Sassonia, il margravio di Brandenburg ed il re di Boemia. Questi sette elettori presero il posto del gruppo molto più numeroso di persone che nell'XI e XII secolo aveva concorso all'elezione del re, e che abbracciava tutti i principi e un numero non ben definito di nobili di rango non principesco.
Essendosi in seguito concessa nella votazione una prerogativa ad alcuni principi che implicava di fatto la decisione delle sorti dell'elezione, la votazione degli altri divenne sempre più una semplice formalità, che da ultimo si tralasciò deliberatamente. Perché poi l'accennata prerogativa sia stata riconosciuta proprio a quei sette principi che abbiamo sopra enumerati, non è possibile dire con sicurezza.

L'ingerenza preponderante dei principi elettori negli affari di Stato non si arrestò all'elezione del re; ché anzi essi acquistarono il privilegio di cooperare ai più importanti atti di governo del sovrano, nel senso che tali atti erano validi solo quando fossero stati compiuti col loro consenso. Anche a tal riguardo l'esclusivo intervento dei principi elettori aveva sostituito la precedente cooperazione dei principi e baroni in corpo.

E mentre questo concorso non avveniva in forme determinate, ora i principi elettori ottengono il diritto di legalizzare gli atti del re riguardanti le alienazioni di diritti e beni della corona col proprio consenso documentato in forma scritta, con i così detti «Willebriefe». Re Rodolfo riconobbe espressamente a loro questo diritto con apposito privilegio emanato nel 1281.
I principi elettori costituiscono la classe più elevata della numerosa aristocrazia di rango principesco, in parte ecclesiastica, in parte laica. Tra i principati ecclesiastici incontriamo sei arcivescovadi (oltre Besancon in Borgogna), cioè quelli di Magonza, Colonia, Treveri, Salzburg, Magdeburgo e Brema; poi circa venti vescovadi ed un certo numero di abbazie, così dette «immediate» (autonome).
L'elezione dei vescovi, salvo che il papa non preferisse candidati propri, spettava ora ai capitoli delle cattedrali, composti per la massima parte dei cadetti della nobiltà locale. La corona non aveva più ormai alcuna normale ingerenza nella nomina dei vescovi, e da un pezzo i principi ecclesiastici avevano cessato di essere strumenti della politica interna del re; essi erano sovrani territoriali come i principi laici, di conseguenza avevano perduto la loro vera ragion d'essere; queste signorie particolari ecclesiastiche, proprie della sola Germania, apparivano già allora come fossili di un'epoca precedente che non servivano se non ad ostacolare ogni sana ricostituzione del regno su nuove basi.

I principati laici - ducati, palatinati, margraviati, langraviati e contee di rango principesco - non costituivano se non raramente, salvo le marche, territori compatti. I possedimenti di ciascun principe erano dispersi qua e là, sopra tutto nel sud-ovest da quando, morto Corradino, l'ultimo ducato nazionale, quello di Svevia, era andato smembrato. Qui nella folla delle signorie autonome sorte da questo smembramento emergono i territori della casa di Zaringen e le contee di Wurttemberg e di Asburgo.

Anche gli Hohenzollern erano originari della Svevia; ma la linea sveva di questa famiglia fu oscurata dalla linea di Franconia che era signora dell'importante città di Norimberga e con l'acquisto di Bayreuth (1248) gettò le basi della formazione del principato di Ansbach Bayreuth.
Ancor più potenti nel mezzogiorno della Germania erano i Wittelsbach, i quali, già padroni della Baviera e, dai tempi di Federico Il, del Palatinato renano, si presero poi alla morte di Corradino una gran parte dei possedimenti della casa di Svevia.
Il conte palatino Luigi Il (1253-94), anche dopo la divisione dei beni col fratello Enrico, cui nel 1255 cedette la bassa Baviera, rimase il più potente principe laico del regno tedesco. Più ad oriente attorno alla marca bavarese era sorto il potente ducato d'Austria sotto la splendida, cavalleresca casata dei Babenberg. Estintasi però questa famiglia nel 1246, successe qui un periodo di anarchia che aprì l'adito alle usurpazioni dei vicini, e principalmente della Boemia, che sotto la dinastia nazionale dei Przemislidi si trovava dalla fine dei XII secolo in via di poderoso sviluppo.

Allora regnava re Venceslao I (1230-1253) assistito dal ben più energico braccio di suo figlio Ottocaro. Quest'ultimo, favorito dal clero, si impossessò nel 1251 dei territori austriaci, sposò la sorella dell'ultimo Babenberg, Margherita, la vedova di Enrico VII, ed ottenne, sebbene in forma non incontestabile, che re Riccardo gli concedesse in feudo l'Austria. In seguito Ottocaro acquistò pure la Steiermark, disputatagli dapprima dall'Ungheria; ma nella pace di Vienna del 1261 re Bela IV cedette questo territorio ad Ottocaro, che allora divorziò da Margherita per sposare la nipote del re ungherese, Cunegonda.
Più tardi Ottocaro ereditò dal duca di Carinzia e Krain, morto senza discendenti, i suoi possedimenti. Salito poi al trono di Boemia nel 1253 questo Przemislide si trovò a capo di un regno che abbracciava la massima parte dell'odierna Austria cisleitana ed andava dall'Erzgebirge all'Adriatico. Egli si impegnò di accrescere le fonti naturali di risorse del paese e tutelò con mano ferrea il diritto e l'ordine pubblico. Cercò anche di appoggiarsi principalmente al clero ed alla borghesia.
Non diversamente da suo padre, favorì l'immigrazione tedesca. Sulle pendici della Foresta di Boemia, dell'Erzgebirge, dei Monti dei Giganti (Riesengebirge) sorsero, oltre a numerosi villaggi tedeschi, più di trenta città, nelle quali i tedeschi si ressero col diritto proprio, come pure avvenne per le città fondate in tempi antecedenti.
Nella Germania settentrionale, dai domini guelfi rimasti alla casa di Braunschweig dopo la catastrofe di Enrico il Leone (1180) era sorto il ducato di Braunschweig eretto a principato nel 1235, ma, dopo il suo spezzamento definitivo in due signorie, Braunschweig e Luneburg (1269) la sua potenza era divenuta mediocre. Più potenti erano gli Ascani, i discendenti di Alberto l'Orso, specialmente il ramo primogenito il quale, prendendo attiva parte all'espansione coloniale verso oriente, aveva ampliato il suo dominio, la marca settentrionale sassone, costituendo un forte e compatto principato, il marchesato di Brandenburg.

I marchesi di Brandenburg poi acquistarono l'alta sovranità sul principato slavo di Pomerania a nord, estesero ad oriente i loro domini fin oltre l'Oder, dove sorse la Neumark, e sul passaggio dal XIII al XIV secolo vennero in possesso dell'alto e basso Lausitz; non immeritatamente essi assursero al grado di principi elettori. La linea cadetta di questa famiglia possedeva l'Anhalt ed il ducato di Sassonia-Wittenberg ed i suoi membri erano anch'essi elettori.

Accanto a queste due dinastie settentrionali una terza emergeva; la casa di Wettin, che possedeva dai tempi di Enrico IV la marca di Meissen. Al momento poi dell'estinzione della famiglia dei langravi di Turingia (1247), Enrico di Meissen conquistò dopo lunga lotta la parte orientale dei loro domini, il territorio sulla destra della Werra (1263); il rimanente ad ovest della Werra andò al figlio della figlia di S. Elisabetta, Enrico «il bambino» di Brabante, che fu il primo langravio del nuovo principato di Hessen così sorto.

Accanto ai principati ecclesiastici e laici esistevano ancora due categorie di signorie territoriali autonome o «immediate». Una prima comprendeva i piccoli domini di alcuni cavalieri indipendenti, che sussistevano tuttora qua e là, e che erano venuti fuori dai ministeriali, cioé da elementi non liberi.
Questi ministeriali erano stati più numerosi nel sud-ovest, dove si trovava la massa più compatta dei demani regi e dei possedimenti aviti degli Hohenstaufen, ed al momento dello smembramento di questi beni erano riusciti a sottrarsi alla signoria dei principi, restando autonomi.

Ma, da quando il servizio della monarchia aveva cessato di offrir loro un campo di attività rimunerativa, la situazione di questi piccoli signori era divenuta misera, soprattutto per il fatto che la nuova economia monetaria rendeva loro difficile di vivere con i redditi del piccolo feudo, un tempo sufficienti.
Icadetti di questi signorotti cominciarono già a costituire un vero e proprio proletariato cavalleresco. In principal modo questa cavalleria tedesca, d'indole schiettamente militare, con la decadenza della monarchia rimase priva di ogni funzione, politica e militare. Di qui una degenerazione morale di gran parte della classe, che fece sua legge della forza e della violenza.

Importanza incomparabilmente maggiore per la vita politica, economica e sociale del regno tedesco ebbe la seconda delle categorie di autonomie sopra accennate, quella delle città, le vere rappresentanti delle nuove forme di vita economico-sociale del tardo Medioevo. Le città si emanciparono dal feudalesimo per cui unica fonte di ricchezza era la proprietà terriera; alla ricchezza immobiliare contrapposero la potenza della ricchezza mobiliare e divennero i focolari del progresso economico.

Da quando, nell'XI secolo, la Germania fu attratta nel giro del commercio mondiale noi vediamo spuntare là le autonomie cittadine; e le insurrezioni delle città renane contro l'autorità vescovile in appoggio di re Enrico IV sono la prima manifestazione dell'acquisita coscienza della propria forza da parte dei comuni germanici.

Le crociate ed i conseguenti rapporti con l'Oriente, avviando attraverso la Germania i commerci tra le regioni orientali ed il nord dell'Europa, contribuirono poi al progresso delle città tedesche che fiorirono, divennero ricche e popolose. È allora infatti che cominciò l'affluenza della gente di campagna in città, dove la attraevano i più lauti guadagni (questa volta in soldoni contanti) e la certezza di una migliore posizione sociale. È noto il proverbio giuridico: l'aria della città rende liberi; un servo della gleba che viveva un anno ed un giorno in città senza opposizione da parte del suo padrone non poteva più essere reclamato da quest'ultimo.
Non mancarono per questa ragione conflitti tra città e feudatari che provocarono persino l'intervento della legislazione imperiale; ma ciò non impedì alle città di raggiungere l'autonomia amministrativa e di sottrarsi più o meno completamente al dominio dei propri signori.

E' pur vero che all'inizio ogni città era soggetta ad un signore, il proprietario del suolo su cui essa sorgeva, fosse poi il re, un vescovo od un principe laico. A condizione migliore delle altre assursero le città regie o dipendenti direttamente dall'impero, come Aquisgrana, Dortmund, Goslar, Muhlhausen e Nordhausen, le quali insieme con le altre del mezzogiorno della Germania conseguirono una larga autonomia, anche quando l'alta giurisdizione rimase nelle mani dei funzionari imperiali.
Del resto esse avevano pure non lievi obblighi verso l'impero; il gettito delle imposte che esse pagavano, visto che a quel tempo l'economia in natura vigeva tuttora in larghissima misura, costituiva la più notevole fonte di entrata in numerario che avesse l'impero.

Alle vecchie città regie si aggiunsero dopo l'estinzione della casa degli Hohenstaufen le città dei loro domini in Svezia e in Franconia. Anche le maggiori città sedi di vescovado, come Basilea, Strasburgo, Speyer, Worms, Colonia, Magonza, Augusta, Costanza, Magdeburgo, si sottrassero alla sovranità del vescovo, divenendo press'a poco autonome.
Si usò chiamarle «città libere», e la loro condizione era molto vicina a quella delle città regie. Invece pochissime delle città soggette a principi laici riuscirono a rendersi indipendenti da costoro, per quanto anche fra queste molte abbiano raggiunto un alto grado di autonomia comunale e una grande floridezza economica.

La conclusione peraltro fu che le maggiori città tedesche divennero delle repubbliche cittadine che si governavano da se, esercitavano in proprio nome la giurisdizione, si tassavano, riscuotevano dazi per proprio conto, battevano moneta propria, e fino ad un certo punto perseguivano una politica propria.

Quest'ultima tendenza, nonché la solidarietà degli interessi, provocò a datare dal principio del XIII secolo il sorgere di leghe fra città. Le più antiche ebbero carattere commerciale; ma ben presto incontriamo anche leghe d'indole politica, intesa cioè a difendersi contro attentati alle libertà cittadine da parte di potenti signori, o dirette a mantenere l'ordine pubblico e la sicurezza.

Tale la lega della città vestfaliche del 1246, che preluse alla costituzione della grande lega delle città renane del 1254. Quest'ultima lega, che, sorta dapprima sul Reno medio, abbracciò in breve tutte le città renane, assorbì nel proprio seno la lega vestfalica, ed annoverò fra i suoi membri persino dei principi, rappresentò in un periodo di generale dissoluzione un importante elemento d'ordine: essa si pose come una grande associazione per la tutela della pace pubblica, le sue deliberazioni mirarono a reprimere le perturbazioni di questa pace, le estorsioni di dazi ed ogni arbitrio di singoli; essa protesse i deboli contro la sfrenata violenza caratteristica dell'epoca.

La lega ebbe tuttavia una vita molto breve; le scissioni seguite alla duplice elezione imperiale del 1257 la fecero andare in dissoluzione; ma con essa non perì l'idea federativa tra le città, anzi divenne un tratto caratteristico della storia tedesca.

Nessun'altra lega può però paragonarsi per importanza storica alla lega tra le città anseatiche, la quale ebbe origini, più che politiche, commerciali.
Già da un pezzo i commercianti tedeschi, non solo frequentavano i mercati dell'occidente e dell'oriente e si spingevano da Bruges e Londra sino in Norvegia, ma avevano fondato in paesi esteri anche delle colonie, in cui vivevano col proprio diritto, esercitando lucrosi commerci con le popolazioni locali. Così fin dal XII secolo incontriamo uno di questi stanziamenti di tedeschi a Londra con prevalenza dei mercanti di Colonia; maggiore sviluppo assunse poi tale corporazione nel secolo successivo quando a capo di essa si pose Lubecca che si trovava in via di rapido progresso. Ed al XIII secolo risale pure il consolidamento dell'elemento mercantile tedesco a Bruxelles.

Sul Baltico era un centro principale del commercio la città di Wisby sull'isola di Gotland, la quale posta come era di fronte all'imboccatura dei golfi di Riga e di Finlandia, e di fronte alle foci della Vistola e della laguna di Curlandia, godeva di una situazione per cui si trovava sulla via quasi obbligatoria d'ogni navigazione di qualche importanza sul Baltico. Qui sorse nel XII secolo una ben organizzata corporazione che comprese mercanti di numerose città tedesche; di qui l'influenza tedesca si diffuse nella Livonia ed anche nell'interno della Russia, dove nel XII secolo noi troviamo i tedeschi a Nowgorod già in possesso del «Peterhof».

Se questi stabilimenti tedeschi all'estero furono uno degli elementi che concorsero alla formazione della potente lega anseatica, non minore importanza ebbero allo stesso riguardo le federazioni che si costituirono tra città della stessa Germania settentrionale, sia tra poche città vicine, sia tra un maggior numero di città di tutta una regione. Le cause e gli scopi di queste leghe furono vari, ma prevalsero in seguito sempre più gli interessi mercantili e marittimi; cioè gli scopi di sicurezza delle vie di comunicazione, la tutela e la difesa dei mercanti, ecc.

A poco a poco si formarono poi tre gruppi ben distinti di città: le città prossime al Mare del Nord fra cui culmina Colonia; le città situate nelle parti orientali più lontane; e finalmente un gruppo medio comprendente Lubecca con le vicine città coloniali del Meclemburgo e della Pomerania. Quest'ultimo gruppo si palesa come il più importante, sia per la sua situazione geografica centrale, sia per la potenza di Lubecca.
Lubecca, mentre domina in tutto il Baltico, mantiene anche relazioni particolarmente attive con Amburgo. Da ultimo sorse una più generale organizzazione di tutte le città tedesche fronteggianti il mare del Nord ed il Baltico, la quale, come rappresentante dei comuni interessi mercantili cittadini, si sostituì all'estero alle organizzazioni precedenti, ed andò assumendo forma sempre più compatta.

Lentamente spunta anche una comune denominazione: «l'Hansa», che si incontra per la prima volta in Inghilterra a designare la locale organizzazione dei mercanti tedeschi (Hansa Alamannorum). La parola Hansa, che si trova già nella lingua gotica col significato di «schiera», designa in seguito tanto una società commerciale quanto in senso più ristretto la tassa che i suoi soci dovevano pagare per godere dei privilegi ad essa spettanti.

La formazione della lega anseatica segna pure Il momento dell'apertura al commercio delle regioni litoranee del Baltico aldilà della Vistola sino alla Neva. Ai mercanti tedeschi che da Wisby si spinsero verso la fine del XII secolo sino alle foci della Dvina tennero poi dietro le missioni per la conversione di quel popoli al cristianesimo. Per l'Estonia, la Livonia e la Curlandia fu istituito un vescovado che fissò la sua sede nella città di Riga fondata dai tedeschi nel 1201.
A difesa della nuova stazione accorsero dietro invito del papa dei crociati, con i quali il vescovo Adalberto di Riga fondò l'ordine monastico­cavalleresco del «Schwerfbtudet». Col suo aiuto il vescovo andò alla conquista del Semgallen e della Livonla. Più a nord, nell'Estonia, avevano nel frattempo cominciato a stabilirsi i Danesi; ma gli effetti della sconfitta di Bornhòved (1228) si ripercossero fino là; i Danesi si ritrassero lasciando libero campo all'ordine. Ma quest'ultimo rimase fiaccato In seguito ad una grave sconfitta inflittagli nel 1236 dai Lituani tuttora pagani, un popolo di razza indo-europea bellicosissimo, e tutto ciò che era stato guadagnato sarebbe andato perduto se non ai fosse trovato aiuto nella vicina Prussia.

I Prussiani, affini di razza ai Lituani, avevano cominciato ad essere convertiti al cristianesimo sulla fine del XII secolo; nel 1215 uno dei missionari, il monaco cistercense Cristiano, era stato nominato vescovo della regione. In seguito anche qui penetrò energicamente l'elemento tedesco impersonato dall'Ordine teutonico. Fondato ad Acri nel 1190 quest'ordine non trovò in Oriente, accanto agli antichi ordini dei Templari e dei Giovanniti, un campo soddisfacente di attività. Perciò il terzo Gran­ Mastro, Ermanno di Salza (1210-39) concepì un progetto di utilizzare il braccio dei suoi cavalieri in Occidente, dove la lotta contro gli abitanti pagani dell'Europa orientale era tutt'altro che finita.

Un primo tentativo di penetrare e stabilirsi in Ungheria nel Burzenland fallì; ma i cavalieri avevano appena abbandonata questa regione che furono chiamati in aiuto dal duca polacco di Masovia, Corrado, che sperava con il loro sostegno di difendersi efficacemente contro i Prussiani. Il gran Maestro intuì che da quella parte poteva arridere al suo ordine un grande avvenire, si fece sin da ora attribuire dall'imperatore insieme col titolo principesca il pieno dominio dei territori che fosse per conquistare in Prussia, e nel tempo stesso ottenne dal duca Corrado la cessione di alcuni castelli di frontiera, tra cui Kulm sulla Vistola.

Nel 1229 comparvero qui i primi cavalieri, nel 1230 li raggiunse un contingente più notevole guidato da Ermanno Balk e nel 1231 fu varcata la Vistola. Seguì la fondazione delle città fortificate di Thorn e di Kulm che vennero immediatamente popolate da tedeschi. La conquista venne poi proseguita lentamente e metodicamente; volta a volta che un tratto di territorio era occupato con le armi lo si fortificava e serviva da base di operazione per l'ulteriore avanzata. I villaggi che così sorsero si guarnirono ben presto anch'essi di coloni tedeschi cui furono concesse terre in proprietà libera e l'autonomia amministrativa in compenso dell'obbligo di prestare servizio militare.
Ripetutamente schiere numerose di cavalieri affluirono all'ordine; principi tedeschi e polacchi accorsero personalmente in suo aiuto alla testa dei propri soldati e dalla parte di mare pure vennero aiuti dalla città di Lubecca. Con la cooperazione di quest'ultima sorse nel 1237 Elbing; allora erano già state conquistate la Pomesania, la Poghesania e l'Ermland. Persino in Livonia, dove l'ordine là esistente si fuse con l'Ordine teutonico, quest'ultimo stabilì il suo dominio, mentre I' Estonia fu lasciata ai Danesi. Verso la metà del secolo poi fu conquistata la Curlandia, più tardi il Semgallen, dove fu fondata Dunaburg (Dvinsk) insieme ad una serie di altre città.

Ma ciò che dette più da fare fu ancora la Prussia. Già nel 1242 avvenne una generale insurrezione degli antichi abitanti, che poté essere domata soltanto dopo sette anni di guerra. Seguì nel 1255, col concorso di nuove schiere di crociati, la conquista della penisola del Samland, dove sulla riva destra del Pregel fu fondata K6nigsberg (che prese nome dall'orientale Montroyal). Cinque anni più tardi una sconfitta che i Lituani inflissero ad un esercito dell'ordine fu il segnale di una nuova sollevazione, ben preparata e ben organizzata, dei Prussiani, la quale pose in serio pericolo la dominazione dell'Ordine.

Solo lentamente si esaurì la forza dell'insurrezione non appoggiata dal di fuori, e nel 1274 poté dirsi domata. Non mancarono ulteriori lotte e moti parziali, ma prima della fine del secolo la signoria dell'Ordine teutonico in Prussia era un fatto compiuto.

Nei riguardi dell'organizzazione ecclesiastica il territorio dell'Ordine si suddivise a datare dal 1241 in quattro diocesi: Kulm, Pomesania, Ermland e Samland; ma i vescovi erano subordinati all'Ordine, ed anzi, per evitare ingerenze estranee, le sedi vescovili vennero assegnate a membri dello stesso Ordine; solo il vescovado di Ermland godeva di una qualche maggiore autonomia.
Per non andare poi incontro alle ostilità della Santa Sede, l'Ordine aveva sin dal 1241 ceduto tutto il suo territorio a S. Pietro, ricevendolo in feudo dal papa; ciò peraltro non menomava di fatto la sua indipendenza. E da ultimo la dignità di principe dell'impero di cui era investito il Gran Maestro dell'Ordine rispecchiava i suoi vincoli con l'Impero tedesco.

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GLI ASBURGO GENESI DI UNA DINASTIA

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82. GLI ASBURGO GENESI DI UNA DINASTIA

Rodolfo d'Asburgo, allorchè assunse la corona tedesca, era già in età avanzata: egli aveva dietro di tè una lunga vita In cui aveva dato prova di operosità metodica diretta a raggiungere aspirazioni che non andavano mai aldilà di quanto era volta a volta praticamente conseguibile. Ed anche da re al mostrò alleno dal perseguire smaglianti utopie. Ciò peraltro non significa che egli abbia rinunziato per massima all'idea di restaurare l’impero, anzi considerò sottintesa la sua missione di perpetuare la tradizione dell'Impero e si propose di recarsi ben presto a Roma per cingere la corona imperiale. Salvo che dovette accettare quale ormai era la situazione poco favorevole alla dominazione tedesca che si era venuta formando in Italia fin dai tempi di Federico Il e trame le conseguenza, facendo annunziare a papa Gregorio X (1271 - 1276) in forma devota l’avvenuta sua elezione e chiedendogli che lo riconoscesse re e futuro Imperatore.
Nel corso delle trattative Rodolfo riconobbe la sovranità del papa sul patrimonio di S. Pietro, confermò i privilegi che i suoi predecessori, ultimi Ottone IV e Federico Il, avevano concessi alla Santa Sede, rinunziò ad esercitare ogni diritto nel territorio pontificio e finalmente rinunziò ad ogni pretesa sul regno di Sicilia, promettendo anzi di vivere In buona amicizia con Carlo d'Angiò, amicizia che tu rinsaldata mediante un imparentamento.
In compenso Rodolfo ottenne Il riconoscimento da parte del papa, il quale convinse poi Alfonso di Castiglia a rinunziare formalmente a tutti i diritti derivantigli dall'elezione del 1257; per di più Gregorio sollecitò egli stesso la venuta a Roma di Rodolfo, nel quale sperava di trovare appoggio contro la potenza del re di Francia e di Napoli strettamente collegati, e gli fissò un breve termine per l'incoronazione ad imperatore.
Ma questa andò a monte, perché papa Gregorio X mori prematuramente (1276), seguirono l'elezione di altri tre papi, tutti deceduti nell'arco di poco più di un anno (Innocenzo V, Adriano V, Giovanni XXI) il re potè riprendere le trattative solo con papa Nicola lii (1277-1280) , promettendo in aggiunta alle concessioni già fatte a cedere formalmente la Romagna, pretesa da tempo dalla Santa Sede, ma pur campando tre anni, le sue aspettative rimasero nuovamente frustrate per la morte anche di questo pontefice.

Al re del resto suo primo pensiero, e giustamente, a cuore era quello di restaurare l'ordine in Germania.
Il massimo successo, per quanto di non diretta importanza per il regno tedesco, ottenuto da Rodolfo, fu l'acquisto dell'Austria alla sua famiglia. Esso fu il risultato degli attriti scoppiati fra il re ed il suo più potente vassallo, Ottocaro di Boemia.

Quest'ultimo, che aveva sprezzante rifiutato di partecipare all'elezione, non volle ovviamente in seguito riconoscere Rodolfo: un «miserabile conte», egli diceva, non avrebbe dovuto essere eletto.
L'argomento non reggeva, perché nessuna legge limitava l'eleggibilità alle persone di rango principesco. Rodolfo quindi si trovò dalla parte del buon diritto, allorché, visto che Ottocaro non gli chiedeva la rinnovazione dell'infeudamento nella Boemia e nel marchesato di Moravia, né produceva i titoli giustificativi dell'acquisto dei territori austriaci, lo citò a comparire dinanzi a sé, ed avendo quegli risposto con una nuova protesta contro l'elezione sua a re, Rodolfo lo pose al bando, dichiarandolo decaduto dai suoi domini ereditari e da quelli di recente usurpati (1276).

Naturalmente Ottocaro non si piegò al decreto del «miserabile conte» che lo colpiva e parve proprio che la contesa dovesse risolversi con le armi. Coraggiosamente Rodolfo mosse contro il nemico, benché avesse trovato poco sostegno all'interno del regno; all'ultima ora però si vide rafforzato dall'adesione della Baviera.
Ma il suo migliore alleato contro il re boemo furono le defezioni verificatesi nei suoi domini e che Rodolfo seppe accortamente moltiplicare. Così in Austria come in Boemia la nobiltà insorse quasi al completo contro il governo duro, monarchico, di Ottocaro; di modo che questi, allorché nel settembre Rodolfo invase l'Austria e si avvicinò a Vienna, si vide costretto a chiedere la pace.

Egli perdette l'Austria con i territori minori e si riconobbe vassallo di Rodolfo che gli confermò ora in feudo la Boemia e la Moravia e destinò in moglie al figlio di lui la propria figlia Guta (novembre 1276).
Due anni dopo Ottocaro non rassegnato tentò nuovamente la sorte delle armi. Egli credeva di essersi umiliato troppo frettolosamente; al suo animo cavalleresco sembrava vergognoso essersi sottomesso prima di essersi misurato col suo nemico in battaglia.
Si aggiunsero dei dissensi circa l'interpretazione della pace di Vienna. Poi nella speranza di procurarsi l'aiuto dei principi polacchi e slesiani, Ottocaro si atteggiò ora a sostenitore degli interessi slavi. Tuttavia cercò anche di guadagnarsi aderenti in Germania, e non invano; Enrico di Baviera e molti altri principi della Germania orientale si posero dalla sua parte. Dal suo canto Rodolfo ebbe dalla sua l'Austria ed aumentò le sue forze mediante un'alleanza con l'Ungheria.

Anche il conte Meinardo di Gòrz, cui egli aveva affidato il governo della Carinzia, il conte palatino Ludovico, l'arcivescovo di Salzburg ed il burgravio Federico di Norimberga si schierarono con Rodolfo.

Questa volta si venne a battaglia a Durnkrut e Jedenspengen sulla March (26 agosto 1278); la lotta durò quasi sei ore. La cavalleria boema, superiore di numero, riuscì a scompaginare e respingere l'ala destra dell'esercito di Rodolfo; ma quest'ultimo, approfittando della posizione decisamente avanzata cui si erano spinti i cavalieri di Ottocaro, lanciò sul loro fianco le sue riserve, le quali gettarono a loro volta la cavalleria boema contro la March, dove molti annegarono. Gli altri si volsero in fuga disordinata verso nord. Ottocaro ciò nonostante con pochi seguaci continuò a combattere e cercò invano di cambiare le sorti della battaglia. Alla fine dovette darsi anch'egli alla fuga. Ma troppo tardi; fu raggiunto ed ucciso da suoi nemici personali.

La morte di questo magnanimo principe, che avrebbe meritato una fine migliore, e la sconfitta del suo esercito, posero in breve fine alla campagna. I domini avuti vennero lasciati all'erede di Ottocaro, Venceslao Il, di cui fu confermato il fidanzamento con Guta, mentre il secondogenito del vincitore, Rodolfo, si sposò con la figlia di Ottocaro, Cunegonda.

La Boemia con ciò cessò per sempre di essere una grande potenza. In compenso l'Austria divenne il nucleo attorno al quale crebbe un'altra potenza che era destinata in seguito ad influire profondamente sulle sorti della Germania e della stessa Europa. Re Rodolfo infatti, valendosi dei suoi poteri di alto sovrano feudale devolse i territori austriaci resisi vacanti a favore della sua famiglia.
Ottenuto il consenso dei principi elettori, egli concesse in feudo ai propri figli ALBERTO e RODOLFO l'Austria e la Steiermark (1282). La Carinzia e la Carniola insieme con la marca vendica andarono nel 1286, in ricompensa dei servizi fedelmente prestati, al conte MAINARDO del Tirolo, che fu contemporaneamente elevato al rango principesco.
I territori austriaci poi, già nell'anno 1283, vennero riuniti nelle mani, di Alberto; e quanto al figlio minore, il re cercò dapprima di costruirgli una signoria in Svevia; ma il suo progetto di ricostituire l'antico ducato di Svevia naufragò di fronti all'opposizione dei dinasti, e specialmente del Wurttemberg; del pari fallito andò poi il progetto di restaurare sotto il dominio di un Asburgo il regno arelatense (Borgogna) e collocarvi il giovani Rodolfo. Da ultimo questi morì prima del padre (1290) lasciando un figlio minorenne.

Nel resto la principali cura di Rodolfo fu quella di ripristinare l'autorità regia in Germania. Certo non era ormai più possibile rivendicare alla corona i diritti sovrani che essa aveva perduto a vantaggio delle signorie territoriali; ma il re riuscì a ricuperare in non pochi casi città e beni del demanio regio che erano pignorati od erano stati usurpati.
Ai maggiori complessi di beni demaniali Rodolfo mise inoltre dei funzionari regi (Reichshandv6gte), i quali, insieme con gli analoghi funzionari istituiti da Federico Il nei territori orientali (Reichshofrichter e Landschareiber) costituirono la prima breccia aperta nell'organizzazione feudale dello Stato tedesco e prepararono il passaggio alla vera e propria organizzazioni amministrativa gerarchica.

Primo pensiero di Rodolfo fu pure di ripristinare all'interno del regno la pace e la sicurezza e di reprimere l'abuso della faida, specialmente mediante la conclusioni di speciali convenzioni con i signori territoriali, dette tregue (Landfrieden). All'inizio Rodolfo aveva tentato di indire di sua autorità tregue di questo genere e di farle osservare con l'aiuto dei tribunali ordinari; ma visto che alla lunga non otteneva il suo intento e che i tribunali non riuscivano ad imporsi abbastanza, il re nell'ultimo decennio del suo governo si decise a ricorrere a tregue convenzionali parziali che infatti concluse per le singole regioni d'accordo con i principi e con le città per un determinato numero di anni.
Così sorsero le tregue per la Baviera e Franconia, poi per la Svivia, l'Alsazia, i paesi renani, e finalmente per la Turingia e per la Sassonia. All'osservanza delle norme stabilite nelle tregue si provvide istituendo un giudice apposito (Landfriedensrichter) scelto tra i signori territoriali e commissioni di cinque giudici giurati competenti in tutti le questioni attinenti alla tregua. Per coprire le spese vennero imposti speciali tributi.

Da questo primo tentativo di organizzazione locale si svolse in seguito l'organizzazione distrettuale; quest'ultima e la tregua «eterna» comune a tutto il regno emanata nel 1495 chiusero il periodo delle tregue particolari alle singole regioni e limitati nel tempo, dopo che per due secoli esse, malgrado tutti i loro difetti, avevano rappresentato press'a poco l'unica forma di garanzia della sicurezza pubblica.
Non del tutto a torto quindi re Rodolfo, che inaugurò propriamente questo periodo delle tregue, é passato ai posteri principalmente come il protettore dei deboli e degli oppressi e il nemico dei prepotenti e degli arroganti. Tanto più che Rodolfo non trascurò di far osservare le norme stabilite, e non pochi sentirono il peso della sua mano punitrice. Ma che egli non sia riuscito a ripristinare ovunque la pace, che il suo saggio governo non abbia eliminato ogni malcontento e non abbia potuto estinguere il ricordo di un passato, probabilmente già trasfigurato da un'aureola eroica di leggenda, lo dimostra il fatto che duranti il governo di Rodolfo sorsero in vari punti del regno degli impostori che si spacciarono per il grande imperatore Federico Il tornato fra il suo popolo, e specialmente in una certa borghesia e nel popolo ignorante trovarono fede e largo seguito.

Ed anche quando questi millantatori furono sbugiardati il popolo non perdette la fede che il grande imperatore vivesse tuttora e che sarebbe una volta o l'altra ritornato per restaurare l'impero in tutta la sua antica grandezza.

Ma il passato non torna; era invece spuntata una nuova epoca, certo meno splendida, ma che celava in sé i germi del progresso. Rappresentante di questa epoca fu lui Rodolfo, il primo degli Asburgo, il quale, per quanto non sia stato una figura geniale, ma un uomo sobrio, assennato, parsimonioso sino alla lesina, pure con queste qualità e con un lavoro costante ed incessante salvò la monarchia tedesca dalla completa rovina e la restaurò in modo che essa poté durare per cinque secoli.

Se la caratteristica di questo Stato tedesco dei tempi posteriori fu la decentralizzazione, di ciò non si può far carico a Rodolfo, giacché dipese dalla persistenza e dalla rigorosa attuazione del sistema della monarchia elettiva, la cui abolizione sarebbe stata per lui impossibile. Ché anzi nella monarchia restaurata da Rodolfo la corona aveva ancora considerevoli poteri. Il re rappresentava lo Stato all'estero, aveva il diritto di dichiarare la guerra e di concludere la pace e stipulare trattati. Era supremo signore feudale, ed anche il più potente dei principi territoriali, ecclesiastico o laico che fosse, costui doveva essere infeudato da Rodolfo. In generale il re era la fonte di ogni diritto, il giudice supremo; le diete del regno trattavano e deliberavano sugli affari pubblici sotto la sua presidenza; ma anche senza il concorso delle diete il re poteva emanare leggi ed ordinanze.

Data questa situazione creata da Rodolfo, uno dei suoi successori dotato di qualità eminenti avrebbe potuto rendere la corona assolutamente dominante, se non vi si fosse opposto il sistema elettivo. Questo sistema, per cui il candidato alla corona veniva tratto ora dall'una ora dall'altra regione del regno, impediva l'introduzione di istituti ed organi amministrativi generali, la creazione di funzionari stabili, di un tribunale supremo che avesse autorità su tutto il regno, di un consiglio permanente accanto al re; ognuno dei re, appena eletto, doveva per così dire ricominciare da capo.
Questo stato di cose inoltre implicava il pericolo permanente che il re, invece di rivolgere l'autorità e i mezzi materiali che gli procacciava la sua posizione a beneficio degli interessi generali del regno, se ne giovasse piuttosto per accrescere la potenza propria o della sua famiglia; per lo meno non vi era da aspettarsi che egli sacrificasse nulla del suo per il bene del regno. Si inaugurò così una politica egoistica dei re che era stata ignota ai precedenti sovrani, i quali per lo meno di fatto avevano potuto contare sull'ereditarietà dei trono.
Alla morte di Rodolfo, che chiuse gli occhi il 15 luglio 1291 e trovò riposo nel duomo di Speyer, dove la lapide sepolcrale ben conservata ci mostra ancora oggi le sue fattezze, la successione del suo primogenito ed unico figlio superstite non trovò neppure un fautore in seno al collegio dei principi elettori. Vi si opposero specialmente il re Venceslao di Boemia che sognava la restaurazione della Boemia nella primitiva potenza, ma anche gli arcivescovi di Magonza e di Colonia nell'interesse della conservazione o dell'accrescimento della propria influenza.
L'arcivescovo di Colonia, Sigfrido di Westerburg, avverso anche a prescindere da ciò agli Asburgo, propose nuovamente l'elezione di un principe poco potente, Adolfo della casa di Nassau, titolare delle contee di Wiesbaden, ldstein e Weilburg. Questi, che allora aveva all'incirca i 40 anni, aveva ricevuto un'accurata educazione, tanto che conosceva il latino ed il francese, ed era in fama di cavaliere valoroso ed impavido; e come tale aveva reso preziosi servigi all'arcivescovo ed al capitolo di Colonia.

Fuori di queste qualità egli tuttavia non poteva vantare altri titoli per una così alta carica; ma siccome si mostrò disposto a cedere a tutte, anche le più smodate pretese che l'arcivescovo Sigfrido pose prima quale prezzo del suo voto, il prelato si incaricò di guadagnare alla causa di Adolfo i suoi colleghi. E gli riuscì infatti così bene che il 5 maggio 1292 Adolfo di Nassau era già eletto re all'unanimità. Anche il duca Alberto (l'unico figlio in vita di Rodolfo) dovette piegarsi e Adolfo fu riconosciuto in ogni parte del regno. Ma quando in seguito il nuovo re tentò di sottrarsi all'influenza dei principi elettori che lo avevano elevato al trono, alleandosi con la nobiltà minore dalla quale usciva, ed inoltre inaugurò una politica egoistica a favore dell'innalzamento della propria casa, la sua posizione cominciò a divenire vacillante.
E realmente tutti i suoi atti intesi ad accrescere la potenza della sua famiglia ebbero qualcosa di irritante.

Morto nel 1291 senza eredi il margravio Federico Tuto che possedeva la Misnia (Meissen) e l'Osterland, Adolfo infatti incamerò questi territori come feudi vacanti, malgrado che i langravi di Turingia per ragione di affinità, secondo le idee del tempo, potessero vantar titoli ad ereditarli. Ancor più irritante fu la sua intrusione in Turingia, dove approfittò delle discordie tra il langravio Alberto ed i suoi figli per indurre il padre a vendergli la successione. Essendosi poi il vecchio langravio pentito del mercinomio che aveva compiuto, riconciliandosi con i propri figli, Adolfo mosse contro la Turingia con un esercito e s'impadronì del paese dopo averlo orribilmente devastato.

Ma col tentare di crearsi qui un dominio personale, Adolfo si mise in contrasto con gli interessi dei più potenti fra i principi elettori, Venceslao di Boemia e l'arcivescovo di Magonza, che videro mal volentieri il nascere di una nuova potenza nella loro sfera di influenza. E soprattutto Adolfo si rese avversato alla maggioranza con il subordinare gli interessi del regno a quelli suoi personali.

Allo scoppiare di una guerra tra l'Inghilterra e la Francia Adolfo accettò denaro dall'Inghilterra protestando di voler rivendicare i possedimenti dell'impero che la Francia aveva usurpati; ma giunse appena in Alsazia, e poi tornò indietro impiegando le truppe arruolate (pagate col denaro inglese) per attuare i suoi fini egoistici in Turingia.
Nel frattempo il duca Alberto d'Austria era riuscito a superare le difficoltà interne con cui aveva dovuto lottare nei primi anni succeduti alla morte di suo padre Rodolfo. A parte che egli non aveva forse mai rinunziato alla speranza di cingere la corona di suo padre, la politica espansionista che Adolfo faceva per proprio conto lo preoccupò molto. Entrò per conseguenza in relazioni col re Filippo di Francia e si riconciliò con suo cognato, il re di Boemia.
Anzi nel 1297 si recò personalmente a Praga per assistere alla solenne incoronazione di Venceslao, alla quale presenziarono tra molti principi anche gli elettori di Brandenburg, di Sassonia, di Magonza e di Kulm.

Qui a Praga probabilmente fu già abbozzato il disegno di una ribellione contro il re Adolfo, che prese poi forma più concreta in una assemblea di principi adunatasi a Vienna presso lo stesso Alberto nel febbraio del 1298. Dopo ciò, in forza del diritto che si arrogava di chiamare a consiglio i grandi del regno in caso di urgente necessità, l'arcivescovo di Magonza, Gerardo di Eppenstein, li convocò per il 1° maggio a Francoforte, la città dove si procedeva alla elezione dei re. Avvertito del pericolo che lo minacciava, re Adolfo si avviò anch'egli dalla stessa parte con un esercito e sbarrò la strada ai suoi avversari, ma non poté impedire che essi si adunassero il 15 luglio a Magonza.
Dei principi elettori mancavano quello di Treveri e del Palatinato, fautori di Adolfo; ma ciò non impedì che gli altri cinque, imputando al re una lunga serie di delitti di cui sostenevano egli si fosse reso reo contro lo Stato, lo dichiarassero deposto dal trono; dopo di che il duca Alberto in forma alquanto tumultuosa venne eletto re (23 giugno 1298).

Pochi giorni dopo Adolfo era morto. Cieco dal desiderio di punire l'usurpatore del suo trono, malgrado le sue forze fossero insufficienti, e senza aspettare i contingenti delle città a lui devote, il re spodestato il 1° luglio diede battaglia ad Alberto presso l'Hasenbuhel (Colle delle lepri) a sud di G611heim, e combattendo disperatamente cadde ucciso mentre cercava di aprirsi una strada per raggiungere Alberto e fargli provare il taglio della sua spada.
Così Alberto d'Asburgo, il quale per altro sentì la necessità di sottoporsi ad una nuova elezione formale, rimase re di Germania. Ma la sua situazione era ben diversa che se avesse ottenuto la corona otto anni prima nel 1291 alla morte del padre; egli non la ebbe come erede (pur legittimo) di un padre benemerito del regno; ma la dovette al favore dell'alta aristocrazia la cui volubilità era a chiare note dimostrata dalla sorte toccata a re Adolfo.

A paragone del suo infelice predecessore re Alberto aveva peraltro il vantaggio di possedere nei suoi domini personali una base ed una fonte di risorse abbastanza forti che lo rendevano meno schiavo del favore o disfavore degli elettori.
Alberto, come si era dimostrato uomo di Stato accorto nel governo dell'Austria, così rivelò grandi qualità tattiche e strategiche nella lotta combattuta per la conquista del trono. Sopra tutto egli era un ottimo amministratore che conosceva il valore del denaro e lo risparmiava; ma, quando era necessario non badava a spese.
Egli cercò tenacemente di mantenere quanto aveva acquistato e cercò di accrescere i suoi possedimenti e di ampliare la propria potenza; in quest'opera a dire il vero procedette anche con sistemi duri e brutali, ed in generale mostrò di avere un'indole ben diversa da quel carattere affabile che aveva reso popolare suo padre. Però Alberto fu ben lontano dall'essere quel tiranno che ci è dipinto dalla leggenda svizzera. Non gli mancarono qualità più miti dell'animo; egli fu sposo tenerissimo e padre amoroso.

Il nuovo re ebbe anzitutto molto da fare dalla parte d'occidente. Nel 1299 si estinse la dinastia dei conti d'Olanda, ed Alberto si propose di incorporarne al regno i domini, cioè le contee di Olanda, Zelanda e Frisia. Ma trovò opposizione nel suo alleato di poco prima, il re Filippo IV di Francia, il quale si fece paladino delle pretese che su quei domini elevava la casa di Hennegau. Alberto intraprese una campagna contro l'Olanda; ma disordini scoppiati nell'interno del regno lo costrinsero a tornare indietro ed a lasciare libero il campo agli Hennegau ed ai Francesi. E re Filippo nel 1301 acquistò il protettorato sulla città di Toul, e nel 1307 annesse definitivamente alla Francia la contea libera di Borgogna (Franche Comté) che aveva occupata sin dai tempi di re Adolfo.

Fu la fronda degli elettori renani che costrinse Alberto a tornare sui suoi passi. Siccome il re non voleva adattarsi ad essere il loro zimbello ed aveva loro mostrato il cipiglio del padrone, costoro credettero di poter rinnovare il tiro giocato a re Adolfo. Ed ebbero la sfrontatezza di accusare ora Alberto dell'uccisione del suo predecessore, contro il quale essi medesimi lo avevano aizzato, e di invocare contro di lui l'aiuto di quello stesso papa cui avevano premurosamente raccomandato pochi mesi prima la conferma di Alberto.

A papa Bonifacio VIII (1295.1303) - proprio lui che non aspettava altro per entrare in qualsiasi disputa temporale - non sarebbe parso vero di potersi sedere sullo scranno e fare I' arbitro della contesa; se non che Alberto non si rivolse al suo giudizio, ma procedette contro i ribelli nelle forme previste dal diritto interno.

Fin dalla prima dieta generale tenuta a Norimberga egli aveva ripreso la politica di suo padre re Rodolfo e proclamato essere suo intento di rivendicare alla corona i demani caduti in altre mani e di abolire i dazi illegalmente imposti. E dichiarò inoltre aboliti i numerosi balzelli di cui i principi elettori renani avevano gravato la navigazione ed il commercio sul Reno.
Ciò gli procurò il massimo appoggio da parte delle operose città e dei piccoli dinasti che stavano sorgendo dall'importante economia commerciale, e lo pose in grado di muovere contro gli elettori e di costringerli in molte campagne uno dopo l'altro a sottomettersi (1301 e 1302).
I vinti dovettero restituire tutti i demani regi usurpati ed abolire i dazi. Il trionfo del re venne poco dopo coronato dal riconoscimento del papa; ma per un motivo ben preciso, perchè nel frattempo era venuto in piena rottura con la Francia ( con Filippo - aprile 1303 - che si concluse con il famoso "schiaffo di Anagni").
Alberto lasciò correre il tono altezzoso che Bonifacio non seppe fare a meno di usare anche in questa occasione; promise in forma umile fedeltà alla Santa Sede (luglio 1303), e fra altro riconobbe come un fatto storico l'affermazione di Bonifacio che il collegio dei principi elettori fosse una pretesa istituzione emanante dai papi. E forse fece ciò intenzionalmente, perché, se gli elettori non esercitavano un mandato ricevuto dalla Santa Sede, questa poteva revocare il mandato ovvero imporsi ad essi nell'esercizio del loro potere elettorale.
Ed era naturale che Alberto desiderasse cogliere il momento buono per assicurare alla sua famiglia la successione al trono. Ma la catastrofe e la morte di Bonifacio (11 ottobre 1303) fece andar perduta l'occasione favorevole; per di più avvennero complicazioni nelle parti orientali del regno che richiamarono urgentemente su di sè l'attenzione di Alberto.
Si trattava di re VENCESLAO Il di Boemia, il quale cercava di ricostituire su nuove basi la potenza della Boemia che Rodolfo aveva un tempo abbattuta. Mettendo abilmente a profitto le divisioni e le discordie tra i principi polacchi egli aveva messo piede in Polonia, nel 1289 aveva ottenuto di essere riconosciuto come signore nella Slesia, nel 1292 a Cracovia e finalmente nel 1300 nella Grande Polonia, dopo di che si era fatto incoronare a Gnesen re di Polonia.

"da http://cronologia.leonardo.it/umanita/papato/cap082.htm"
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Frisoni

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Medioevo
Caduto l'Impero Romano, i Frisi si opposero strenuamente ai Franchi ed all'avvento del Cristianesimo, ma furono assoggettati definitivamente nell'VIII secolo in seguito alle guerre sassoni.

Dopo la morte di Carlo Magno, i territori frisoni passarono, almeno teoricamente, sotto il controllo del conte d'Olanda; in realtà il dominio dei conti d'Olanda sulla Frisia iniziò solo col conte Arnulf nel 993. Il periodo intercorso fino a questa data venne chiamato Libertà Frisona, un periodo in cui il feudalesimo e la servitù della gleba (così come nessuna amministrazione centrale o giudiziaria) non esistevano, e in cui i frisoni dovevano obbedienza solo all'imperatore.

Durante il XIII secolo tuttavia, i conti d'Olanda incrementarono la loro potenza e, a partire dal 1272, cercarono di riaffermare sé stessi come legittimi signori delle terre frisone con una serie di guerre, che terminarono (con una serie di lunghe interruzioni) solo nel 1422 con la conquista olandese della Frisia occidentale.

https://it.wikipedia.org/wiki/Frisoni#Medioevo
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